Una scoperta significativa da parte dei ricercatori dell’Australian National University (ANU) apre nuove strade per trattamenti più intelligenti ed efficaci contro il linfoma di Hodgkin, una forma comune di tumore del sangue. Lo studio ha rivelato che una proteina specifica, denominata H2A.B, la cui presenza è solitamente limitata alle cellule che producono spermatozoi nei testicoli, viene invece “sequestrata” e utilizzata dalle cellule tumorali nei pazienti affetti da linfoma di Hodgkin.

H2A.B: un “centralino malintenzionato” al servizio del cancro
Il professor David Tremethick dell’ANU ha descritto l’azione dell’H2A.B nelle cellule tumorali come quella di un “centralino malintenzionato”. Questa proteina non si limita a legarsi al DNA, ma svolge un ruolo attivo nel rimodellare il modo in cui i geni vengono letti e le proteine prodotte. In pratica, riprogramma il meccanismo interno della cellula cancerosa per favorire la crescita e la sopravvivenza del tumore.
Il potenziale terapeutico di questa scoperta è notevole. Poiché questa proteina non è normalmente presente nella maggior parte dei tessuti sani, colpirla selettivamente con terapie mirate potrebbe rappresentare un approccio altamente specifico nella cura del cancro. Questo permetterebbe di minimizzare il danno alle cellule sane, un obiettivo cruciale nelle terapie oncologiche attuali.

La professoressa associata e coautrice Tatiana Soboleva ha inoltre sottolineato che H2A.B è una delle poche varianti di questo tipo di proteina che potrebbe essere potenzialmente trattabile con farmaci, aumentando le possibilità di sviluppare terapie innovative.
La riprogamazione genetica indotta da H2A.B e i geni della riproduzione
La recente scoperta del ruolo della proteina H2A.B nel linfoma di Hodgkin apre nuove e promettenti vie per lo sviluppo di terapie mirate. Comprendere e manipolare le modalità con cui viene modificata o come interagisce con altre proteine all’interno delle cellule tumorali potrebbe offrire una strategia efficace per disattivare i percorsi che promuovono la crescita del cancro.
Questa intuizione è particolarmente significativa perché, sebbene studi precedenti avessero già suggerito un coinvolgimento nel cancro, questa è la prima ricerca approfondita che rivela dettagliatamente come questa proteina consenta alle cellule tumorali di dirottare la normale programmazione genetica. Si tratta di un passo fondamentale verso la comprensione dei meccanismi molecolari che sottostanno all’aggressività di questa malattia.
Secondo gli autori dello studio, il ruolo di H2A.B nel cancro si inserisce in un modello più ampio che riguarda la riattivazione di geni che, in condizioni normali, dovrebbero essere attivi solo durante i processi riproduttivi. Questa scoperta suggerisce che le cellule tumorali, in una sorta di regressione evolutiva, sfruttano meccanismi genetici ancestrali o “silenti” nel tessuto adulto per promuovere la loro proliferazione incontrollata.

Questa proteina, essendo una proteina specifica per la produzione di spermatozoi, diventa un esempio lampante di come il cancro possa riutilizzare percorsi biologici altamente specifici per fini patologici. Capire come questi geni riproduttivi vengano riattivati e come l’H2A.B faciliti tale dirottamento è cruciale per identificare vulnerabilità uniche nelle cellule tumorali che non sarebbero presenti nelle cellule sane non riproduttive.
Questa profonda comprensione del meccanismo d’azione di H2A.B può portare alla progettazione di farmaci che blocchino selettivamente questi percorsi aberranti, offrendo un approccio terapeutico con un elevato grado di specificità e riducendo al minimo gli effetti collaterali sui tessuti sani.
La chiave per terapie innovative
Comprendere appieno il meccanismo d’azione della proteina H2A.B e il motivo per cui essa venga dirottata dalle cellule tumorali è un passo fondamentale e cruciale verso la messa a punto di terapie più intelligenti e mirate contro il linfoma di Hodgkin. Come sottolineato dalla professoressa associata Soboleva, questa conoscenza approfondita non è solo di interesse accademico, ma ha dirette implicazioni per lo sviluppo di interventi clinici più efficaci e meno invasivi per i pazienti affetti da questa patologia.

La ricerca ha rivelato un’interazione biologica di straordinaria importanza: l’H2A.B è in grado di legarsi a uno specifico e fondamentale gruppo di proteine noto come complesso SWI/SNF. Questo complesso svolge un ruolo vitale nelle cellule, essendo essenziale per la modulazione della cromatina, ovvero la struttura in cui è organizzato il DNA. In termini più semplici, il complesso SWI/SNF è necessario per “aprire” il DNA, rendendolo accessibile affinché i geni possano essere letti e la loro espressione attivata.
Quando si lega al complesso SWI/SNF nelle cellule tumorali, si ritiene che questo ne alteri la funzione normale, dirottandola per favorire la crescita e la sopravvivenza del cancro. Pertanto, la capacità di bloccare le interazioni con il complesso SWI/SNF o con altre proteine chiave rappresenta una strategia terapeutica estremamente promettente. Interrompendo questa interazione aberrante, si potrebbe efficacemente arrestare gli effetti cancerogeni della proteina, disattivando i meccanismi molecolari che promuovono la proliferazione incontrollata delle cellule malate.
Questa nuova comprensione fornisce un bersaglio molecolare preciso per lo sviluppo di farmaci che potrebbero inibire selettivamente l’attività pro-tumorale dell’H2A.B, aprendo la strada a trattamenti mirati che minimizzino gli effetti collaterali sulle cellule sane, un obiettivo primario nella moderna oncologia.
Lo studio è stato pubblicato su Science Advances.