Un nuovo studio ha portato alla luce un deposito fossile eccezionalmente ben conservato nel cuore del Grand Canyon, che potrebbe riscrivere parte della storia dell’evoluzione animale. I ricercatori hanno infatti trovato oltre 1.500 fossili risalenti a circa 500 milioni di anni fa, durante il periodo Cambriano: un’epoca cruciale in cui esplosero biodiversità e complessità biologica.
Una scoperta nella Bright Angel Formation
I fossili sono stati rinvenuti nella Bright Angel Formation, una formazione di scisti verdastri che si affacciano sul fiume Colorado e a quei tempi, gran parte del Nord America occidentale era coperta da un mare poco profondo e questa zona, oggi secca e arida, era un ecosistema marino pullulante di vita.

Tra le creature ritrovate:
- un verme priapulo (soprannominato “verme pene”) con una bocca retrattile e denti sorprendentemente complessi;
- crostacei simili ai gamberetti salini odierni (quelli di cui si nutrono i fenicotteri);
- e molluschi con denti smussati, perfetti per raschiare le superfici, un po’ come fanno oggi le lumache da giardino.
Evoluzione accelerata: una “corsa agli armamenti”
Secondo Giovanni Mussini, paleontologo dell’Università di Cambridge e autore principale dello studio, questi animali mostrano adattamenti evolutivi particolarmente avanzati per l’epoca.
Ciò suggerisce che la Bright Angel Formation fosse un habitat ricco di risorse, dove la selezione naturale favoriva tratti sempre più sofisticati. In parole povere: un’arena evolutiva dove “vinceva il più adattabile”, in una corsa tra predatori e prede sempre più specializzati.

“Alcuni ambienti sembrano essere stati veri e propri motori dell’innovazione evolutiva,” spiega Mussini. “E il Grand Canyon, nel Cambriano, potrebbe essere stato uno di questi.”
Diversità che sfida il Burgess Shale
Fino ad oggi, la maggior parte delle scoperte cambriane più famose veniva dal Burgess Shale, in Canada: un ambiente profondo e povero di ossigeno, che ha permesso una conservazione eccezionale dei fossili, ma il nuovo sito nel Grand Canyon racconta una storia diversa: un ecosistema più luminoso, ossigenato e dinamico, dove la vita prosperava vicino a estuari e delta che riversavano nutrienti nel mare.
Il team, nel 2023, ha percorso il canyon in gommone, fermandosi a raccogliere campioni da varie spiagge e tornati in laboratorio, hanno trattato le rocce con acidi e analizzato i residui al microscopio, portando alla luce specie mai viste prima e dettagli anatomici che non si pensavano possibili da conservare dopo mezzo miliardo di anni.
Ma è davvero una “culla dell’evoluzione”?
Non tutti gli scienziati sono d’accordo sul fatto che la Bright Angel Formation sia l’origine di queste innovazioni.
Secondo Karma Nanglu, paleontologo dell’Università della California a Riverside, servono dati da ambienti ancora più antichi per confermare l’ipotesi, ma Nanglu riconosce che i fossili trovati sono coerenti con l’idea di un’evoluzione rapida in ambienti superficiali e ricchi di luce.
E ora? Alla ricerca di tracce ancora più antiche
Mussini non ha intenzione di fermarsi. Il suo prossimo obiettivo è cercare fossili ancora più vecchi, magari precambriani, per verificare se alcune innovazioni biologiche siano ancora più antiche di quanto pensiamo.
“Il record geologico è ancora pieno di sorprese”, conclude. “E non l’abbiamo nemmeno scalfito.”