C’era un’epoca in cui la vita apparteneva quasi interamente all’acqua. I mari pullulavano di pesci e invertebrati, mentre le coste erano distese fangose prive di animali terrestri. Eppure, in mezzo a quel paesaggio, alcuni pesci hanno iniziato a fare qualcosa di diverso: spingersi fuori dal loro ambiente naturale. Oggi ne abbiamo la prova grazie a una scoperta avvenuta in Polonia, che racconta una pagina inaspettata della storia evolutiva.
Fossili che riscrivono le date
Le impronte individuate risalgono al Devoniano inferiore, tra 419 e 393 milioni di anni fa. Finora si pensava che i primi vertebrati avessero messo piede sulla terra circa 385 milioni di anni fa, quando comparvero i tetrapodi. Queste tracce anticipano quella tappa di circa 10 milioni di anni, mostrando che i pesci avevano già iniziato a muoversi sul terreno molto prima.
Le cave della Santa Croce

Il ritrovamento è avvenuto nei Monti della Santa Croce, a sud di Varsavia. Qui, in cave di arenaria, i sedimenti marini hanno conservato i segni lasciati dai movimenti di animali preistorici. Le orme non sono semplici graffi nel fango fossilizzato, ma sequenze riconoscibili di spostamenti. Attraverso scansioni digitali e ricostruzioni tridimensionali, i paleontologi hanno ricostruito gesti e posizioni di pesci che si muovevano in modo goffo, ma determinato, su un terreno poco profondo.
Chi li ha lasciati
Le caratteristiche delle tracce puntano verso i dipnoi, un gruppo di pesci che possedevano, oltre alle branchie, dei polmoni primitivi. Questa doppia capacità respiratoria permetteva loro di sopravvivere anche fuori dall’acqua per brevi periodi. I fossili moderni di dipnoi mostrano corpi robusti, pinne adatte a muoversi nei sedimenti e una certa flessibilità nell’adattarsi a contesti diversi.
Gli studiosi ipotizzano che gli autori delle impronte potessero appartenere a generi come Dipnorhynchus o Chirodipterus, riconoscibili dal muso corto. Non avevano zampe, ma usavano pinne e testa come strumenti di appoggio, lasciando segni precisi sulla sabbia.
Due tipi di movimenti
Analizzando le impronte, i ricercatori hanno distinto almeno due comportamenti:
- una sequenza di orme in cui si vedono tracce di tronco, pinne e muso, segno che il pesce si trascinava avanti sfruttando tutto il corpo;
- segni isolati, che sembrano il risultato di pesci fermi, appoggiati sulle pinne, quasi in posizione di riposo.
Queste differenze mostrano che i dipnoi non si limitavano a sopravvivere in acque basse, ma iniziavano a interagire con il terreno, adattando le pinne per compiere movimenti brevi ma significativi.
Una preferenza per la sinistra
Un aspetto curioso emerge dalle statistiche: circa l’11% delle impronte mostra rotazioni verso sinistra. Gli scienziati leggono questo dettaglio come la prima prova di lateralizzazione nei vertebrati, cioè una preferenza motoria per un lato del corpo. In altre parole, alcuni di quei pesci sembravano “mancini”. Un tratto che oggi riconosciamo negli esseri umani e in molte altre specie, ma che ha radici molto più antiche di quanto si pensasse.
Perché uscire dall’acqua

La motivazione più probabile è legata alla bassa marea. Quando il mare si ritirava, restavano distese fangose e pozze isolate, spesso ricche di piccoli organismi. Per i dipnoi, avanzare sul fango significava accedere a nuove fonti di nutrimento. Non si trattava di una scelta definitiva, ma di una strategia di sopravvivenza ripetuta ogni volta che le condizioni lo permettevano.
Col tempo, questo comportamento ha offerto vantaggi evolutivi, preparando la strada a quegli animali che in seguito avrebbero sviluppato arti veri e propri.
Un tassello del grande mosaico
La scoperta non sostituisce le prove sui tetrapodi, ma aggiunge un tassello al quadro. Mostra che la transizione dall’acqua alla terra non è stata un salto unico, ma una sequenza di tentativi. Pesci con pinne robuste hanno iniziato a provare a muoversi fuori dal mare milioni di anni prima che gli anfibi comparissero. Non avevano ancora gli strumenti giusti, ma stavano già aprendo la strada.
L’eredità dei dipnoi
Oggi i dipnoi non sono scomparsi del tutto. Sei specie sopravvivono in Africa, Sud America e Australia. Sono considerati fossili viventi perché conservano caratteristiche antichissime, come la capacità di respirare aria e resistere periodi senza acqua. Guardando alle loro abitudini moderne, possiamo intravedere il riflesso di quei lontani antenati che lasciarono impronte sulle spiagge del Devoniano.
I punti chiave
- Impronte fossili trovate in Polonia, nei Monti della Santa Croce.
- Risalgono a oltre 400 milioni di anni fa.
- Anticipano i primi tetrapodi di circa 10 milioni di anni.
- Probabili autori: dipnoi con polmoni primitivi.
- Due comportamenti distinti: movimento e riposo.
- Evidenza di preferenza laterale, con segni ruotati a sinistra.
- Motivo principale: ricerca di cibo durante la bassa marea.
Perché conta oggi

Queste impronte non sono solo un dettaglio tecnico da museo. Raccontano la storia di come la vita si è adattata a condizioni nuove, passo dopo passo, senza fretta ma con continuità. Ogni piccolo avanzamento ha costruito le basi di un futuro diverso, fino a portare alla comparsa di anfibi, rettili, mammiferi e, alla fine, dell’uomo.
È affascinante pensare che tutto sia cominciato con segni lasciati da un pesce che, in cerca di cibo, ha osato spingersi sul fango.
Le impronte trovate in Polonia ci ricordano che la vita sulla Terra è il risultato di esperimenti continui, alcuni riusciti e altri meno. Ogni passo, anche il più incerto, ha avuto un peso enorme sul futuro. Se vuoi seguire altre storie che uniscono fossili, tecnologia e nuove scoperte scientifiche, continua a leggere gli articoli su tech.iCrewPlay.com: troverai analisi e notizie che cambiano il modo in cui guardiamo il nostro passato e il nostro presente.