Negli ultimi decenni, il tema dell’inquinamento atmosferico ha assunto un’importanza crescente, non soltanto per gli effetti visibili sul clima o sulla qualità dell’aria, ma anche per le conseguenze meno immediate – ma non per questo meno gravi – sulla nostra salute.
Oggi approfondiamo una scoperta recente, pubblicata sulla rivista Neurology il 9 luglio 2025: una grande indagine suggerisce che l’esposizione prolungata all’aria sporca possa aumentare il rischio di sviluppare un meningioma, un tumore cerebrale generalmente benigno ma diffuso.

Un’ombra che sale dal traffico cittadino
Il meningioma è un tumore che si forma dalla membrana protettiva che avvolge cervello e midollo spinale, non è maligno come i gliomi, ma la sua incidenza è tutt’altro che trascurabile. Lo studio danese ha coinvolto quasi 4 milioni di adulti, con un’età media di 35 anni, seguiti per 21 anni: un arco temporale significativo für cogliere connessioni a lungo termine.
Contemporaneamente, gli scienziati hanno raccolto e modellato i dati delle condizioni atmosferiche relative a ciascun indirizzo di residenza dei partecipanti, stimando l’esposizione prolungata a particelle ultrafini (inferiori a 0.1 µm), PM2.5 (≤ 2.5 µm), biossido di azoto (NO₂) ed elementi carboniosi tipici del gasolio.
I risultati sono eloquenti: chi viveva in zone ad alta concentrazione di inquinamento presentava un rischio sensibilmente più elevato di sviluppare un meningioma, ad esempio, confrontando i gruppi con esposizione ai valori estremi – tra circa 11.000 e 21.700 particelle ultrafini per cm³ – la probabilità di diagnosi saliva dal’0,06 % allo 0,20 %.
Quanto aumenta il rischio dovuto all’inquinamento atmosferico?
Pur essendo un tumore di per sé benigno, l’aumento percentuale della probabilità di contrarlo non è trascurabile quando si considera l’intera popolazione esposta a questi inquinanti, nello specifico:
- ogni incremento di 5.747 particelle ultrafini/cm³ era associato a un aumento del rischio del 10%;
- un aumento di 4 μg/m³ di PM2.5 corrispondeva a un rischio più alto del 21%;
- per il biossido di azoto (incrementi di 8,3 μg/m³) il rischio saliva del 12%;
- l’elemental carbon, segno dell’inquinamento da diesel, portava a un aumento del 3% per ogni 0,4 μg/m³ in più
Va ricordato, tuttavia, che il meningioma condivideva un andamento differente dai gliomi: in questo caso non si riscontravano associati stabili.

Percorsi possibili: come le particelle agiscono sul cervello
Il meccanismo biologico che sottende questa relazione non è ancora del tutto chiaro, ma alcune ipotesi appaiono più solide; le particelle ultrafini, in particolare, hanno un diametro talmente ridotto da riuscire a oltrepassare la barriera emato-encefalica, una volta oltrepassata, possono provocare infiammazione cronica, stress ossidativo e persino danni diretti al tessuto cerebrale.
L’ampia mole di studi già esistenti collegano l’inquinamento non solo a patologie respiratorie o cardiache, ma anche a disturbi neurologici, cognitivi e degenerativi: dall’aumento del rischio di Alzheimer e demenza, alle malattie neurodegenerative, fino all’ansia e alla depressione . Aggiungere ora il meningioma in questo elenco rafforza ulteriormente l’idea che l’inquinamento atmosferico sia un nemico silenzioso, capace di colpire anche organi lontani dai polmoni.
Un punto di forza della ricerca è l’utilizzo di modelli avanzati su dati di residenza specifici, capaci di stimare l’esposizione individuale in modo pressoché accurato, accumulando informazioni su una decade intera . Hanno inoltre introdotto numerose variabili di controllo, dai livelli di istruzione al contesto socioeconomico del quartiere.
Detto ciò, esistono delle limitazioni intrinseche: l’esposizione stimata teneva conto solo della qualità dell’aria esterna vicino alla casa, senza considerare dove le persone trascorrevano buona parte del tempo – al chiuso, al lavoro, durante i viaggi – né la possibile variabilità stagionale o professionale .
Inoltre, come sottolineano gli autori – tra cui Ulla Hvidtfeldt del Danish Cancer Institute – siamo di fronte a una correlazione che non può (ancora) essere interpretata come una relazione causale. Servono conferme e approfondimenti.
Un quadro più ampio: l’aria che respiriamo e il nostro cervello
Abbiamo detto che questo studio va inquadrato nel quadro più ampio di evidenze che ormai collegano l’inquinamento atmosferico a patologie neurologiche più ampie, i fattori patogeni coinvolti nelle diverse malattie mostrano connessioni biologiche: le particelle inalate possono scatenare risposte immunitarie, infiammatorie, alterare il metabolismo redox, danneggiare la microvascolarizzazione cerebrale.

Queste dinamiche, a lungo termine, potrebbero:
- indebolire l’integrità della barriera emato-encefalica;
- facilitare l’accumulo di proteine dannose;
- promuovere stress ossidativi;
- intervenire nei meccanismi di riparazione cellulare.
Tutto questo rende questa recente scoperta, pur focalizzata sul meningioma, estremamente rilevante: rafforza ulteriormente la necessità di affrontare politiche di contenimento dell’inquinamento per tutelare anche la salute neurologica della popolazione.
Se volessimo trasformare questi dati in misure concrete di prevenzione, il messaggio sarebbe chiaro: migliorare la qualità dell’aria, ridurre le emissioni da traffico e da combustione, promuovere energie pulite — tutto questo non serve solo a diminuire le malattie respiratorie o cardiovascolari, ma può potenzialmente abbassare anche l’incidenza di tumori cerebrali benigni come i meningiomi.
Gli scenari futuri, a partire da studi come questo, potrebbero portare a:
- revisione delle linee guida sulle soglie di inquinamento;
- incentivi locali per ridurre il traffico e promuovere aree verdi;
- monitoraggio esteso e integrato dell’esposizione individuale.
Insomma, quello che potrebbe sembrare un tumore “non grave”, alla lunga, diventa un tassello di un quadro più complesso – quanto preoccupante – sul collegamento tra l’ambiente in cui viviamo e la salute del nostro cervello.
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