Il gulper shark vive nelle profondità oceaniche di tutto il mondo, tra i 200 e i 1500 metri di profondità. Ha occhi verdi fluorescenti, corpo affusolato e un ciclo vitale lento. E oggi è tra le specie più minacciate del pianeta: tre quarti delle sue varianti rischiano l’estinzione. Il motivo? L’industria cosmetica.
Il fegato del gulper shark contiene altissime quantità di squalene, un composto ricercato per le sue proprietà idratanti e antiossidanti. Viene impiegato in creme, solari, cerotti, dopobarba e persino in trattamenti per emorroidi. E, anche se molte aziende sostengono di usare squalene vegetale, una parte del mercato continua a utilizzare olio di fegato di squalo.
Nuove regole in arrivo: cosa propone la conferenza CITES
Dal 24 novembre al 5 dicembre, esperti di tutto il mondo sono riuniti a Samarcanda per la 20ª conferenza della CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie a rischio. Uno dei punti all’ordine del giorno è l’inserimento di tutti i gulper shark nell’Appendice II: si tratta di una lista che regolamenta il commercio internazionale e che obbliga a monitorare gli scambi.
Ad oggi, oltre 145 specie di squali e razze sono protette dalla CITES. Nessuna di queste vive però nelle profondità marine. È un vuoto normativo che la conferenza vuole colmare, anche perché la pesca in acque profonde sta crescendo velocemente grazie alla tecnologia e al declino degli stock in acque costiere.
Un crollo del 90% in alcune aree

Uno studio del 2024 pubblicato su Science ha analizzato 521 specie di squali e razze abissali, rivelando che quasi due terzi di quelli minacciati sono finiti nei prodotti a base di olio di fegato. I gulper shark sono tra i più ricercati: il loro olio contiene oltre il 70% di squalene, il livello più alto tra tutte le specie.
In alcune regioni, le popolazioni di gulper sono crollate di oltre l’80%. La colpa è del valore commerciale della loro materia prima, ma anche del fatto che si riproducono molto lentamente. Il dumb gulper shark, per esempio, impiegherebbe 86 anni per recuperare solo il 25% della sua popolazione originaria.
Secondo Matt Collis (IFAW), questi squali si comportano più come mammiferi che come pesci, e per questo non sopportano la pressione della pesca industriale. La loro capacità riproduttiva è troppo bassa per far fronte a un’estrazione massiva.
Il business dello squalene: numeri e contraddizioni
Il mercato dello squalene vale circa 150 milioni di dollari all’anno, secondo Grand View Research. Anche se l’80% deriva da fonti vegetali (come l’olio d’oliva), il restante continua a essere estratto da squali.
Per ottenere una tonnellata di squalene servono circa 3.000 squali. E nel 2012 la domanda globale di olio di fegato era già di oltre 2.000 tonnellate. La trasparenza resta un problema: molti prodotti non indicano la provenienza dello squalene usato.
Nel 2015, un’indagine della ONG BLOOM ha analizzato 72 creme idratanti: una su cinque conteneva squalene di squalo, soprattutto tra i brand asiatici.
Chi si sta muovendo per il cambiamento

Alcuni marchi si sono impegnati a eliminare l’olio di squalo dai propri prodotti. L’Oreal, Unilever, Biossance e altri utilizzano ormai squalene da canna da zucchero o da piante. La stessa Biossance ha dichiarato che le alternative vegetali bioingegnerizzate garantiscono risultati anche migliori rispetto alla versione animale.
L’industria però si muove lentamente. Collis sostiene che l’unico vero strumento per bloccare lo sfruttamento sia proprio l’inclusione del gulper shark nella CITES. L’accordo prevede meccanismi di sanzione: chi non rispetta le regole può essere escluso dal commercio internazionale.
Il precedente delle Maldive e il rischio riaperture
Nel 2010 le Maldive avevano vietato la pesca del gulper shark, dopo una riduzione del 97% delle popolazioni in appena 21 anni. Ma oggi quel divieto è stato revocato, e altri Paesi potrebbero seguire l’esempio. In assenza di regole condivise, il commercio rischia di ripartire senza controllo.
La proposta alla CITES mira ad evitare un passaggio all’Appendice I, che comporterebbe il divieto totale di commercio. Regolamentare ora significa intervenire prima che sia troppo tardi.

Non sono come gli altri pesci
I gulper shark non si riproducono in massa, non crescono rapidamente e non ricolonizzano facilmente le aree svuotate dalla pesca. Se non vengono protetti, potrebbero sparire nel silenzio degli abissi. Collis lo dice chiaramente: “Non possiamo aspettare che sia troppo tardi. Serve agire subito.”
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