Con l’accordo AI tra Cina e Arabia Saudita scoppiano scintille: la King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) nel Paese arabo ha collaborato con due atenei universitari cinesi per sviluppare un sistema di intelligenza artificiale (AI) focalizzato sulla lingua araba.
Il professor Xu Jinchao, un matematico cinese-americano che insegna presso l’Università di Scienza e Tecnologia King Abdullah in Arabia Saudita, avrebbe lanciato un AI basata sulla tecnologia Large Language Model (LLM), denominandola “AceGPT”. Tale sistema di intelligenza artificiale è basata sulla piattaforma Meta’s Llama 2 ed è stata lanciata in collaborazione con la School of Data Science dell’Università cinese di Hong Kong, Shenzhen (CUHKSZ), e l’Istituto di Ricerca sui Big Data di Shenzhen (SRIBD).
Il modello AceGPT rientra negli obiettivi dell’Arabia Saudita di guidare lo sviluppo regionale della tecnologia dell’intelligenza artificiale, compresi progetti come la creazione di supercomputer e l’implementazione di Large Language Models, fondamentali per i sistemi di intelligenza artificiale generativa, come le chatbot.
Secondo quanto riportato sulla pagina GitHub del progetto, AceGPT è stato progettato come assistente AI per coloro che parlano arabo, fornendo risposte alle domande formulate in tale lingua. Tuttavia, è stato sottolineato nel disclaimer che l’AI potrebbe non produrre risultati soddisfacenti in altre lingue.
Inoltre, gli sviluppatori hanno dichiarato che il modello è stato ottimizzato per riconoscere possibili utilizzi impropri, come la gestione errata di informazioni sensibili, la produzione di contenuti dannosi, la diffusione di informazioni inaccurate o la mancata aderenza ai controlli di sicurezza.
Ciononostante, il progetto ha anche avvisato gli utenti di assumersi la responsabilità del loro utilizzo, dato l’assenza di controlli di sicurezza definitivi. Questo aspetto infatti potrebbe potenzialmente portare a fenomeni negativi come la disinformazione prodotta grazie all’Intelligenza Artificiale.
La preoccupazione degli USA per l’accordo AI tra Cina e Arabia Saudita
Con questo accordo AI gli Stati Uniti temono il trasferimento del know-how tecnologico tra Cina e Arabia Saudita e perciò hanno ampliato i requisiti di licenza di esportazione per le GPU prodotte da Nvidia e AMD, aziende americane leader del settore tech. Questa mossa introduce ostacoli significativi per le entità cinesi che cercano di acquisire tali chip all’avanguardia, che sono necessari per la costruzione di modelli di intelligenza artificiale generativa.
Secondo Li Haidong, professore presso l’Università degli Affari Esteri della Cina, questa manovra degli Stati Uniti rappresenta in pieno la competizione in atto con la Cina, che in questo caso, a suo dire, ha l’intento di rallentare il suo sviluppo tecnologico e anche quello dell’Arabia Saudita.
Le relazioni USA-Arabia Saudita sono negli ultimi anni assai degenerate, soprattutto in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno cercato di far aumentare le produzioni di greggio saudita per ostacolare il mercato energetico della Russia. Ma il Paese del Golfo non ha reagito bene a questo tentativo di imposizione, agendo di fatti in maniera diametralmente opposta, e cioè sostenendo la produzione di energia russa e intessendo legami commerciali più stretti con la Repubblica Popolare Cinese. Sembra pertanto che la sfera di influenza americana sull’Arabia Saudita stia perdendo forze, a beneficio invece dell’asse russo-cinese.
L’accordo AI tra Cina e Arabia Saudita ha origini profonde
La collaborazione tra Cina e Arabia Saudita si estende a vari settori, non si parla quindi solo di un accordo AI. Sono infatti degni di nota gli importanti progetti nel settore del solare ed eolico. Attualmente, l’Arabia Saudita è in trattative avanzate per stabilire partnership ufficiali con il gigante cinese del solare, Longi Green Energy Technology. In cambio del trasferimento tecnologico garantito dalla parte saudita, la Cina offre le competenze necessarie per la produzione di polisilicio, rappresentando un vantaggio industriale significativo.
Il polisilicio è un elemento strategico per la produzione di microchip, e la Cina a oggi domina il mercato producendo l’80% su scala mondiale. La specializzazione cinese per questo materiale ha origine con l’introduzione dei dazi statunitensi sulle importazioni di polisilicio di Pechino del 2013. I produttori cinesi hanno acquisito molta esperienza nella produzione di polisilicio e hanno sfruttato regioni con elettricità a basso costo per raggiungere esportazioni elevate. La regione dello Xinjiang ne è l’esempio eclatante. La minoranza turcofona che abita qui, gli Uiguri, subisce gravi violazioni dei diritti umani, essendo costretta a duri lavori in organizzati centri industriali.
La Cina già detiene il ruolo di principale partner commerciale dell’Arabia Saudita, con un saldo a favore di Riad: 57 miliardi di esportazioni rispetto a 30,3 miliardi di importazioni. L’Arabia Saudita, essendo il principale fornitore di petrolio della Cina, ha recentemente annunciato la costruzione di una raffineria da 10 miliardi di dollari nel nord-est della Repubblica Popolare.
Il principe ereditario Mohammad Bin Salman considera la Cina un partner chiave per il suo programma avveniristico Vision 2030, e pertanto sta cercando di coinvolgere le imprese cinesi in progetti ambiziosi volti a diversificare l’economia dal settore dei combustibili fossili. Tra questi progetti figura la costruzione della futuristica metropoli Neom.