Una collaborazione unica tra la scienza dell’imaging, la medicina vascolare e la riabilitazione presso il Vanderbilt University Medical Center sta trasformando la diagnosi e il trattamento del lipedema, una deposizione debilitante e anormale di tessuto adiposo che affligge circa 17 milioni di donne negli Stati Uniti.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Lymphatic Research and Biology.
Lipedema: qualche dettaglio sulla nuova ricerca
Il lipedema viene spesso scambiato per obesità, ma non risponde alla dieta o all’esercizio fisico. Nelle donne, l’accumulo di grasso si verifica principalmente nelle gambe, causando loro “molto dolore e difficoltà con le loro attività quotidiane”, ha detto Aaron Aday, MD, MSc, assistente professore di Medicina.
“È una cosa reale”, ha detto Aday, specializzato in medicina vascolare . Eppure molte donne “stanno passando un periodo orribile, cercando di trovare una diagnosi”.
Circa sette anni fa, Rachelle Crescenzi, Ph.D., ha deciso di fare qualcosa al riguardo. Come borsista post-dottorato presso il Dipartimento di Radiologia e Scienze Radiologiche del VUMC, ha iniziato ad applicare le tecniche di imaging per migliorare la diagnosi.
Il lipedema “era stato caratterizzato negli anni ’40, ma le persone si affidavano a misurazioni esterne, il che lo rendeva una diagnosi molto difficile”, ha detto Crescenzi, ora assistente professore nel dipartimento. Con l’imaging, “possiamo guardare all’interno del corpo e dimostrare che questo è davvero diverso dall’obesità”.
Il lipedema è un disturbo del sistema linfatico, che svolge un ruolo importante nella rimozione dell’acqua in eccesso (edema) dai tessuti del corpo. Troppo fluido nel cuore, ad esempio, può portare a insufficienza cardiaca.
Il sodio (sale) svolge un ruolo importante nella regolazione della pressione sanguigna e del volume dei fluidi. È anche una molecola magnetica e, come tale, può essere monitorata dalla risonanza magnetica.
Crescenzi e i suoi colleghi hanno sviluppato una strategia di risonanza magnetica per quantificare il contenuto di sodio e il tessuto adiposo sottocutaneo grasso (SAT) in tutto il corpo. Hanno scoperto che i volumi di sodio e SAT erano significativamente elevati nelle gambe dei pazienti, ma non nelle braccia, rispetto alle donne senza lipedema.
Nel 2021 Crescenzi ha ricevuto il primo R01 (borsa di ricerca indipendente) mai assegnato per la ricerca sul lipedema dal National Institutes of Health. Supportato dalla sovvenzione quinquennale da 2,5 milioni di dollari, intitolata “Visualizzazione dei meccanismi vascolari del lipedema”, Crescenzi ha istituito il Sodium Adipose and Lymphatics Translational (SALT) Lab, che sta valutando vari trattamenti e modalità diagnostiche.
In particolare, i ricercatori stanno esaminando la terapia fisica conservativa per alleviare il dolore alle gambe, la debolezza e l’eccesso di liquidi legati al lipedema dei pazienti, migliorare la mobilità e ottimizzare il loro programma di autogestione a casa.
Le tecniche manuali utilizzate nella terapia includono il massaggio manuale del drenaggio linfatico, i rilasci miofasciali e dei tessuti molli per rilassare i muscoli contratti e i tessuti connettivi circostanti, insieme all’uso di una pressione negativa graduata per espandere e allungare i tessuti, che possono migliorare la circolazione linfatica.
È qui che entra in gioco Paula Donahue, PT, DPT, MBA. Donahue, terapista certificato per il linfedema dalla Lymphology Association of North America (CLT-LANA), è un assistente professore presso il Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitazione.
Lavorando con il team di Crescenzi, hanno dimostrato che il sollievo dal dolore e il miglioramento della funzione sperimentati dalle donne con lipedema precoce dopo la terapia fisica erano correlati a una riduzione del sodio tissutale nella pelle e SAT misurata dalla risonanza magnetica del sodio e dell’acqua.
Questo studio di prova del principio, ha dimostrato che le tecniche di massaggio manuale pratiche non solo hanno aiutato i pazienti a sentirsi meglio, ma hanno agito direttamente sulla fonte del loro dolore.
Uno dei pazienti “aveva a che fare con un dolore inspiegabile e il suo medico non sapeva cosa fare”, ha detto Donahue. Con la terapia fisica , “il suo dolore è sceso praticamente a zero e molto rapidamente per lei… Per questi individui, è stato molto efficace nel cambiare la loro qualità di vita”.
“Non si pensava che si potesse comprimere il tessuto patologico nel lipedema, che fosse solo grasso”, ha aggiunto Crescenzi. “Ma è davvero grasso ed edema. Pensiamo che il sodio sia un marker di infiammazione… e si riduce dopo la terapia.”
La risonanza magnetica è costosa, quindi Crescenzi e i suoi colleghi stanno verificando se un metodo diagnostico a basso costo, l’ecografia, sia altrettanto efficace nel quantificare l’entità dell’accumulo anomalo di sale e SAT.
Hanno anche sviluppato una tecnica chiamata angiografia linfatica a risonanza magnetica per comprendere meglio le caratteristiche distintive del lipedema. “Pensiamo che il sistema vascolare sia solo sovraccarico di molto edema, e si presenta all’angiografia”, ha detto Crescenzi.
“Siamo agli inizi della comprensione di questa malattia”, ha affermato Aday, coautore con Crescenzi e Donahue dell’articolo sulla tecnica angiografica pubblicato a giugno sul Journal of Magnetic Resonance Imaging . “Non abbiamo una buona comprensione meccanicistica di questo”.
La speranza è che l’identificazione delle cause del lipedema porti a modi migliori per trattarlo o prevenirlo.
“Siamo in grado di sviluppare una risorsa nazionale per il lipedema”, ha affermato Crescenzi, che ha presentato le ultime scoperte del gruppo in ottobre al Congresso annuale dell’American Vein and Lymphatic Society a New Orleans.Ma sono i pazienti che guidano la ricerca e che spingono per un cambiamento nel trattamento del lipedema. Ha detto Crescenzi: “Mi hanno insegnato tutto”.
la Dr.ssa Sara Rucci, Biologa Nutrizionista, spiega come anche il giusto approccio alimentare sia fondamentale: ”
Le cause primarie del lipedema non sono ancora ben chiare, ma si conoscono i fattori che contribuiscono al suo sviluppo, alla sua progressione e all’instaurarsi di complicanze che possono peggiorare in maniera sostanziale la qualità della vita delle pazienti:
crescita anomala del tessuto adiposo
alterazioni nella segnalazione degli ormoni sessuali femminili (estrogeni)
alterazione del drenaggio tissutale e danni a carico dei vasi
aumento dell’infiammazione locale
Tutti aspetti sui quali la nutrizione può dare un aiuto importante. È però necessario un cambio di mentalità. Non bisogna pensare ad approcci dietetici esclusivamente restrittivi, che si rivelano spesso fallimentari perché, anche quando efficaci in termini di “perdita di peso”, portano ad un peggioramento della disproporzione tra parte alta e parte bassa del corpo, tipica del lipedema. Ciò avviene poiché nelle scelte nutrizionali non si tiene conto della difficoltà di dover lavorare su un tessuto adiposo non sano e in un certo senso “inaccessibile”.
Elaborare un piano alimentare per una paziente con lipedema richiede un’attenta personalizzazione. Bisogna concordare con la paziente i suoi obiettivi e cosa è disposta a fare per raggiungerli, valutare eventuali altre patologie o disturbi da cui può essere affetta e calare nella sua realtà quotidiana la strategia che si sceglie di mettere in campo.
È possibile però definire dei tratti comuni:
Attenzione alla qualità dei cibi: evitare alimenti conservati e industriali e preferire alimenti freschi e di stagione, carni da animali allevati al pascolo, pesce pescato e uova da allevamento biologico (codice 0). Queste scelte indicate per la salute della popolazione generale, nelle pazienti con lipedema diventano irrinunciabili
Evitare cibi ricchi in estrogeni (soia e derivati, carni da allevamenti intensivi, ecc.) e materiali in grado di rilasciare sostanze che interagiscono con i recettori di questi ormoni, i cosiddetti interferenti endocrini. Restando nell’ambito dell’alimentazione, evitare le stoviglie in plastica sostituendole con materiali inerti come il vetro e la ceramica
Impostazione di una strategia che abbia forte azione antinfiammatoria. Oltre alle scelte qualitative già citate, bisognerà mantenere un buon rapporto tra omega 3 e omega 6 e contrastare l’insulino-resistenza, fenomeno alla base della gran parte dei disturbi del nostro tempo, che gioca un ruolo importante nell’ iinfiammazione. Bisogna pertanto mantenere bassi livelli (e se possibile molto bassi) di zuccheri semplici e moderati livelli di carboidrati complessi, preferendo le proteine e i grassi buoni
Sono diversi gli approcci anti-infiammatori che si sono dimostrati utili nel lipedema: la dieta Paleo, la dieta RAD, la dieta mediterranea modificata e, dulcis in fundo, la più promettente: la dieta chetogenica. La dieta chetogenica ha lo svantaggio, a mio parere, di essere al momento considerata “di moda” e per questo spesso abusata e non adeguatamente cucita addosso ai pazienti.
Si tratta infatti più che di una dieta, di una grande classe di diete accomunate dal basso contenuto in carboidrati (inferiore a 50 g o in alcuni casi a 30 g al giorno) e per lo più iperlipidiche. È uno strumento dalle molteplici applicazioni, molto potente se gestito correttamente ma che può rivelarsi anche dannoso se applicato senza conoscerne le controindicazioni e le accortezze necessarie per permettere al paziente di trarne tutti i benefici.
Quando si propone la dieta chetogenica alla paziente con lipedema, bisognerà tener conto di tutti gli elementi che intervengono nell’instaurarsi della patologia e che vanno contrastati:
evitare di sovraccaricare il sistema linfatico, per cui bisognerà scegliere adeguatamente la tipologia di grassi da introdurre, preferendo quelli a corta e media catena (es. burro chiarificato, olio di cocco, avocado)
permettere al fegato di svolgere al meglio la sua attività di centralina del metabolismo e di detossificazione introducendo, ad esempio, una buona quantità di crucifere (come broccoli e cavoli) e alimenti ricchi in omega 3 (come il pesce azzurro e le noci)
preservare o ripristinare l’integrità della mucosa intestinale e i delicati equilibri del microbiota intestinale (l’insieme dei batteri che popolano quest’organo fondamentale). In quest’ultimo caso gli aspetti da valutare sono davvero molti. Per semplicità possiamo dire che è buona prassi introdurre alimenti prebiotici (tra cui le fibre) e probiotici (prodotti fermentati come yogurt, kefir, crauti, ecc.) ma ogni caso va valutato singolarmente.
È molto frequente che la paziente con lipedema sia anche affetta da disturbi intestinali e sensibilità ad alcuni alimenti e tra questi il glutine. È inoltre particolarmente frequente la presenza di ipotiroidismo che richiede ulteriori accortezze.
Come abbiamo visto, l’alimentazione per la paziente con lipedema è tutt’altro che banale. Non appena avuta la diagnosi, soprattutto se si ha la fortuna di averla quando non sussiste una condizione di sovrappeso o obesità, è possibile evitare molte delle complicanze della patologia.
Attraverso un intervento personalizzato che mi piace definire “sartoriale” si può costruire un’alimentazione che aiuterà la paziente a stare sempre meglio cercando di andare incontro alle sue necessità dal punto di vista organizzativo e sociale e anche alle sue preferenze.
In tempi relativamente brevi le pazienti riferiscono una totale remissione del dolore e pian piano osservano il cambiamento dell’aspetto delle loro gambe con stupore. Per noi professioniste, far raggiungere questi obiettivi è un’immensa soddisfazione soprattutto perché si tratta spesso di pazienti disilluse da precedenti percorsi terapeutici fallimentari e che da tempo vivono il proprio corpo con disagio. Noi crediamo che vadano guidate e supportate con la delicatezza che merita chiunque abbia un problema di salute e stia cercando un supporto concreto. Il loro sorriso ci dice che siamo sulla strada giusta.