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Lettura: Idrosadenite suppurativa: la VLCKD è la nuova alleata per un miglioramento concreto
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Salute

Idrosadenite suppurativa: la VLCKD è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Un recente studio clinico ha evidenziato il potenziale terapeutico di una dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico (VLCKD) nelle donne affette da idrosadenite suppurativa (HS) e obesità. I risultati sono incoraggianti: un intervento di 12 settimane con VLCKD ha dimostrato non solo una riduzione della gravità dell'HS, misurata dal punteggio IHS4, ma anche un notevole miglioramento della funzione metabolica complessiva. Questa strategia alimentare si rivela particolarmente vantaggiosa per la sua capacità di ridurre l'insulina circolante e di modulare l'iperandrogenismo, offrendo un beneficio aggiuntivo alle pazienti con sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) associata

Denise Meloni 8 ore fa Commenta! 7
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L’idrosadenite suppurativa (HS), nota anche come acne inversa o malattia di Verneuil, è una malattia infiammatoria cronica e recidivante della pelle. È caratterizzata da un’infiammazione delle ghiandole sudoripare apocrine e dei follicoli piliferi, che si manifesta con la formazione di lesioni dolorose e invalidanti.

Contenuti di questo articolo
Idrosadenite suppurativa: un orizzonte che va oltre la pelleL’alimentazione come terapia: un approccio antinfiammatorioOltre la cura della pelle: un approccio olistico al benessere
Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto
Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Idrosadenite suppurativa: un orizzonte che va oltre la pelle

Spesso, ciò che si manifesta sulla pelle ha radici ben più profonde. Nelle donne che affrontano l’infiammazione cronica, il dolore persistente e le lesioni cutanee ricorrenti, come nel caso dell’idrosadenite suppurativa (HS), la causa sottostante può essere intricatamente legata a squilibri ormonali, immunitari e metabolici. Questa patologia, infatti, trascende la mera dimensione dermatologica, esercitando un impatto considerevole sulla qualità della vita dei pazienti. In questo complesso scenario, l’alimentazione si rivela uno strumento cruciale: non un rimedio miracoloso, ma un potente alleato in grado di attenuare i sintomi, tenere sotto controllo le riacutizzazioni e favorire un ritorno al benessere.

L’idrosadenite suppurativa colpisce in modo sproporzionato le donne, in particolare quelle in età riproduttiva. Le fluttuazioni ormonali intrinseche al ciclo mestruale, la presenza di condizioni come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e fattori metabolici quali l’obesità sono elementi che possono aggravare significativamente il decorso della malattia. Ormoni specifici, come gli androgeni, sono noti per attivare l’inflammasoma, innescando una cascata infiammatoria cronica che si manifesta a livello cutaneo. Questo squilibrio ormonale non si limita a scatenare le lesioni fisiche, ma influisce profondamente anche sul benessere emotivo dei pazienti.

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Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Il legame tra l’idrosadenite suppurativa e la salute mentale è innegabile. I sintomi fisici debilitanti si sovrappongono a elevati livelli di ansia, depressione e disfunzione sessuale, amplificando l’impatto negativo della malattia sulla vita quotidiana. Per questa ragione, diventa imperativo comprendere a fondo e modulare i fattori ormonali e metabolici, includendo un’attenzione particolare alla dieta. Questo approccio integrato è essenziale per migliorare il decorso clinico dell’HS e restituire ai pazienti una migliore qualità di vita.

L’alimentazione come terapia: un approccio antinfiammatorio

Una dieta antinfiammatoria è ben più di una semplice moda; rappresenta una strategia scientificamente validata per la gestione dell’idrosadenite suppurativa (HS). Le evidenze attuali dimostrano che la dieta mediterranea, ricca di verdura, frutta, legumi, pesce grasso e olio d’oliva, e caratterizzata da un basso consumo di carne rossa e zuccheri, può modulare efficacemente l’infiammazione sistemica e ridurre la gravità della malattia.

La ricerca ha infatti evidenziato che le donne affette da HS che adottano una dieta mediterranea o ipocalorica mostrano un significativo miglioramento dei loro sintomi. Questo beneficio è collegato a una riduzione dell’indice di massa corporea (BMI), alla diminuzione di marcatori infiammatori come il TNF-α e a cambiamenti positivi nel microbiota intestinale.

Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Oltre alla dieta mediterranea, una dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico (VLCKD) ha mostrato promettenti benefici nelle donne con HS e obesità. Uno studio specifico ha rivelato che un intervento di 12 settimane con VLCKD non solo ha ridotto la gravità dell’HS, misurata tramite il punteggio IHS4, ma ha anche migliorato la funzione metabolica generale. Questo tipo di dieta contribuisce a ridurre l’insulina circolante e può giocare un ruolo nel controllo dell’iperandrogenismo, un aspetto particolarmente vantaggioso per le pazienti che soffrono anche di sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) associata.

Un’altra scoperta fondamentale riguarda l’influenza del microbiota intestinale e dei suoi metaboliti. È stato dimostrato che le persone con HS presentano spesso una condizione di disbiosi intestinale, caratterizzata da una ridotta diversità di batteri benefici e da una maggiore prevalenza di specie pro-infiammatorie. Questo squilibrio favorisce la produzione di composti come la trimetilammina N-ossido (TMAO), che è associata a un’infiammazione sistemica più elevata e a una maggiore gravità della malattia. Fortunatamente, l’adozione di una dieta ricca di fibre prebiotiche e polifenoli, unita a un consumo limitato di carni lavorate, può contribuire efficacemente a ripristinare l’equilibrio microbico intestinale.

Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Inoltre, una corretta alimentazione può contribuire a ridurre il carico di prodotti finali di glicazione avanzata (AGE), composti noti per le loro proprietà pro-infiammatorie. Questo si ottiene principalmente limitando il consumo di alimenti ultra-processati e preferendo metodi di cottura a basse temperature. Gli AGE sono stati, infatti, correlati al peggioramento di diverse condizioni infiammatorie cutanee, inclusa l’idrosadenite suppurativa.

Oltre la cura della pelle: un approccio olistico al benessere

Sebbene non esista una dieta “universale” valida per tutti, è ormai evidente che adattare i modelli alimentari alle specifiche esigenze infiammatorie, ormonali e metaboliche di ciascun paziente è un requisito fondamentale per il controllo clinico a lungo termine dell’idrosadenite suppurativa (HS). Questo approccio non può prescindere da una consulenza nutrizionale professionale, volta a sviluppare piani alimentari personalizzati che vadano ben oltre la semplice gestione del peso. Tali piani devono includere una particolare attenzione alla salute intestinale, alla regolazione ormonale e al benessere emotivo del paziente.

La gestione dell’HS richiede una visione che superi la mera cura delle manifestazioni cutanee, abbracciando una prospettiva olistica che si prenda cura dell’intero organismo. In questo contesto, una corretta alimentazione emerge come un potente strumento per ripristinare la qualità della vita, ottimizzare la risposta ai trattamenti medici e restituire ai pazienti un senso di controllo sulla propria salute. La dieta non è un fattore secondario, ma una componente attiva e integrante della terapia.

Idrosadenite suppurativa: la vlckd è la nuova alleata per un miglioramento concreto

Affrontare l’idrosadenite suppurativa nelle donne implica necessariamente guardare oltre le lesioni cutanee. È cruciale riconoscere che dieta, metabolismo, microbiota e ormoni sono elementi profondamente interconnessi e reciprocamente influenzabili in questa complessa patologia. Pertanto, l’alimentazione non si configura come un complemento marginale, ma come un pilastro fondamentale di quell’approccio terapeutico completo e integrato che i pazienti affetti da HS meritano per una gestione efficace e duratura della loro condizione.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Translational Medicine.

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