Se ti stai chiedendo come se la stia cavando l’Italia nella lotta alla crisi climatica, la risposta purtroppo è: male, anche se un po’ meglio rispetto allo scorso anno. Secondo il nuovo Climate Change Performance Index 2025, il nostro Paese guadagna una posizione, passando dal 44esimo al 43esimo posto su 63 nazioni monitorate. Certo, un piccolo passo avanti, ma siamo ancora lontani dai migliori. Danimarca, Olanda e Regno Unito sono in cima alla classifica, dimostrando che una politica climatica ambiziosa è possibile e funziona. Ma cosa manca all’Italia per essere tra i leader? Vediamolo insieme.
Il rapporto del Climate Change Performance Index
Il Climate Change Performance Index (CCPI) 2025, presentato oggi alla Cop29 di Baku, valuta la performance climatica di 63 Paesi più l’Unione Europea, che insieme rappresentano oltre il 90% delle emissioni globali. Questo indice è un modo per capire chi sta facendo davvero la propria parte nella lotta al cambiamento climatico. Le prestazioni sono misurate rispetto agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e agli impegni al 2030. L’indice considera vari fattori: il 40% è basato sul trend delle emissioni, il 20% sullo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, e un altro 20% sulla politica climatica adottata.
In tutto questo, l’Italia si trova ancora in una situazione poco brillante. Il nostro Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) è definito “poco ambizioso” e, soprattutto, le nostre politiche climatiche sono insufficienti: siamo al 55esimo posto nella classifica delle politiche climatiche nazionali. Come se non bastasse, il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti ci vede piazzati al 38esimo posto. Insomma, non proprio una prestazione di cui andare fieri.
Un commento dalle associazioni ambientaliste
Secondo Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, l’Italia sta sbagliando approccio sul fronte energetico, continuando ad avere una visione miope che non riduce le bollette per famiglie e imprese e che ci rende ancora più dipendenti da Paesi politicamente instabili. Ciafani punta il dito contro il governo, accusandolo di rifugiarsi dietro il concetto di “neutralità tecnologica” e proponendo soluzioni che non risolvono il problema, come la cattura e stoccaggio del carbonio o il ritorno al nucleare. Queste non sono soluzioni reali, sostiene Ciafani, ma scuse che rischiano di farci perdere tempo prezioso, soldi e competitività, soprattutto rispetto agli altri Paesi europei.
Chi sta facendo meglio di noi?
Se guardiamo la parte alta della classifica, notiamo che le prime tre posizioni del CCPI sono rimaste vacanti anche quest’anno, segno che nessuno dei Paesi presi in esame ha raggiunto le performance necessarie per contenere il surriscaldamento globale entro la soglia critica di 1,5 °C. Tuttavia, la Danimarca guida la lista, seguita da Olanda e Regno Unito. La Danimarca, in particolare, ha ottenuto risultati importanti grazie alla significativa riduzione delle sue emissioni e all’incremento delle energie rinnovabili.
Nel frattempo, la Cina, il maggiore responsabile delle emissioni globali, ha subito un brusco calo, scendendo di quattro posizioni rispetto allo scorso anno e piazzandosi al 55esimo posto. Nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili, la continua dipendenza dal carbone penalizza il Paese. Questa è una dimostrazione chiara del fatto che non basta investire nelle rinnovabili: bisogna anche tagliare le fonti più inquinanti.
Cosa possiamo fare per migliorare?
A questo punto la domanda è: cosa potrebbe fare l’Italia per migliorare la sua posizione nella classifica delle performance climatiche? In primo luogo, occorre puntare con maggiore convinzione sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica. Non basta installare qualche pannello solare qua e là: serve una strategia coerente e ambiziosa, che coinvolga tutto il tessuto economico e sociale del Paese.
Inoltre, è fondamentale avere una politica climatica chiara e decisa. Abbiamo bisogno di obiettivi a lungo termine che siano realmente sostenuti da azioni concrete. E soprattutto, dobbiamo smettere di cercare soluzioni rapide e semplicistiche che, nel migliore dei casi, non risolvono nulla, e nel peggiore ci fanno perdere tempo prezioso.
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