Il 7 ottobre ora italiana, è decollata la prima navicella spaziale europea interamente dedicata alla difesa planetaria: la missione Hera ha preso il volo con un obiettivo ben preciso, quello di rendere più sicura la Terra, puntando dritto verso l’asteroide 65803 Didymos. Si tratta dell’unico asteroide finora la cui orbita è stata modificata dall’intervento umano, ed Hera mira proprio a studiare più da vicino questa particolare deflessione, con l’obiettivo di migliorare le tecniche di difesa planetaria contro asteroidi potenzialmente pericolosi.
Asteroidi e difesa planetaria: un piano per evitare disastri
Lanciata da Cape Canaveral, la sonda Hera rappresenta un tassello fondamentale del programma di Sicurezza Spaziale dell’ESA. E non è tutto: Hera condivide anche l’eredità tecnologica del cacciatore di comete Rosetta, ricordando l’importanza delle missioni passate nel dare forma a quelle attuali. Dopo il lancio perfetto dal Pad 40, Hera si trova ora in orbita intorno alla Terra, pronta per essere “fiondata” sulla corretta traiettoria interplanetaria che la porterà ad incontrare Didymos nel dicembre del 2026.
Ma perché è così importante questa missione? L’obiettivo è chiaro: rendere l’impatto di asteroidi terrestri un disastro naturale evitabile. La tecnica di deflessione per impatto cinetico, testata con la missione DART della NASA nel 2022, ha dimostrato che possiamo deviare un corpo minore in rotta di collisione con la Terra. E adesso Hera si dirige verso Dimorphos, il corpo più piccolo che orbita attorno a Didymos, per analizzare più da vicino quanto accaduto in seguito all’impatto.
Italia in prima linea nella difesa planetaria
Non possiamo non parlare del contributo fondamentale dell’Italia in questa missione. La partecipazione italiana è frutto di una collaborazione virtuosa tra scienza e tecnologia, con diversi protagonisti sul campo. L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è responsabile di VISTA, uno strumento a bordo del piccolo satellite Milani, destinato all’analisi dell’ambiente di polveri del sistema Didymos-Dimorphos. Capire la coesione di questi corpi celesti è cruciale per poterli deviare da eventuali orbite pericolose.
Anche l’industria italiana ha fatto la sua parte: la Thales Alenia Space ha realizzato equipaggiamenti di comunicazione per mantenere il collegamento con la stazione di terra, mentre Leonardo ha fornito i pannelli fotovoltaici che alimenteranno la sonda, realizzati nello stabilimento di Nerviano. La propulsione è stata sviluppata da AVIO, mentre OHB Italia si è occupata dei sistemi di potenza elettrica. Insomma, è chiaro che il nostro Paese è ai vertici in questo campo e gioca un ruolo chiave nella difesa del pianeta.
Gli obiettivi della missione Hera
Oltre a studiare il cratere generato dall’impatto della missione DART, Hera fornirà informazioni chiave agli scienziati circa le proprietà fisiche dell’asteroide Dimorphos: massa, dimensione, densità, e molti altri dati che ci aiuteranno a comprendere meglio come rappresentare l’efficacia del trasferimento della quantità di moto. Lo scopo è quello di migliorare le tecniche per deviare asteroidi di diverse dimensioni e, un domani, applicarle in caso di necessità per proteggere il nostro pianeta.
Hera è anche accompagnata da due cubesat, piccoli satelliti che porterà con sé sino alla destinazione. Uno di questi, chiamato Juventas, sarà il primo a effettuare rilevamenti radar all’interno di un asteroide, un contributo senza precedenti alla nostra conoscenza della struttura interna di questi corpi celesti. Insomma, Hera è molto più di una semplice missione: è un progetto di difesa planetaria che, con l’aiuto della scienza e della tecnologia, mira a rendere la Terra più sicura per tutti.
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