Una nuova ricerca ha dimostrato che un gene che normalmente sopprime lo sviluppo di neoplasie, viene riprogrammato all’esordio della leucemia promielocitica acuta (APL), un tipo aggressivo di tumore del sangue che interessa il 5-15% dei tutti i tipi di leucemia. A fare luce su questa preziosa informazione sono stati gli scienziati del Center for Genomic Regulation (CGR).
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Genes & Development.
Leucemia promielocitica acuta: si aprono nuovi percorsi terapeutici
Grazie a questa intuizione si aprono nuove prospettive per lo sviluppo di farmaci che potenziano l’espressione del gene nelle prime fasi della formazione del cancro, intercettando la malattia prima che diventi incontrollabile.
La leucemia promielocitica acuta si manifesta a causa di traslocazioni cromosomiche, in cui un cromosoma si rompe e una parte di esso si ricollega a un cromosoma diverso. Nell’APL, ciò si traduce in un evento di fusione genica tra i geni della leucemia promielocitica (PML) e del recettore dell’acido retinoico alfa (RARα).
Le cellule staminali precedentemente sane iniziano a esprimere una nuova proteina, PML/RARα, che ne blocca la differenziazione. Alla fine, il midollo osseo si riempie di globuli bianchi anormali noti come promielociti che portano a una carenza di altri tipi di globuli e impediscono la normale produzione di sangue.
I trattamenti per la leucemia promielocitica acuta includono farmaci come l’acido tutto trans retinoico (ATRA), che provoca nel 90% dei casi la remissione. Tuttavia, sono ancora necessarie nuove strategie terapeutiche per i pazienti che non rispondono a questo trattamento, così come per la grande percentuale di pazienti che subiscono una ricaduta nell’arco di pochi anni.
Nonostante l’importanza delle traslocazioni cromosomiche che causano l’esordio della malattia, si sa poco su come la PML-RARα modifichi l’architettura genomica delle cellule. I ricercatori del Center for Genomic Regulation (CRG) e del Centro Nacional de Análisis Genómico (CNAG-CRG) di Barcellona e dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano hanno utilizzato modelli murini che imitano da vicino la progressione dell’APL nell’uomo per studiare i cambiamenti nelle cellule durante l’inizio e la progressione della malattia.
Gli scienziati hanno scoperto che PML-RARα avvia una serie di alterazioni che si traducono in cambiamenti nel supporto strutturale dei cromosomi e nella repressione della trascrizione, nonché cambiamenti nei compartimenti cromosomici che “aprono” o “chiudono” l’accesso a particolari regioni del genoma.
Uno dei geni più colpiti da questi cambiamenti in una fase iniziale era KLF4, che codifica per una proteina che si lega al DNA per controllare la velocità di trascrizione dell’informazione genetica, nota anche come fattore di trascrizione. L’attività KLF4 è stata inattivata durante la progressione dell’APL.
I ricercatori hanno scoperto che quando le cellule sono state manipolate per sovraesprimere KLF4, ha soppresso i tratti di auto-rinnovamento delle cellule cancerose e invertito gli effetti causati dalle azioni di PML-RARα.
“La sovraespressione di KLF4 agisce come un oncosopressore nella leucemia promielocitica acuta. La nostra scoperta apre una nuova strada di trattamento per indirizzare questa malattia aggressiva insieme ai trattamenti esistenti. Negli studi di follow-up, abbiamo osservato che la combinazione di ATRA con la sovraespressione di KLF4 può sopprimere il cancro tratti mediati da PML-RARa, suggerendo una potenziale terapia per pazienti non reattivi o con recidiva che potrebbero essere svincolati da questo lavoro“, ha dichiarato Glòria Mas Martin, prima autrice dello studio e in precedenza ricercatrice post-dottorato presso il CRG.
Il metodo, sviluppato nel laboratorio di Luciano Di Croce al CRG, può essere utilizzato anche per studiare i cambiamenti dell’architettura genomica di altri tipi di cancro, che, secondo gli autori della ricerca, potrebbero rivelare altri possibili bersagli terapeutici ancora da scoprire.
“I passaggi che avviano il cancro sono i più interessanti perché sono l’equivalente della palla di neve che si trasforma in una valanga. Questo approccio potrebbe essere utilizzato per comprendere i primissimi effetti di altre proteine oncogeniche che agiscono come repressori trascrizionali, portando allo sviluppo di nuove terapie che prendono di mira un meccanismo prima che vada fuori controllo“, ha concluso Luciano Di Croce, ricercatore dell’ICREA, autore senior dello studio e ricercatore presso il CRG.
Secondo Francesco Lo Coco, Professore Ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma: ” Si tratta di una varietà molto rara di leucemia acuta. In Italia, se ne diagnosticano circa 150 casi l’anno, laddove, considerando insieme le altre forme acute e quelle croniche, le leucemie colpiscono diverse migliaia di pazienti l’anno”.
“La leucemia promielocitica acuta può manifestarsi in tutte le età, dai bambini fino agli anziani, con un’incidenza mediana prevalente intorno ai 40 anni. Più frequentemente diagnosticata tra i latino-ispanici rispetto ai caucasici, a tutt’oggi non se ne conoscono né le cause e né i fattori di rischio. Colpisce in maniera improvvisa e, proprio perché non se ne conoscono le cause, è impossibile fare della prevenzione“.
“Si presenta con dei sintomi abbastanza caratteristici: sanguinamenti, macchie emorragiche sulla cute, epistassi ed emorragie gengivali, accompagnati da sintomi più generici come febbre e spossatezza. In alcuni casi, i sanguinamenti possono riguardare anche gli organi interni, in particolare il sistema nervoso centrale e dunque essere molto gravi“, ha spiegato lo scienziato.
Per quanto riguarda i trattamenti terapeutici anche Lo Coco dichiara che: “Questa forma di leucemia acuta può essere trattata con chemioterapia combinata con un acido retinoico, un derivato della vitamina A. In questo modo si arriva a una percentuale di guarigione vicina al 90%”.
“È un trattamento che porta con sé tutti quegli effetti collaterali della chemioterapia (vale a dire stanchezza, disturbi digestivi, caduta dei capelli, nausea, vomito e via dicendo) che influiscono negativamente sulla qualità di vita dei pazienti”.
“Negli ultimi anni, grazie in particolare al contributo del gruppo co-operativo nazionale Gimema (Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto), è stato dimostrato il successo di una nuova strategia terapeutica per curare la Leucemia Promielocitica Acuta, basata esclusivamente su interventi mirati, senza trattamento chemioterapico e cioè soltanto con farmaci cosiddetti intelligenti. Si tratta di un importante passo avanti per l’utilizzo di terapie mirate in altre forme leucemiche, così da ottenere la massima efficacia nello sconfiggere le cellule maligne, riducendo in modo drastico gli effetti tossici per il paziente”.