Il superlavoro, per la morale comune, è sempre stato sinonimo di ambizione, di cura verso i familiari, il percorso giusto per arrivare al successo. Una nuova ricerca ha invece dimostrano che lavorare diverse ore al giorno può creare problemi alla salute. Innanzitutto, vi è una netta differenza tra lavorare duro e il superlavoro e lavorare duro. Sono due concetti che possono sembrare simili ma non lo sono.
Il superlavoro ha raggiunto la sua massima espressione durante la pandemia da Covid19. Con la decisione di lavorare in smart working, le persone coinvolte hanno visto aumentare le ore lavorative, svolte in una condizione di per sé stressante perché è stato necessario stare a casa con i propri familiari. Chi ha dovuto badare anche ai figli ha avuto serie difficoltà nel risolvere tutte le incombenze lavorative e personali.
Un sondaggio proposto dalla società di selezione del personale Robert Half nel 2020 ha evidenziato che il 55% degli intervistati che è passato a un regime di smart working ha lavorato nei fine settimana, mentre il 34% ha dichiarato di lavorare regolarmente più di 8 ore al giorno.
Il National Bureau of Economic Research ha anche riferito che la durata della giornata lavorativa media durante la pandemia è aumentata di 48,5 minuti. Del superlavoro ne hanno particolarmente risentito i lavoratori in ambito sanitario e parasanitario che sono stati esposti ad un alto rischio di burnout.
Nel maggio 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato il burnout come “fenomeno occupazionale” dove lo stress lavorativo di una persona non è stato adeguatamente gestito. Le sue caratteristiche principali sono:
- Sentirsi stremato;
- Sentirsi negativi o cinici nei confronti del proprio lavoro;
- Ridotta efficacia professionale.
Superlavoro: ecco perché può essere pericoloso per la salute
Il Dottor Adam Perlman, direttore della salute e del benessere integrativo della Mayo Clinic Florida e direttore medico di meQuilibrium, ha dichiarato: “Quando lavoriamo troppo e non diamo la priorità alla cura di noi stessi, non diamo al corpo o al cervello ciò di cui ha bisogno per riposare e recuperare. In definitiva, ciò tende a portare a disagio sia fisico che mentale”.
Una delle preoccupazioni riguardo al superlavoro e al burnout è legato allo stress, che non va mai sottovalutato perché correlato a patologie come depressione, pressione alta, diabete, problemi digestivi.
L’assistente sociale clinica Iris Waichler ha spiegato che lo stress legato al superlavoro può influenzare negativamente la produzione del cortisolo, conosciuto come l’ormone dello stress del corpo: “Questo può aumentare il rischio di infarto o ictus”, ha dichiarato Waichler: “L’aumento dello stress sul corpo può anche causare mal di schiena e dolore al collo e contrazione dei muscoli”.
“Una sana alimentazione può risentirne se non c’è tempo per mangiare al lavoro o per fare la spesa o cucinare pasti più sani“, ha aggiunto Waichler: “Più tempo al lavoro significa anche meno tempo per le relazioni, l’esercizio fisico e altre cose che possono aiutarti a rilassarti. Infine, lo stress aggiuntivo può indurre le persone a ricorrere all’alcol o alle droghe per far fronte. Il burnout può essere il risultato finale”.
Una ricerca del 2018, ha rivelato che l’impatto dell’esposizione allo stress cronico può essere devastante per la salute: “Quando subisci stress per un lungo periodo di tempo, il meccanismo ‘ combatti e fuggi’ può essere costantemente attivato“, ha dichiarato Elizabeth Roddick, farmacista con sede nel Regno Unito e consulente per la salute delle donne sopra i 50 anni: “Ironia della sorte, questo meccanismo è utile nei momenti di pericolo come quando ci si allontana da un’auto. L’improvvisa scarica di adrenalina accende i muscoli, il cuore e la consapevolezza visiva, aiutandoti a muoverti velocemente”
“Se, d’altra parte, lo stress incessante sta permeando la tua vita lavorativa, magari insieme a lunghe ore senza interruzioni, allora la tua salute fisica e mentale può essere compromessa“, ha continuato l’esperta.
Per spiegare meglio il concetto di stress da superlavoro, Elizabeth Roddick ha fatto riferimento a sé stessa e ad una sue esperienza al riguardo, quando si è trovata a gestire da sola due farmacie a Glasgow:
Quando il personale si è ammalato e Roddick è stata costretta a lavorare troppo, ha contratto un’infezione alla gola, che le ha impedito di parlare chiaramente per 2 mesi.
“Questo fatto illustra chiaramente come lo stress opprimente può portare alla manifestazione di problemi fisici“, ha affermato Roddick: “Incontrando molti esempi nel corso degli anni in cui i miei pazienti hanno mostrato sintomi fisici a causa dello stress, è fondamentale per il benessere assicurarsi che lo stress sia gestito prima che influisca sulla salute”.
Oltre allo stress causato dal superlavoro, gli esperti si sono chiesti se lavorare troppo potesse causare un decesso prematuro del lavoratore. A questo riguardo, L’OMS ha riferito che un aumento dell’orario di lavoro ha contribuito alla morte di 745.000 lavoratori che sono stati colpiti da ictus e cardiopatia ischemica. Lo studio ha anche rivelato che i soggetti che lavorano 55 o più ore a settimana corrono un rischio maggiore del 35% di ictus e un rischio maggiore del 17% di morire per cardiopatia ischemica rispetto alle persone che lavoravano da 35 a 40 ore a settimana.
Il problema del superlavoro è sicuramente un problema che coinvolge in tutto il mondo, ma nei paesi asiatici quali Giappone, Corea del Sud e Taiwan è stata manifestata una seria preoccupazione. Anche nella lingua giapponese esiste un termine specifico: karoshi, che significa “morte per superlavoro”, collegato ad ictus e a malattie cardiovascolari. Oltre a queste patologie, ne sono state collegate altre come il rischio di incorrere nel diabete di tipo 2, malattie cerebrovascolari e cardiovascolari e ipertensione.
Si può prevenire il superlavoro e il burnout? A tal proposito, il Dottor Perlman ha dichiarato: “Evidenziare che i dipendenti dovrebbero prendersi del tempo per riposarsi, ricaricarsi e prendersi i giorni di ferie è un ruolo fondamentale per la leadership. È anche importante sottolineare che i dirigenti dovrebbero fare del loro meglio per ridurre al minimo le riunioni eccessive e gli oneri amministrativi. Inoltre, la comunicazione frequente sulle risorse disponibili per supportare il benessere sia mentale che fisico a cui i dipendenti hanno accesso all’interno di un’azienda è fondamentale”.
Waichler ha consigliato ai datori di lavoro di prestare particolare attenzione a alle condizioni di salute del dipendente, creando giornate apposite dedicate alla salute mentale e congedo familiare nel caso in cui lo stress si acuisca. Ha anche suggerito di essere vigili con le donne, in modo che possano parlare serenamente nel caso avvertissero i sintomi del burnout.
“Le donne tradizionalmente bilanciano più di un ruolo oltre al loro lavoro“, ha spiegato Waichler. “Ciò può includere i loro ruoli di mogli, madri, sorelle, ecc. Circa il 65% delle volte le donne sono badanti oltre a tutto ciò che fanno. Quando si combinano i loro ruoli lavorativi con tutte le altre esigenze e responsabilità della vita, è una ricetta per lo stress e il burnout. Questo scenario lascia poco tempo alle donne per dedicarsi ad attività di cura di sé”.
L’esperta ha anche consigliato di: “praticare tecniche di consapevolezza come lo yoga, la meditazione e la respirazione profonda che possono avere un effetto calmante, abbassare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna e alleviare lo stress nel corpo. Anche fare una breve pausa al lavoro e fare una respirazione profonda può essere utile”.
Il Dottor Perlman ha consigliato ai dipendenti di sostenere il più possibile il loro benessere psicofisico personale: “Idealmente, la sicurezza psicologica dovrebbe esistere all’interno di un’azienda in modo tale che un dipendente possa parlare con il proprio supervisore in merito alle preoccupazioni che hanno sul lavoro eccessivo e all’impatto che sta avendo sulla loro salute emotiva e fisica”.
“Fortunatamente, gli amministratori sono sempre più consapevoli del tributo che il superlavoro sta gravando sui propri dipendenti e, anche se non sempre è così, sono più sensibili a trovare soluzioni creative come una maggiore flessibilità rispetto agli orari e modelli ibridi di lavoro dall’ufficio, nonché virtualmente”, ha concluso Perlman.
Va da sé che un ruolo fondamentale nell’evitare carichi di lavoro troppo pesanti è ricoperto dal datore di lavoro che dovrebbe considerare la salute dei dipendenti come un valore aggiunto che può condizionare la qualità del lavoro svolto. Un dipendente felice di recarsi sul posto del lavoro sarà sicuramente più produttivo, perché felice di dare il suo contributo ad un’azienda che prende in considerazione le sue necessità psicofisiche.
Pensare invece che più si lavora più si produce è un concetto anacronistico. Secondo Confindustria, in Italia: “gli italiani passano più tempo sul posto di lavoro rispetto ai francesi e ai tedeschi ma producono di meno. Sia nel caso dei lavoratori dipendenti che in quello di professionisti e autonomi nel 2011 gli italiani hanno lavorato in media 1.774 ore ciascuno vale a dire il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi”.
“I lavoratori indipendenti, autonomi o professionisti, in Italia lavorano quasi il 50% in più del lavoratore dipendente: in cifre, 2.338 ore contro 1.604. E’ come dire tre mesi in più, compresi sabati e domeniche. Tuttavia, la produttività in Italia è inferiore rispetto a quella della Germania e della Francia”.