Un team di scienziati ha ingegnerizzato il virus dell’herpes simplex tipo 1, trasformandolo in un potente alleato nella battaglia contro il cancro. A dieci anni dall’approvazione da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense della prima terapia virale per il cancro, un nuovo trattamento potenzialmente rivoluzionario sta emergendo all’orizzonte.

Il virus dell’herpes simplex tipo 1: un nuovo alleato nella lotta al cancro
Secondo i risultati di uno studio clinico di fase 1/2, un virus herpes simplex tipo 1 geneticamente modificato, denominato RP1, ha dimostrato la capacità di distruggere i melanomi in fase avanzata, anche quando questi si trovano in profondità nel corpo. Lo studio prevedeva l’iniezione di RP1 direttamente nei tumori del melanoma, sia quelli superficiali che quelli situati in organi interni come polmoni o fegato.
Un’osservazione particolarmente incoraggiante emersa dallo studio riguarda i pazienti che hanno mostrato una risposta positiva al trattamento con RP1. In questi individui, si è notato che non solo i tumori direttamente trattati con l’iniezione del virus mostravano segni di regressione, ma anche le masse tumorali situate in altre parti del corpo, non direttamente iniettate, iniziavano a ridursi.

Questa scoperta è di fondamentale importanza, poiché suggerisce che RP1 non agisce solo localmente, ma è in grado di innescare una risposta immunitaria sistemica che combatte il cancro in tutto l’organismo. Come spiegato dall’oncologo medico Gino Kim In dell’Università della California del Sud, “Questo risultato suggerisce che RP1 è efficace nel colpire il cancro in tutto il corpo e non solo nel tumore iniettato, il che amplia la potenziale efficacia del farmaco perché alcuni tumori potrebbero essere più difficili o impossibili da raggiungere.”
Ciò significa che RP1 potrebbe non limitarsi a trattare singoli tumori accessibili, ma potrebbe offrire una soluzione per le metastasi e per i tumori che, a causa della loro posizione o dimensione, sono difficili o impossibili da raggiungere con iniezioni dirette. Questa azione a distanza apre nuove prospettive per un trattamento più completo e meno invasivo del cancro avanzato.
L’approvazione della FDA e la terapia combinata: RP1 e Nivolumab
Incuriosita dai promettenti risultati iniziali, all’inizio di quest’anno la FDA ha concesso la revisione prioritaria alla terapia RP1. Questa decisione è stata subordinata all’utilizzo di RP1 in combinazione con la terapia immunitaria nivolumab, nota commercialmente come Opdivo. Questa combinazione di farmaci sembra infliggere un doppio colpo al melanoma.

Nel recente studio clinico di fase 1/2, che ha coinvolto 140 pazienti, circa un terzo ha mostrato una risposta positiva alle iniezioni di RP1 e nivolumab. Inizialmente, i pazienti hanno ricevuto la terapia combinata ogni due settimane, per poi proseguire con il solo nivolumab per un massimo di due anni dopo otto cicli.
Tra i pazienti che hanno risposto bene al trattamento, una percentuale elevata, circa l’80-90%, ha visto i propri tumori ridursi di oltre il 30%. La sicurezza e l’efficacia del farmaco basato sull’herpes sono state considerate simili sia per i siti di iniezione superficiali che per quelli profondi. È importante sottolineare che, sebbene una versione del virus dell’herpes sia utilizzata come vettore, non causa l’herpes nei pazienti.
“Questi risultati sono molto incoraggianti perché il melanoma è il quinto tumore più comune negli adulti e circa la metà di tutti i casi di melanoma avanzato non può essere gestita con i trattamenti immunoterapici attualmente disponibili”, ha affermato l’oncologo medico Gino Kim In. Ha aggiunto che “Il tasso di sopravvivenza del melanoma avanzato incurabile è di soli pochi anni, quindi questa nuova terapia offre speranza ai pazienti che potrebbero non avere più altre opzioni per combattere il cancro.”

Ad oggi, la FDA ha approvato una sola terapia contro il cancro basata su un virus, il marchio Imlygic, ma questa può essere applicata solo al melanoma avanzato se il tumore è presente sulla pelle o nei linfonodi, limitandone l’applicazione. L’approccio di RP1, invece, potrebbe aprire nuove vie per trattare forme più diffuse e resistenti di melanoma.
RP1: La nuova frontiera della terapia onco-virale
Una nuova versione ingegnerizzata della terapia basata sul virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1) promette di veicolare il farmaco essenziale più in profondità nell’organismo, ampliando significativamente il suo raggio d’azione. La ricerca e lo sviluppo di questo farmaco sono sostenuti dalla Replimune Group, Inc., un’azienda biotecnologica che sta investendo in modo significativo nella terapia con virus oncolitici. Questa tecnica innovativa è vista da molti come un potenziale punto di svolta nel trattamento del cancro.
I virus, per loro natura, si sono evoluti per invadere le nostre cellule. Sebbene questa caratteristica sia solitamente associata a effetti negativi, i ricercatori che studiano la terapia con virus oncolitici hanno trasformato questa intrinseca capacità in un vantaggio terapeutico. Hanno infatti ingegnerizzato virus comuni, come l’herpes simplex, per evitare le cellule sane e attaccare e distruggere selettivamente le cellule tumorali, facendole letteralmente esplodere.

Si ritiene che, una volta frammentata, la cellula tumorale rilasci una serie di sostanze immunitarie, chiamate antigeni, che innescano una risposta più ampia da parte del sistema immunitario dell’organismo. Per i tumori, come il melanoma o i tumori cerebrali, che spesso sono protetti da un ambiente immunosoppressivo, i virus oncolitici potrebbero rivelarsi particolarmente efficaci.
All’inizio di quest’anno, la FDA ha stabilito il 22 luglio 2025 come data prevista per l’avvio dell’azione di revisione della terapia combinata RP1 e nivolumab. Se questa terapia si rivelasse efficace, potrebbe diventare disponibile molto presto per alcuni pazienti affetti da melanoma avanzato resistente ai trattamenti attuali.
L’oncologo medico Gino Kim In esprime fiducia, affermando: “Credo che i virus oncolitici apriranno la strada a un nuovo importante approccio per combattere il cancro in alcuni pazienti nel prossimo futuro.” Attualmente, è in corso una sperimentazione di fase 3 con oltre 400 partecipanti, che rappresenta un passo fondamentale verso la potenziale disponibilità di questa promettente terapia.
I risultati dello studio sono stati presentati al convegno annuale dell’ASCO del 2025.