Marte e licheni, sembrano due parole incompatibili tra loro, ma scoprirai tra poco come sono legate.
Costruire case su Marte non è più soltanto un sogno da fantascienza. Se negli ultimi decenni abbiamo assistito a un numero crescente di atterraggi riusciti sul Pianeta Rosso, ora la domanda non è più “se”, ma “come”. E tra i problemi più urgenti c’è quello delle costruzioni autonome, a milioni di chilometri da qualsiasi centro logistico terrestre.

In questo scenario entra in gioco un’idea innovativa: utilizzare licheni sintetici per costruire infrastrutture direttamente sul suolo marziano, sfruttando ciò che il pianeta già offre.
Il problema: portare materiali da costruzione su Marte non è sostenibile
Inviare razzi carichi di cemento, mattoni e altri materiali da costruzione sulla superficie marziana è economicamente e logisticamente impossibile. La soluzione? Usare il regolite marziano (una miscela di polvere, sabbia e rocce) e trovare un modo per trasformarlo in un materiale da costruzione resistente. Ma come?
La soluzione bioispirata: licheni sintetici
A proporre una risposta è il team guidato dalla dottoressa Congrui Grace Jin della Texas A&M University, in collaborazione con l’Università del Nebraska-Lincoln. I ricercatori hanno sviluppato un sistema di licheni sintetici in grado di trasformare il regolite in un materiale solido senza alcun intervento umano.

Questo studio, finanziato dalla NASA tramite il programma Innovative Advanced Concepts, è stato recentemente pubblicato nel Journal of Manufacturing Science and Engineering.
Come funziona questo sistema “vivente”?
Il sistema si basa su una comunità sintetica composta da due elementi biologici:
- Funghi filamentosi eterotrofi: responsabili della produzione del materiale legante e della biomineralizzazione;
- Cianobatteri fotoautotrofi diazotrofi: capaci di trasformare anidride carbonica e azoto atmosferico in ossigeno e nutrienti per sostenere i funghi.
Insieme, questi organismi simulano il comportamento di un lichene naturale, ma ingegnerizzato per sopravvivere alle condizioni estreme di Marte.
Il risultato? Un materiale solido formato da regolite incollata grazie a biopolimeri e minerali prodotti autonomamente dal sistema vivente. Il tutto usando solo:
- simulante del regolite marziano,
- aria,
- luce,
- un mezzo liquido inorganico.
Nessun supporto umano necessario.
Oltre le soluzioni esistenti
Finora sono state proposte diverse alternative: leganti a base di magnesio, zolfo o geopolimeri, ma tutte richiedono manodopera o forniture esterne. Anche le tecnologie microbiche auto-riproducenti presentano limiti, perché si basano su singole specie batteriche che necessitano di nutrienti costanti.

Il sistema della dottoressa Jin risolve proprio questo problema: una comunità microbica multispecie, capace di autosostenersi, adattarsi e costruire in autonomia.
Verso la stampa 3D marziana
Il prossimo passo è già in corso: creare un inchiostro a base di regolite per stampare strutture bio-compatibili con tecniche di stampa 3D come il direct ink writing. L’obiettivo è costruire direttamente su Marte edifici, mobili e strutture funzionali, in modo modulare e scalabile.
“Il potenziale di questa tecnologia è enorme, specialmente per le missioni di lunga durata e le colonie permanenti su altri pianeti”, afferma Jin.
Chi c’è dietro al progetto?
Oltre a Congrui Grace Jin, professoressa nel programma di Mechanical and Manufacturing Engineering Technology della Texas A&M University, il team include:
- Richard Wilson
- Nisha Rokaya
- Erin Carr
I ricercatori sono tutti della University of Nebraska-Lincoln.
Questa ricerca apre scenari completamente nuovi per l’abitabilità spaziale. Non si tratta più solo di portare l’uomo su Marte, ma di offrirgli un posto dove vivere, creato non con mattoni, ma con licheni sintetici e stampa 3D.