Un team di ricerca guidato dalla Penn University ha risolto un mistero medico di lunga data, svelando finalmente il meccanismo d’azione a livello molecolare dell’idralazina. Questo farmaco, uno dei più antichi al mondo per il trattamento dell’ipertensione e un pilastro fondamentale nella cura della preeclampsia, ha celato il suo funzionamento per quasi settant’anni.

Idralazina: svelato un meccanismo molecolare del farmaco storico
L’idralazina è stata uno strumento indispensabile in medicina per oltre 70 anni, fungendo da difesa di prima linea contro l’ipertensione potenzialmente letale, in particolare durante la gravidanza. Nonostante il suo ruolo essenziale, il suo esatto “meccanismo d’azione” a livello molecolare, cruciale per ottimizzarne l’efficacia, la sicurezza e le proprietà terapeutiche, è rimasto sconosciuto.
Come spiega Kyosuke Shishikura, medico-scienziato presso l’Università della Pennsylvania, “L’idralazina è uno dei primi vasodilatatori mai sviluppati ed è ancora un trattamento di prima linea per la preeclampsia, un disturbo ipertensivo che rappresenta il 5-15% dei decessi materni in tutto il mondo”. Il farmaco è nato in un’era di scoperta di farmaci ‘pre-target’, quando i ricercatori si basavano sull’osservazione clinica prima di comprenderne la biologia.

Risolvendo questo antico enigma, il team, composto da Shishikura, dalla relatrice post-dottorato Megan Matthews e dai loro collaboratori alla Penn, ha fatto una scoperta inattesa. Non solo hanno chiarito il funzionamento dell’idralazina, ma hanno anche rivelato che il farmaco possiede una proprietà sorprendente: è in grado di arrestare la crescita di tumori cerebrali aggressivi. Questa nuova capacità terapeutica apre prospettive inedite per l’impiego di questo farmaco storico.
Il meccanismo d’azione: silenziare l’allarme dell’ossigeno
La scoperta del meccanismo d’azione dell’idralazina da parte del team della Penn University non solo ha risolto un mistero farmacologico di lunga data, ma ha anche rivelato un inatteso legame biologico tra disturbi ipertensivi e cancro al cervello. Questi risultati rivoluzionari dimostrano come i trattamenti consolidati possano celare un nuovo potenziale terapeutico e fornire una base per la progettazione di farmaci più sicuri ed efficaci, con benefici sia per la salute materna che per l’oncologia cerebrale.
Il team ha scoperto che l’idralazina esercita il suo effetto anti-ipertensivo bloccando un enzima cruciale che rileva l’ossigeno, denominato 2-amminoetantiol diossigenasi (ADO). L’ADO funge da interruttore molecolare che segnala ai vasi sanguigni il momento di contrarsi, agendo come un “campanello d’allarme che suona nel momento in cui l’ossigeno inizia a diminuire”, come spiega la ricercatrice Megan Matthews.

differenza della maggior parte dei sistemi corporei che richiedono tempo per copiare il DNA e costruire nuove proteine, l’ADO “salta tutto questo”, attivando un interruttore biochimico in pochi secondi. L’idralazina agisce legandosi all’ADO e bloccandolo, “silenzianando” efficacemente questo allarme relativo alla carenza di ossigeno.
Una volta che l’enzima ADO viene silenziato, le proteine di segnalazione che esso normalmente degrada, note come regolatori della segnalazione delle proteine G (RGS), rimangono stabili e si accumulano. Questo accumulo di proteine RGS, come evidenziato dal medico-scienziato Kyosuke Shishikura, comunica ai vasi sanguigni di interrompere il restringimento, annullando di fatto il segnale di “spremitura”.
Questo processo porta a una significativa riduzione dei livelli di calcio intracellulare, che Shishikura definisce il “principale regolatore della tensione vascolare”. Con la diminuzione dei livelli di calcio, la muscolatura liscia nelle pareti dei vasi sanguigni si rilassa, innescando la vasodilatazione e il conseguente abbassamento della pressione sanguigna.

Questa profonda comprensione molecolare ha implicazioni dirette per la salute materna, in particolare per la preeclampsia. La dottoressa Matthews sottolinea l’urgenza della questione, osservando che la preeclampsia “ha colpito generazioni di donne nella mia famiglia e continua ad avere un impatto sproporzionato sulle madri nere negli Stati Uniti”. Comprendere come l’idralazina funzioni a livello molecolare offre un percorso verso lo sviluppo di trattamenti più sicuri e selettivi per l’ipertensione correlata alla gravidanza, migliorando potenzialmente i risultati clinici per le pazienti a maggior rischio.
Il blocco dell’enzima ADO contro i tumori aggressivi
La scoperta del meccanismo d’azione dell’idralazina sull’enzima ADO ha aperto nuove e inaspettate strategie per la lotta contro i tumori cerebrali aggressivi, in particolare il glioblastoma. Questa ricerca ha confermato i sospetti che i medici oncologi avevano già maturato riguardo al ruolo cruciale dell’ADO nella sopravvivenza delle cellule tumorali in ambienti ostili.
Prima di questo studio, i ricercatori avevano intuito che l’enzima ADO fosse particolarmente importante nel contesto del glioblastoma, un tumore che spesso deve prosperare in sacche caratterizzate da bassissimi livelli di ossigeno (ipossia), come spiegato da Shishikura. Livelli elevati di ADO e dei suoi prodotti metabolici erano già stati associati a una forma di malattia più aggressiva. Questo dato suggeriva che l’inibizione di tale enzima potesse rappresentare una strategia terapeutica efficace; tuttavia, la mancanza di un inibitore specifico e testabile aveva impedito la verifica di questa ipotesi.

Per verificare l’idoneità dell’idralazina come inibitore dell’ADO e quindi come potenziale farmaco anti-tumorale, Shishikura ha orchestrato una collaborazione multidisciplinare. Ha lavorato a stretto contatto con i biochimici strutturali dell’Università del Texas, che hanno impiegato la cristallografia a raggi X, una tecnica di imaging ad alta risoluzione, per visualizzare direttamente l’idralazina legata al centro metallico dell’enzima ADO. Contemporaneamente, i neuroscienziati dell’Università della Florida hanno condotto test approfonditi per valutare gli effetti effettivi del farmaco sulle cellule tumorali cerebrali.
La ricerca ha rivelato che lo stesso pathway dell’ADO che regola la contrazione vascolare contribuisce anche in modo cruciale alla capacità delle cellule tumorali di sopravvivere in ambienti a basso contenuto di ossigeno. A differenza della chemioterapia tradizionale, che mira alla morte cellulare istantanea, l’idralazina ha interrotto questo ciclo di rilevamento dell’ossigeno innescando la senescenza cellulare nelle cellule di glioblastoma. La senescenza è uno stato dormiente e non in divisione che, di fatto, blocca la crescita del tumore senza scatenare ulteriore infiammazione o resistenza al farmaco.

I ricercatori hanno già delineato i prossimi passi della ricerca, che si concentreranno sullo sviluppo chimico di nuovi inibitori dell’ADO. L’obiettivo è creare composti che siano più specifici per il tessuto target e, soprattutto, più efficaci nell’attraversare la barriera emato-encefalica o nello sfruttarne i punti deboli. Ciò permetterebbe di colpire duramente il tessuto tumorale risparmiando il resto del corpo.
La dottoressa Matthews sottolinea l’importanza di continuare a svelare i meccanismi di trattamenti noti da tempo, affermando che è un evento raro che un vecchio farmaco cardiovascolare “finisca per insegnarci qualcosa di nuovo sul cervello“, ma che questi “collegamenti insoliti” potrebbero essere la chiave per nuove soluzioni mediche.
Lo studio è stato pubblicato su Science Advances.