Grazie ad un gruppo internazionale di ricerca composto da Enea, Accademia delle Scienze – Istituto piante medicinali (Cina) e Università di Buffalo (Stati Uniti) è stato possibile decodificare il DNA della Gardenia jasminoides, una pianta molto utilizzata nella medicina tradizionale cinese, che produce crocine, pigmenti fondamentali e applicabili in farmacologia
DNA della Gardenia: la decodificazione dei geni delle crocine
La ricerca ha avuto rilievo su “BMC Biology”, la rivista ammiraglia del gruppo open access Biomed Central (Springer editore). Grazie a questa scoperta, specialmente per quel che riguarda i geni per la produzione delle crocine, è stato possibile ricavare molecole utili all’uomo. Le crocine, infatti, svolgono un’azione protettiva sulla retina e, più in generale, hanno una funzione antinfiammatoria e antiossidante nel sistema nervoso centrale.
“Confrontando il genoma della gardenia con quello del caffè, che avevamo sequenziato nel 2014, abbiamo scoperto che il loro progenitore comune, vissuto circa 20 milioni di anni fa, conteneva un gene codificante per un enzima chiamato CCD4 sul cromosoma 9”, spiega Giovanni Giuliano, coordinatore del team di ricerca Enea e co-corresponding author dello studio.
Il gene è rimasto singolo nella pianta del caffè, mentre nella Gardenia ha dato origine a un ‘cluster’ di 4 geni figli, uno dei quali è fondamentale per la biosintesi delle crocine. Una condizione simile che ha interessato un gene diverso, chiamato NMT e situato sul cromosoma 8 del progenitore comune, ha originato nella pianta del caffè la sintesi della caffeina, un alcaloide ad azione psicotropa molto comune nella dieta dell’essere umano.
“Le conclusioni della nostra ricerca suggeriscono che la comparsa di nuove molecole, come crocina e caffeina, in piante evolutivamente distanti avviene tramite la comparsa di uno o pochi geni ed enzimi che catalizzano i passaggi chiave, mentre tutti gli altri sono reclutati da vie metaboliche preesistenti. È una dimostrazione elegante, sul piano biochimico, di come la natura riutilizza e adatta meccanismi preesistenti, invece di crearli completamente ex novo. Comprendere a fondo questi meccanismi ci permetterebbe di sintetizzare molecole nuove nelle piante trasferendo uno o pochi geni codificanti gli enzimi chiave. Una prospettiva molto interessante per la produzione sostenibile di molecole utili all’uomo”, conclude Giuliano.