Un recente studio ha svelato che le tracce più antiche della malaria risalgono ad almeno 4.000 anni fa. Questa scoperta cambia la nostra comprensione di una malattia che oggi colpisce ogni anno 250 milioni di persone e ne uccide 600mila. A causa dei cambiamenti climatici, la malaria sta tornando a diffondersi in territori fino a poco tempo fa considerati sicuri.
La storia è stata ricostruita grazie a una tecnica genetica innovativa che ha permesso di analizzare il Dna estratto dai denti di antiche popolazioni umane. Questa ricerca internazionale, pubblicata sulla rivista Nature, è stata guidata da Megan Michel dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia evoluzionistica e dall’Università di Harvard, coinvolgendo 80 istituzioni di 21 Paesi, compresa l’Università di Sassari in Italia.
Le tracce più antiche della malaria: un salto nel passato di 5.500 anni
Fino ad ora, ricostruire la storia era impossibile perché non lascia segni visibili sui resti ossei. Tuttavia, grazie a questa nuova tecnica, sono state individuate le tracce del parassita in 35 individui vissuti negli ultimi 5.500 anni. È emerso che la malaria era presente in Asia già 4.000 anni fa e che in America ci sono state due ondate della malattia, l’ultima nel periodo coloniale.
I dati ottenuti da questo ampio studio non solo aiutano a comprendere l’impatto della malaria sull’evoluzione del nostro genoma, ma sono anche cruciali per sviluppare future strategie di contenimento della malattia.
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