Tra il 2003 e il 2021 la fotosintesi sul nostro pianeta è cresciuta, assorbendo ogni anno fino a 0,2 miliardi di tonnellate di CO2 in più. Un dato che fa ben sperare, ma con un dettaglio importante: il trend è trainato dalla terraferma, mentre negli oceani l’attività fotosintetica rallenta.
Una mappa globale della fotosintesi
Lo studio, pubblicato su Nature Climate Change e coordinato da Yulong Zhang della Duke University, ha sfruttato diversi tipi di dati satellitari. Misurando la clorofilla nelle foglie e nei microrganismi marini, i ricercatori hanno ottenuto una sorta di mappa mondiale dell’attività fotosintetica. Un parametro cruciale, perché permette di capire non solo lo stato di salute degli ecosistemi, ma anche quanto carbonio viene sequestrato ogni anno.
Risultato: rispetto all’inizio degli anni 2000, la fotosintesi globale è aumentata, contribuendo a trattenere circa 0,1 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno in più. Un valore che, tradotto in CO2, fa la differenza nella corsa al contenimento del riscaldamento climatico.
La terra guadagna, i mari perdono

Il bilancio però non è uniforme. A crescere è soprattutto la produzione primaria delle piante terrestri nelle regioni temperate e boreali, dove il riscaldamento ha allungato le stagioni di crescita. In pratica, in Canada, Russia e gran parte del Nord Europa, le piante hanno più mesi favorevoli all’anno per assorbire anidride carbonica e crescere.
Negli oceani, invece, la situazione è opposta. L’attività del fitoplancton, il motore fotosintetico del mare, è diminuita di circa 0,1 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno. La flessione è evidente soprattutto nelle zone tropicali e subtropicali, con l’Oceano Pacifico come area critica. Secondo i ricercatori, l’aumento delle temperature marine riduce la disponibilità di nutrienti e limita la vitalità delle microalghe.
Un equilibrio fragile
“La maggiore produzione primaria sulla terraferma deriva soprattutto dalle piante delle alte latitudini, dove il riscaldamento ha creato condizioni più favorevoli”, spiega Wenhong Li, coautore dello studio. “Negli oceani, invece, l’effetto è opposto: il fitoplancton tropicale e subtropicale soffre per l’aumento delle temperature”.
Questi dati raccontano un mondo che assorbe più CO2 da un lato, ma rischia di perderne dall’altro. Se le piante terrestri sembrano beneficiare del cambiamento climatico, i mari — che storicamente hanno catturato una quota enorme di carbonio — stanno rallentando la loro funzione di polmone del pianeta.
Perché ci riguarda da vicino
Monitorare la fotosintesi è fondamentale per prevedere l’evoluzione del clima e capire se gli ecosistemi naturali saranno ancora in grado di bilanciare le emissioni umane. Una crescita delle foreste boreali può sembrare una buona notizia, ma non basta a compensare un eventuale collasso della produttività marina.
Insomma, la partita tra piante e fitoplancton è aperta, e il futuro del clima passa anche da qui: dalla capacità della Terra, nei suoi diversi ambienti, di continuare a trasformare luce solare in vita e al tempo stesso ridurre l’anidride carbonica nell’atmosfera.
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