Google è stato sommerso da una valanga di contenuti generati dall’IA, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Una delle vittime più recenti? Niente meno che William Shakespeare, spesso considerato il più grande scrittore della lingua inglese. Basta una semplice ricerca su Google del suo nome per vedere comparire come immagine principale un ritratto palesemente generato dall’intelligenza artificiale, con un livello di approssimazione che rasenta il ridicolo. Non serve un occhio attento per notare i dettagli fuori posto – come la sesta, inaspettata, dito sulla mano sinistra dell’iconico drammaturgo.
Perché Google ha scelto di mettere in evidenza questo ritratto, invece di evidenziare le numerose rappresentazioni storiche del XVII secolo che abbiamo a disposizione? Non è che manchino ritratti autentici del grande drammaturgo, eppure, eccoci qui.
L’IA e la superficialità nei risultati di ricerca
L’immagine incriminata proviene da un articolo poco ispirato e perlopiù ridondante su Medium, una piattaforma in cui i contenuti generati dall’IA stanno proliferando rapidamente. L’autore dell’articolo, C.L. Nichols, ha pubblicato decine di pezzi su Medium, tutti accompagnati da immagini generate dall’IA di dubbia qualità, compresi ritratti di Fyodor Dostoevsky e Charles Dickens. Secondo Wired, Medium è ormai travolto da una marea di contenuti prodotti dall’IA, con rilevazioni da parte di startup come Pangram Labs e Originality AI che dimostrano come la piattaforma sia stata letteralmente invasa.
Tony Stubblebine, CEO di Medium, ha dichiarato a Wired che il numero di contenuti generati dall’IA pubblicati su Medium è aumentato di dieci volte rispetto all’inizio dell’anno. E sebbene l’azienda sia dichiaratamente contraria ai contenuti generati dall’IA, contrastare il fenomeno è molto più difficile di quanto sembri. I modelli linguistici stanno diventando sempre più abili nel generare testi che sfuggono ai rilevamenti.
Anche Google nella bufera
Anche Google, il principale motore di ricerca al mondo, non sta facendo molto meglio. Abbiamo già visto come le sue ricerche tendano a dare priorità a versioni generate dall’IA delle opere di artisti famosi, come Johannes Vermeer e Edward Hopper. Ma come mai immagini di questo tipo, tra cui la versione quasi caricaturale di Shakespeare, arrivano ai vertici dei risultati di ricerca?
La risposta è difficile da trovare, soprattutto considerato che Google ha sempre tenuto ben segreti i dettagli del funzionamento dei suoi algoritmi. Eppure, è evidente che Google stia perdendo la battaglia contro la sovrabbondanza di contenuti generati dall’IA.
A peggiorare ulteriormente la situazione, Google ha recentemente lanciato “AI Overview”, una funzione che, secondo alcune accuse, starebbe rubando contenuti scritti da esseri umani e offrendo informazioni spesso imprecise o addirittura errate. Questo è solo un altro segnale che il colosso delle ricerche stia combattendo, e perdendo, una guerra sempre più difficile contro i contenuti di bassa qualità generati dall’IA.
Qual è il futuro della ricerca online?
Questa situazione mette in evidenza una sfida cruciale: l’IA è in grado di generare contenuti con una facilità impressionante, ma ciò non significa che questi siano accurati o di qualità. E mentre Google, Medium e altri colossi della tecnologia cercano di gestire l’ondata di “slop” generato dall’IA, i lettori si trovano a fare i conti con risultati di ricerca sempre meno affidabili e sempre più superficiali.
Che tu sia un appassionato di Shakespeare o semplicemente alla ricerca di informazioni accurate, forse è il momento di fare più attenzione a ciò che ci viene presentato come autentico. E tu, cosa ne pensi di questo problema? Lascia un commento qui sotto e condividi il tuo pensiero su come possiamo combattere questa deriva nella qualità dei contenuti online!