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NotiziaSalute

Impianto cerebrale: il 1° caso di by-pass neurale doppio

Grazie a un rivoluzionario bypass neurale, un uomo paralizzato riesce a muovere e sentire oggetti usando le mani di un’altra persona, segnando una svolta nella neurotecnologia umana

Giorgio Alberto Tarantino 3 ore fa Commenta! 7
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Immaginiamo per un momento di trovarci imprigionati nel nostro corpo, coscienti e vigili, ma incapaci di muovere un braccio o di sentire la carezza di un oggetto tra le dita, un’esperienza che va oltre l’immaginabile, dove prigionia fisica e libertà mentale coesistono, ma non si incontrano, soprattutto se non vi è un impianto cerebrale a supporto.

Contenuti di questo articolo
Cosa significa “by-pass neurale doppio” in questo impianto cerebralePerché è una svolta e quali sono le implicazioni

Per molte persone colpite da lesioni al midollo spinale (che causano paralisi) o da gravi danni neurologici, questo è lo scenario quotidiano, eppure la frontiera delle neuroscienze e dell’ingegneria ha compiuto un passo che fino a pochi anni fa sembrava di puro racconto di fantascienza: restituire movimento e persino sensazione a un uomo che non poteva né muovere né sentire le mani.

Impianto cerebrale: il 1° caso di by-pass neurale doppio

La storia di cui parliamo ruota attorno all’esperimento condotto presso il Feinstein Institutes for Medical Research a Long Island, New York, in cui il paziente principale, Keith Thomas, rimasto paralizzato dal torace in giù in seguito a un incidente nel 2020, è riuscito a recuperare l’uso e la sensibilità della mano grazie a un impianto cerebrale associato a una tecnologia denominata “by-pass neurale doppio”.

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Ma c’è un’altra svolta, la più recente fase dell’esperimento non si è limitata a far muovere la sua propria mano, bensì ha permesso a Thomas di controllare la mano di un’altra persona, agire su oggetti tramite quella mano “esterna” e – ancora più sorprendente – di percepire cosa quell’altra mano stava toccando. In altre parole un uomo paralizzato che, attraverso il proprio cervello, manipola e sente oggetti usando le mani di un’altra persona.

È a quel punto che ci troviamo davanti a una congiunzione di tecnologie, neuroscienza, robotica, intelligenza artificiale (IA) e questioni etiche che meritano di essere raccontate.

Cosa significa “by-pass neurale doppio” in questo impianto cerebrale

Ecco il nucleo tecnico dell’esperimento, ed è qui che entriamo in territorio più tecnico, il termine “by-pass neurale doppio” sta a indicare che, in questo impianto cerebrale, sono state implementate due vie di comunicazione:

  • una via motoria, che raccoglie (attraverso microelettrodi nell’impianto cerebrale) l’intenzione del paziente di muovere la mano, la decodifica tramite algoritmi di IA e la trasmette a stimolatori che agiscono sulla muscolatura (o sui nervi periferici) della mano stessa o di un arto equivalente;
  • una via sensoriale, che raccoglie l’informazione tattile (pressione, contatto) da sensori posti sulla mano o su un arto, o tramite stimolazione diretta, e la trasmette al cervello del paziente sotto forma di segnali che il cervello interpreta come sensazione. Anche questa via richiede microelettrodi impiantati nell’impianto cerebrale.
Impianto cerebrale: il 1° caso di by-pass neurale doppio

Nel caso specifico di Thomas, è stato possibile non soltanto far muovere la sua mano ma anche usare quella di un altro soggetto, attraverso un’interfaccia che connetteva intellettualmente il suo cervello al braccio/tipo di mano “avatar” di una persona collaboratrice.

In pratica, Thomas pensava «afferra la bottiglia», e la mano dell’altra persona (collegata alla stessa interfaccia) afferrava la bottiglia; e in più Thomas riceveva la sensazione del contatto e poteva descrivere l’oggetto.

Questo tipo di sistema di impianto cerebrale potrà sembrare futuristico – e lo è in parte – ma rappresenta una progressione naturale delle ricerche sulle interfacce cervello-computer: dai semplici cursori controllati col pensiero, alle braccia robotiche comandate col pensiero, fino a oggi, a mani “remote” controllate e sensibili.

Perché è una svolta e quali sono le implicazioni

Ci sono diversi motivi per cui questo esperimento merita particolare attenzione, e ciascuno ha un risvolto tecnico, medico e filosofico.

1. Movimento + sensibilità
Molte delle tecnologie precedenti riuscivano a permettere a pazienti paralizzati di muovere arti robotici o stimolati elettricamente, ma difficilmente ricostruivano la sensazione tattile, restituire la capacità di sentire – ad esempio distinguere un oggetto liscio da uno ruvido – è assai più complesso.

Grazie a questo impianto cerebrale, la sensazione è tornata, seppur in forma sperimentale, e ciò rappresenta un salto rispetto a molte ricerche antecedenti.

2. Utilizzo esterno della mani di altri
L’aspetto “usare le mani di un altro” cambia anche la dinamica: non soltanto riabilitazione dell’arto proprio, ma collaborazione tra soggetti.

Thomas ha controllato la mano di un’altra persona, che a sua volta aveva difficoltà motorie, per compiere compiti reali, questo apre scenari nuovi: non solo “ripristino personale”, ma “aiuto reciproco” in cui il paziente diventa agente attivo di un’azione reale.

Impianto cerebrale: il 1° caso di by-pass neurale doppio

3. Verso autonomia reale
Anche se siamo ancora in una fase sperimentale, la prospettiva è quella di fornire a persone paralizzate la possibilità di compiere atti quotidiani che vanno ben oltre “muovere un dito”: afferrare un bicchiere, versarsi da bere, toccare il pelo di un cane, come nel caso di Thomas.

Il valore è umano oltre che tecnico.

4. Questioni etiche e sociali
Naturalmente, emergono questioni: sicurezza dell’impianto cerebrale, durata nel tempo, compatibilità, costo, accessibilità, ma anche implicazioni più profonde sul concetto di identità corporea (“la mano che uso è la mia o è dell’altro?”), sulla collaborazione tra umano e macchina, e sul futuro rapporto uomo-macchina.

Come giusto che sia non posso non segnalare che siamo ancora nella fase sperimentale, non si tratta di “tutti i paralizzati torneranno in piedi” domani, restano problemi di scala, costo, sicurezza, personalizzazione dell’impianto, durata nel tempo, accesso globale.

Nondimeno l’interfaccia è complessa, richiede addestramento, e rischi chirurgici esistono, tanto che i ricercatori stessi sottolineano che non è ancora una soluzione generale, ma una prova di principio di straordinaria valenza.

Se sei attratto dalla scienza o dalla tecnologia, continua a seguirci, così da non perderti le ultime novità e news da tutto il mondo!

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