Una promettente linea di ricerca del Virginia Tech si concentra sull’impiego di impulsi elettrici a bassa intensità come strumento per indurre una profonda riorganizzazione del microambiente tumorale. Contrariamente all’azione distruttiva diretta degli impulsi ad alta intensità, questo approccio innovativo mira a trasformare l’ambiente spesso ostile del tumore in un contesto più favorevole all’infiltrazione e all’azione delle difese immunitarie naturali dell’organismo, aprendo nuove prospettive terapeutiche complementari.

Impulsi elettrici a bassa intensità: una nuova strategia per potenziare l’immunità antitumorale
Le osservazioni pionieristiche condotte dal team di ricerca del Virginia Tech rivelano che l’applicazione di impulsi elettrici a bassa intensità non determina una necrosi cellulare diffusa e immediata all’interno della neoplasia. Al contrario, innesca una cascata di eventi biologici che culminano in una significativa alterazione della vascolarizzazione tumorale. In particolare, entro un lasso temporale sorprendentemente breve, quantificabile in circa ventiquattro ore successive al trattamento, si assiste a un incremento sostanziale della densità dei vasi sanguigni all’interno della massa tumorale.
Questo aumento della perfusione sanguigna potrebbe facilitare un maggiore afflusso di cellule immunitarie e di molecole ad azione immunomodulatoria direttamente nel cuore del tumore. Parallelamente, entro il terzo giorno successivo all’applicazione degli impulsi elettrici a bassa intensità, si manifesta una marcata stimolazione della crescita e della proliferazione dei vasi linfatici all’interno del microambiente tumorale. Questa osservazione riveste un’importanza cruciale, considerando il ruolo centrale del sistema linfatico nel drenaggio dei fluidi interstiziali, nel trasporto delle cellule immunitarie e nella presentazione degli antigeni tumorali ai linfonodi, sedi primarie dell’attivazione delle risposte immunitarie adattative.
Queste modificazioni indotte a livello vascolare e linfatico dal trattamento con impulsi elettrici a bassa intensità potrebbero rappresentare un meccanismo chiave per “sensibilizzare” i tumori all’azione del sistema immunitario. Un microambiente tumorale caratterizzato da una maggiore densità vascolare e da una rete linfatica più sviluppata potrebbe, in teoria, favorire un’infiltrazione più efficiente di cellule immunitarie citotossiche, come i linfociti T CD8+ e le cellule natural killer (NK), direttamente nel tessuto neoplastico.

Inoltre, un drenaggio linfatico potenziato potrebbe migliorare la presentazione degli antigeni tumorali alle cellule dendritiche nei linfonodi regionali, innescando e amplificando risposte immunitarie specifiche contro le cellule cancerose. I risultati promettenti ottenuti in modelli preclinici di cancro al seno murino forniscono un’evidenza tangibile del potenziale traslazionale di questa strategia terapeutica innovativa.
La ricerca sugli impulsi elettrici a bassa intensità si basa su una modulazione a bassa intensità di una tecnica già nota, l’elettroporazione irreversibile ad alta frequenza (H-FIRE), che nella sua applicazione convenzionale ad alta intensità è impiegata per la distruzione diretta dei tumori attraverso la generazione di campi elettrici che destabilizzano irreversibilmente le membrane cellulari. Tuttavia, le nuove evidenze suggeriscono che una versione a bassa intensità di questa stessa tecnologia possa esercitare un effetto terapeutico attraverso un meccanismo completamente differente, agendo come un agente rimodellante del microambiente tumorale e potenziatore dell’immunità antitumorale.
Sebbene precedenti osservazioni avessero già indicato che trattamenti con impulsi elettrici in grado di indurre una distruzione tumorale incompleta potessero paradossalmente stimolare la crescita vascolare e l’attività immunitaria nelle regioni tumorali non completamente ablate, i meccanismi sottostanti l’impatto di questi trattamenti sul sistema linfatico erano rimasti fino ad ora in gran parte inesplorati.

La comprensione approfondita di come gli impulsi elettrici a bassa intensità influenzino la dinamica del sistema linfatico rappresenta quindi un avanzamento significativo nella nostra conoscenza delle interazioni tra campi elettrici, microambiente tumorale e risposta immunitaria, aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di terapie oncologiche innovative e potenzialmente più efficaci.
Analisi in vivo delle alterazioni vascolari e linfatiche indotte da H-FIRE subablativa
Per elucidare in maniera precisa e dettagliata le modificazioni indotte dall’applicazione di impulsi elettrici a bassa intensità sul microambiente tumorale e sulle strutture linfatiche regionali, i ricercatori hanno condotto uno studio preclinico rigoroso impiegando un modello in vivo di carcinoma mammario in roditori. Questo modello sperimentale ha consentito di monitorare dinamicamente e in tempo reale le variazioni morfologiche e funzionali dei vasi sanguigni e linfatici sia all’interno della massa neoplastica primaria che nel suo immediato perimetro, nonché di valutare le ripercussioni a livello dei linfonodi locoregionali, sentinelle cruciali nella disseminazione metastatica e nell’orchemazione delle risposte immunitarie antitumorali.
L’utilizzo di un modello murino ben caratterizzato ha fornito un contesto biologico complesso e fisiologicamente rilevante per investigare gli effetti sottili ma potenzialmente significativi dell’approccio terapeutico H-FIRE subablativo.

L’analisi meticolosa dei tessuti tumorali e dei linfonodi drenanti, condotta attraverso tecniche di imaging avanzate e analisi istologiche dettagliate, ha rivelato che l’applicazione di una versione a bassa intensità del trattamento H-FIRE, denominata specificamente H-FIRE subablativa, induceva alterazioni positive e potenzialmente terapeuticamente rilevanti a carico sia del sistema vascolare sanguigno che di quello linfatico associato alla neoplasia.
È importante sottolineare che, in questo contesto sperimentale, l’obiettivo primario del trattamento non era l’ablazione immediata e massiva delle cellule tumorali. Al contrario, l’attenzione si è concentrata sulle modificazioni dinamiche del microambiente. Le osservazioni hanno evidenziato un miglioramento qualitativo e quantitativo della rete vascolare sanguigna intratumorale, suggerendo un potenziale aumento della perfusione e dell’apporto di nutrienti e ossigeno al tumore, ma soprattutto un facilitato accesso per le cellule del sistema immunitario.
Parallelamente, lo studio ha dimostrato un effetto stimolatorio significativo sulla crescita e sulla funzionalità dei vasi linfatici all’interno e in prossimità del tumore. Questo incremento della densità e dell’efficienza del drenaggio linfatico potrebbe facilitare la rimozione di prodotti di scarto metabolici, antigeni tumorali e cellule immunitarie dal sito neoplastico verso i linfonodi regionali, promuovendo l’attivazione di risposte immunitarie sistemiche più robuste ed efficaci.

Sebbene il trattamento con H-FIRE subablativa non determini una distruzione tumorale diretta e immediata, i cambiamenti significativi osservati a livello della vascolarizzazione sanguigna e linfatica suggeriscono un meccanismo d’azione alternativo e potenzialmente sinergico con altre modalità terapeutiche. L’ipotesi centrale derivante da questo studio è che le alterazioni microambientali indotte da H-FIRE subablativa possano rendere il tumore intrinsecamente più vulnerabile all’azione delle difese naturali dell’organismo.
Un microambiente tumorale più vascolarizzato e con un sistema linfatico più efficiente potrebbe facilitare l’infiltrazione di cellule immunitarie attivate, migliorando la capacità del sistema immunitario di riconoscere e attaccare le cellule cancerose. Inoltre, queste modificazioni potrebbero potenziare l’efficacia di terapie immunoncologiche concomitanti, come gli inibitori dei checkpoint immunitari o le terapie cellulari adottive, creando un contesto microambientale più permissivo per l’azione di questi trattamenti.
In sintesi, i risultati di questo studio preclinico aprono nuove prospettive per l’impiego di approcci basati sulla modulazione del microambiente tumorale come strategia per migliorare l’efficacia delle terapie oncologiche, sia intrinsecamente che in combinazione con altre modalità di trattamento consolidate o emergenti.
Un potenziale amplificatore della risposta immunitaria antitumorale
Jennifer Munson, figura di spicco nello studio in qualità di autrice corrispondente e direttrice del Fralin Biomedical Research Institute Cancer Research Center di Roanoke, sottolinea con enfasi la rilevanza delle osservazioni ottenute. La sua interpretazione dei risultati converge sull’idea che il trattamento con H-FIRE subablativa inneschi una serie di trasformazioni significative a livello della vascolarizzazione sanguigna e linfatica intratumorale.

Queste modificazioni non rappresentano una semplice alterazione strutturale, bensì un cambiamento funzionale cruciale che potrebbe radicalmente influenzare la dinamica dell’interazione tra il tumore e il sistema immunitario dell’ospite. In sintesi, i risultati dello studio suggeriscono che il microambiente tumorale, in seguito all’applicazione degli impulsi elettrici a bassa intensità, evolve in una configurazione più permissiva e favorevole all’infiltrazione e all’azione delle cellule immunitarie.
Un aspetto particolarmente degno di nota, evidenziato dalla Professoressa Munson, concerne l’incremento di specifici segnali molecolari all’interno del microambiente tumorale in seguito al trattamento. Si ipotizza che questi segnali agiscano come veri e propri “fari” chimici, capaci di attrarre e guidare le cellule del sistema immunitario, in particolare attraverso le intricate vie del sistema linfatico, direttamente verso il sito della neoplasia.
L’importanza di questo meccanismo risiede nel fatto che il sistema linfatico rappresenta un’autostrada fondamentale per il traffico delle cellule immunitarie, consentendo loro di migrare dai linfonodi, sedi primarie dell’attivazione immunitaria, verso i tessuti periferici, incluso il microambiente tumorale. L’aumento di questi segnali attrattivi potrebbe quindi superare alcune delle barriere immunologiche spesso erette dai tumori, facilitando un’infiltrazione più massiccia ed efficace di linfociti T citotossici, cellule NK e altre componenti chiave della risposta immunitaria antitumorale.

Guardando oltre i risultati attuali, la Professoressa Munson, che ricopre anche la carica di professore presso l’istituto di ricerca e il Dipartimento di ingegneria biomedica e meccanica della Facoltà di Ingegneria, delinea le direzioni future della ricerca. Un focus primario sarà dedicato alla comprensione più approfondita di come il rimodellamento dei vasi sanguigni e linfatici indotto da H-FIRE subablativa si traduca concretamente in un’aumentata attività immunitaria antitumorale in vivo.
Sarà cruciale investigare i meccanismi molecolari precisi attraverso i quali la modificazione vascolare e linfatica influenza l’infiltrazione, l’attivazione e la funzione delle diverse sottopopolazioni di cellule immunitarie all’interno del microambiente tumorale. Inoltre, un’area di grande interesse sarà rappresentata dalla valutazione del potenziale sinergico tra il trattamento con H-FIRE subablativa e altre terapie oncologiche, in particolare quelle immunoterapiche.

L’ipotesi è che la capacità di H-FIRE subablativa di “preparare il terreno” immunitario all’interno del tumore possa amplificare significativamente l’efficacia di trattamenti come gli inibitori dei checkpoint immunitari, le terapie a base di cellule CAR-T o altre strategie immunomodulatorie, aprendo nuove strade per approcci combinatori più efficaci nella cura del cancro.
Lo studio è stato pubblicato sull’Annals of Biomedical Engineering.