Le cellule delle isole pancreatiche si possono conservare a temperature molto basse grazie ad una nuova tecnologia criogenica. Questo permetterebbe di tenerle integre per un eventuale trapianto. A sostenere questa ricerca sono stati i ricercatori ingegneristici e medici dell’Università del Minnesota Twin Cities e Mayo Clinic.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Medicine.
Crioconservazione delle cellule delle isole pancreatiche: scopriamo perché è importante
La crioconservazione delle isole pancreatiche è una scoperta rivoluzionaria nella lotta contro il diabete. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention, il diabete è la settima causa di decessi negli Stati Uniti, con quasi 90.000 morti ogni anno. Nonostante tenere sotto controllo il diabete sia una pratica che si è perfezionata negli anni dalla scoperta dell’insulina in poi, si tratta sempre di terapie volte a controllare la malattia, non a curarla.
Per quanto riguarda il trapianto di cellule delle isole pancreatiche, si tratta di una procedura dove i medici prelevano gruppi di cellule da un pancreas sano e li trasferiscono a un ricevente, che quindi inizia a produrre e rilasciare insulina da solo. È un metodo che potrebbe permettere di curare il diabete.
Esiste però in limite: i trapianti da un singolo donatore sono spesso insufficienti per ottenere l’indipendenza dall’insulina nel ricevente. In linea di massima sono necessarie due, tre o più infusioni di innesti di isole pancreatiche: questo aumenta i rischi associati a ripetuti interventi chirurgici e cicli multipli di forte induzione dell’immunosoppressione.
Per poter superare il problema, i ricercatori hanno pensato di raggruppare le isole pancreatiche di più donatori, ottenendo un dosaggio elevato delle isole con un singolo trapianto. Questo processo è limitato dall’impossibilità di conservare in sicurezza gli isolotti per lunghi periodi di tempo. Ricerche precedenti hanno dimostrato che la conservazione è limitata a 48-72 ore prima del trapianto.
Per abbattere questo ulteriore ostacolo, i ricercatori dell’Università del Minnesota hanno sviluppato un nuovo metodo di crioconservazione delle isole pancreatiche che risolve il problema dello stoccaggio, consentendo la conservazione a lungo termine e controllata della qualità delle cellule delle isole che possono essere raggruppate e utilizzate per un trapianto.
Per poter mettere in pratica la nuova tecnologia, è stato sfruttato un sistema di cryomesh specializzato, è stato rimosso il fluido crioprotettivo in eccesso, che ha consentito un rapido raffreddamento e riscaldamento dell’ordine di decine di migliaia di gradi al secondo, evitando la formazione di ghiaccio problematica e riducendo al minimo la tossicità.
Questo nuovo metodo di crioconservazione ha dimostrato alti tassi di sopravvivenza cellulare e funzionalità (90% per le cellule delle isole di topo e circa l’87% per le cellule delle isole di maiale e umane), anche dopo nove mesi di conservazione. Lo stoccaggio con questo potenziale approccio di crioconservazione è teoricamente indefinito.
Nei topi, il trapianto di queste cellule insulari crioconservate ha curato il diabete nel 92% dei riceventi entro 24-48 ore dopo il trapianto. Questi risultati suggeriscono che questo nuovo protocollo di crioconservazione può essere un potente mezzo per migliorare la catena di approvvigionamento delle isole, consentendo il raggruppamento di isole da più pancreas e migliorando così i risultati dei trapianti che possono curare il diabete.
“Il nostro lavoro fornisce il primo protocollo di crioconservazione delle isole che raggiunge simultaneamente un’elevata vitalità e funzionalità in un protocollo clinicamente scalabile“, ha affermato Bischof. “Questo metodo potrebbe rivoluzionare la catena di approvvigionamento per l’isolamento, l’allocazione e la conservazione delle isole prima del trapianto. Attraverso il raggruppamento di isole crioconservate prima del trapianto da più pancreas, il metodo non solo curerà più pazienti, ma farà anche un uso migliore del prezioso dono del donatore pancreas”.
I ricercatori hanno anche sottolineato che questo metodo ha la capacità di essere ampliato per raggiungere un gran numero di persone in tutto il mondo che soffrono di questa malattia progressivamente debilitante.
Lo studio è stato condotto da John Bischof, Ph.D., un Distinguished McKnight University Professor e direttore dell’Institute for Engineering in Medicine dell’Università, e da Erik Finger, MD, Ph.D., professore associato di chirurgia presso l’Università del Minnesota Medical School, M Health Fairview. Sia Bischof che Finger fanno parte del National Science Foundation Engineering Research Center for Advanced Technologies for the Preservation of Biological Systems (ATP-Bio) e co-dirigono il Center for Organ Preservation presso l’Università del Minnesota.