Un team di ricercatori dell‘Università di Cambridge ha dichiarato che il litio potrebbe ridurre il rischio di sviluppare la demenza. Per arrivare a questa scoperta, gli scienziati hanno studiato quasi 30.000 pazienti, con più di 50 anni, del Cambridgeshire e del Peterborough NHS Foundation Trust.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLoS Medicine.
Litio e demenza: una nuova speranza per terapie più incisive?
Lo studio ha evidenziato che i pazienti ai quali è stato somministrato il litio hanno dimostrato di avere meno probabilità di sviluppare demenza rispetto a quelli a cui non è stato dato, sebbene il numero complessivo di pazienti che hanno ricevuto litio fosse limitato.
I risultati della ricerca supportano la possibilità che il litio possa essere un trattamento preventivo per la demenza e potrebbe essere portato avanti in ampi studi randomizzati controllati.
La demenza è la principale causa di morte nelle popolazioni occidentali anziane, ma al momento non sono disponibili trattamenti preventivi: più di 55 milioni di persone nel mondo soffrono di demenza, con il morbo di Alzheimer che è la forma più comune.
“Il numero di persone affette da demenza continua a crescere, il che esercita un’enorme pressione sui sistemi sanitari“, ha affermato il dottor Shanquan Chen del Dipartimento di Psichiatria di Cambridge, il primo autore della ricerca: “È stato stimato che ritardare l’insorgenza della demenza di soli cinque anni potrebbe ridurne la prevalenza e l’impatto economico fino al 40 percento“.
Ricerche pregresse hanno proposto il litio come potenziale trattamento per coloro a cui è già stata diagnosticata una demenza o un deterioramento cognitivo precoce, ma non è chiaro se possa ritardare o addirittura prevenire del tutto lo sviluppo della demenza, poiché questi studi sono stati di dimensioni limitate.
Il litio è uno stabilizzatore dell’umore solitamente prescritto per condizioni come il disturbo affettivo bipolare e la depressione: “Si ritiene che il disturbo bipolare e la depressione mettano le persone a maggior rischio di demenza, quindi abbiamo dovuto assicurarci di tenerne conto nella nostra analisi“, ha affermato Chen.
Chen e i suoi colleghi hanno analizzato i dati dei pazienti che hanno avuto accesso ai servizi di salute mentale dal Cambridgeshire e dal Peterborough NHS Foundation Trust tra il 2005 e il 2019. I pazienti avevano tutti più di 50 anni, avevano ricevuto almeno un anno di follow-up e non erano stati precedentemente diagnosticati di decadimento cognitivo lieve o demenza.
Dei 29.618 pazienti nella coorte di studio, 548 pazienti sono stati trattati con litio e 29.070 no. La loro età media è di poco inferiore ai 74 anni e circa il 40% dei pazienti è di sesso maschile.
Dopo aver controllato fattori come il fumo, altri farmaci e altre malattie fisiche e mentali, l’uso di litio è stato associato a un minor rischio di demenza, sia per i consumatori a breve che a lungo termine. Tuttavia, poiché il numero complessivo di pazienti trattati con litio era ridotto e si è trattato di uno studio osservazionale e sarebbero necessari studi clinici più ampi per stabilire il litio come potenziale trattamento per la demenza.
Un’altra limite da attribuire a questa ricerca è stato il numero di pazienti a cui è stato diagnosticato un disturbo bipolare, che è normalmente associato a un aumentato rischio di demenza: “Ci aspettavamo di scoprire che i pazienti con disturbo bipolare avessero maggiori probabilità di sviluppare demenza, poiché questo è il motivo più comune per cui viene prescritto il litio, ma la nostra analisi ha suggerito il contrario“, ha affermato Chen. “È troppo presto per dirlo con certezza, ma è possibile che il litio possa ridurre il rischio di demenza nelle persone con disturbo bipolare”.
Questa ricerca supporta altri studi che hanno avuto l’intuizione del litio come terapia incisiva nel trattamento della demenza. Sono ora necessari ulteriori studi clinici e di medicina sperimentale per vedere confermata o smentita l’utilità del litio nella terapia di queste terribili patologie.
Secondo le linee guida pubblicate dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 14 maggio 2019: “Una modifica degli stili di vita (come l’abitudine al fumo, il consumo eccessivo di alcol, una alimentazione non equilibrata) o il controllo di alcune malattie (quali l’ipertensione, diabete, obesità, depressione, ipercolesterolemia) e fattori non strettamente sanitari (come l’isolamento sociale e gli stimoli cognitivi) possano essere implicati nell’insorgenza della demenza e, in generale, del decadimento cognitivo”.