Una nuova ricerca condotta dall’Università di Sydney e pubblicata su Nature Communications riaccende l’allarme sulla sopravvivenza della Grande Barriera Corallina, uno degli ecosistemi più iconici e fragili del pianeta. Il team, guidato dal professor Jody Webster, ha analizzato carote fossili estratte dai fondali marini dell’area, utilizzandole come “hard disk naturali” per comprendere come il reef ha reagito, nel passato, a bruschi cambiamenti del livello del mare.
Grande Barriera Corallina: non è il mare che uccide i coralli… o almeno, non da solo.
Il fulcro della scoperta? Il reef preistorico (noto come Reef 4) non fu distrutto solo dall’innalzamento rapido dei mari avvenuto circa 10.000 anni fa; piuttosto, la sua scomparsa fu il risultato di una combo letale: acque più calde, qualità dell’acqua compromessa e altri stress ambientali e lo stesso tipo di combinazione che oggi sta minacciando il reef moderno.

“Una barriera sana può adattarsi perfino a un rapido innalzamento del mare. Ma se ci sommiamo inquinamento, riscaldamento globale e altri fattori, il sistema collassa”, afferma Webster.
Cosa ci dice la geologia (meglio di una sfera di cristallo)
I ricercatori hanno focalizzato l’attenzione su un periodo geologico noto come Meltwater Pulse 1B (tra 11.450 e 11.100 anni fa), durante il quale si pensava che i mari crescessero di ben 40 mm l’anno. Tuttavia, i nuovi dati raccolti mostrano che l’aumento reale era tra i 3 e i 5 mm annui e curiosamente simile a quanto stiamo registrando oggi con i moderni strumenti satellitari.
Per ottenere questi dati, sono state analizzate carote lunghe fino a 20 metri contenenti resti di coralli, alghe e sedimenti (una sorta di scatola nera del reef) prelevate grazie a missioni internazionali del programma IODP (International Ocean Discovery Program), a cui partecipano 21 paesi.
Tecnologia, paleoclima e un futuro da riscrivere
L’importanza di questo studio va ben oltre la paleontologia marina. Le tecnologie di perforazione oceanica e datazione radiometrica utilizzate permettono di costruire modelli previsionali realistici sul comportamento degli ecosistemi marini rispetto ai cambiamenti climatici in atto.

In un certo senso, queste “fotografie geologiche” servono da simulazioni naturali per immaginare il futuro dei nostri mari; il quadro non è assolutamente rassicurante: il rischio non è che la Grande Barriera Corallina sparisca nel nulla, ma che diventi qualcosa di diverso e meno variegato, più semplice e meno in grado di sostenere la biodiversità attuale, in breve un enorme problema per la biodiversità della Grande Barriera Corallina stessa.
Il futuro e la sopravvivenza dell’ecosistema della Grande Barriera Corallina
Se l’attuale trend climatico non si inverte, nei prossimi 50–100 anni potremmo ritrovarci con un reef del tutto trasformato: la sopravvivenza non è in discussione, ma la sua identità sì! Ed è proprio questo che dovrebbe preoccuparci: la perdita dell’equilibrio ecologico che rende la Grande Barriera Corallina uno dei sistemi più complessi e affascinanti del pianeta.
