Gli scienziati di Harvard University e Northwestern University hanno sviluppato un sistema di intelligenza artificiale capace di progettare proteine disordinate, molecole che non assumono mai una forma stabile ma cambiano configurazione in modo costante.
Lo studio, pubblicato su Nature Computational Science, supera uno dei limiti storici della biologia computazionale e apre nuove prospettive per la ricerca su malattie come il Parkinson e l’Alzheimer.
Per la prima volta, l’IA riesce a progettare e simulare in modo realistico molecole che finora erano rimaste fuori dalla portata anche dei modelli più avanzati, come AlphaFold di DeepMind.
Cosa sono le proteine disordinate
Non tutte le proteine si comportano allo stesso modo.
Quelle più note assumono una forma definita e stabile, indispensabile per svolgere la loro funzione biologica. Le proteine disordinate, invece, vivono in un continuo stato di fluttuazione molecolare: cambiano forma in base all’ambiente, alla temperatura o alla presenza di altre molecole.
Secondo gli studiosi, rappresentano circa il 30% delle proteine espresse dal DNA umano, ma sono tra le più difficili da descrivere e prevedere.
Perché sfidano i modelli di intelligenza artificiale
Proprio perché prive di una struttura fissa, le proteine disordinate mettono in crisi anche i sistemi di intelligenza artificiale più potenti.
Algoritmi come AlphaFold riescono a prevedere con grande precisione la struttura tridimensionale delle proteine stabili, ma non possono elaborare correttamente quelle che cambiano forma in continuazione.
Questo limite ha frenato per anni la ricerca su molte malattie legate al comportamento anomalo di queste molecole, in particolare le malattie neurodegenerative.
Come l’IA riesce a progettarle

Il nuovo metodo di Harvard e Northwestern si basa su un approccio radicalmente diverso.
Invece di cercare di prevedere la forma della proteina, l’algoritmo viene addestrato a comprendere il legame tra la sequenza di amminoacidi e le proprietà dinamiche della molecola.
Questo permette di riconoscere come anche piccole variazioni nella sequenza influenzano la stabilità, la flessibilità e la funzione della proteina.
Il metodo sviluppato da Harvard e Northwestern
Il gruppo guidato da Ryan Krueger e Krishna Shrinivas ha adattato modelli di machine learning già utilizzati in altri ambiti scientifici.
L’IA viene addestrata come se fosse un motore di ricerca molecolare: analizza milioni di combinazioni di amminoacidi e individua quelle più adatte per ottenere la funzione desiderata.
In pratica, suggerisce come progettare proteine su misura con caratteristiche specifiche, partendo da regole osservate direttamente nella natura.
Dalle sequenze di amminoacidi alle proteine reali
Una volta selezionata la sequenza, il sistema verifica che sia compatibile con le leggi fisiche che governano il comportamento delle proteine in natura.
Le molecole progettate non restano quindi modelli teorici: possono essere sintetizzate in laboratorio e studiate con esperimenti reali.
È un passo avanti enorme, perché consente di unire simulazione e biologia sperimentale, accelerando la ricerca e riducendo i tempi di sviluppo di nuovi composti terapeutici.
Un passo oltre AlphaFold

Quando DeepMind ha lanciato AlphaFold, la biologia molecolare ha compiuto un salto generazionale.
Il sistema ha permesso di prevedere la struttura tridimensionale delle proteine con una precisione mai vista, tanto da valergli il premio Nobel per la Chimica nel 2024.
Ma AlphaFold aveva un punto debole: non riusciva a gestire le proteine senza una forma stabile.
Il nuovo modello sviluppato da Harvard e Northwestern colma proprio questa lacuna, aprendo un campo di ricerca completamente nuovo.
Il loro sistema non si limita a calcolare la forma più probabile, ma simula l’intero spettro di configurazioni possibili di una proteina disordinata.
Questo approccio dinamico consente di capire meglio come le proteine interagiscono tra loro e come le mutazioni genetiche possono alterarne il comportamento.
È un’evoluzione che porta l’ingegneria proteica in territori finora inesplorati.
Nuove applicazioni nella medicina e nella ricerca sul Parkinson
La possibilità di progettare proteine disordinate ha implicazioni dirette per la medicina.
Molte di queste molecole sono coinvolte nella regolazione cellulare, nel trasporto di segnali e nella formazione di aggregati tossici che danneggiano i neuroni.
Capire come stabilizzarle o modificarle potrebbe offrire nuove strategie per contrastare il Parkinson, l’Alzheimer e altre malattie legate al ripiegamento proteico.
L’intelligenza artificiale permette di testare migliaia di variazioni molecolari in tempi ridotti, selezionando solo le sequenze più promettenti per la sperimentazione biologica.
Questo approccio accelera la fase di scoperta dei farmaci e potrebbe ridurre i costi di sviluppo per trattamenti oggi complessi e costosi.
La rivoluzione del disordine nella biologia moderna

Per decenni, la biologia ha cercato di comprendere l’ordine nascosto nei sistemi viventi.
Con questa ricerca, la direzione si inverte: impariamo a studiare il disordine come forma di organizzazione.
Le proteine disordinate, a lungo considerate un’anomalia, diventano un nuovo punto di partenza per esplorare funzioni biologiche inedite e materiali bioispirati.
L’intelligenza artificiale, ancora una volta, si dimostra uno strumento capace di svelare ciò che il microscopio non riesce a vedere.
E se fino a ieri la biologia cercava forme stabili e regolari, oggi entra nell’era del movimento, della flessibilità e del caos strutturato.
Un caos che, grazie ai modelli di IA, può finalmente essere capito, previsto e persino progettato.
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