C’era un tempo in cui “cerca su internet” voleva dire una cosa sola: Google it. Ora quel tempo vacilla. Perché nel 2025, ChatGPT sta gestendo 2,5 miliardi di richieste al giorno. Solo negli Stati Uniti, parliamo di 330 milioni di query giornaliere. E sì, hai letto bene: è circa un sesto del traffico quotidiano globale di Google.
Mentre Sam Altman, CEO di OpenAI, gira per Washington rassicurando politici e investitori sull’etica e la democratizzazione dell’AI, la realtà è chiara: la sfida è aperta, e Google non è più intoccabile.
ChatGPT vs Google: cambiamento silenzioso, impatto enorme

Per decenni abbiamo usato Google per tutto: ricerche, notizie, acquisti, “come si scrive gnocchi”, “quanto vive una tartaruga”. Ma qualcosa sta cambiando. Oggi, sempre più utenti si rivolgono direttamente a ChatGPT, non solo per trovare informazioni ma per ottenere risposte già elaborate, filtrate, personalizzate.
Un report di Rand Fishkin (Datos) rivela che l’americano medio ha fatto 126 ricerche uniche su Google al mese nel 2024. Ma un numero crescente di utenti sta saltando del tutto il passaggio “cerco e clicco”, preferendo un’interazione conversazionale con un’AI.
E Google? Corre ai ripari con il suo Search Generative Experience, un motore AI integrato nella ricerca classica. Ha anche aggiunto un tab “Web” per i nostalgici dei vecchi link blu.
Perché questo fa tremare Google
Il 57% delle entrate totali di Google nel 2024 è venuto dalla pubblicità sulle ricerche: 175 miliardi di dollari su un totale di 307. E se le persone iniziano a chiedere direttamente all’AI, saltando link e clic, quel modello crolla.
Ci sono due pericoli principali:
- Cannibalizzazione interna: più risposte AI, meno clic su pubblicità.
- Perdita di leadership: inseguire OpenAI può far sembrare Google un follower, non un innovatore.
E cosa ci guadagna (o rischia) OpenAI?

Altman non parla solo di tecnologia. Parla di equità economica. Vuole un’AI che migliori la produttività di tutti, accessibile come l’acqua del rubinetto: “un cervello per il mondo, troppo economico per essere misurato”.
Ma c’è un lato oscuro. Se l’AI diventa lo standard per accedere all’informazione, chi controlla l’AI controlla l’internet. E questo vale per utenti, imprese e intere società.
Cosa cambia per te
- Utenti: potrai ottenere risposte più rapide, complete, ma con meno fonti, meno link, meno varietà di prospettive. Il web rischia di diventare una scatola nera: tu chiedi, lei risponde. E stop.
- Content creator e business: addio SEO tradizionale. I contenuti vengono letti, riassunti, decontestualizzati. Senza garanzie di visibilità o attribuzione.
- Società nel complesso: Altman parla di “democratizzazione”, ma la concentrazione del potere informativo e tecnologico in pochi attori è già una realtà. E cresce.
Il futuro della ricerca online: siamo all’inizio di una rivoluzione?
Fishkin resta cauto: Google è ancora dominante. Ma se ChatGPT oggi gestisce un sesto delle query globali, cosa succederà quando sarà integrato in ogni telefono, auto o assistente vocale?
Siamo davanti al più grande cambiamento nelle abitudini online dai tempi dello smartphone. E non si tratta più solo di scegliere “quale motore di ricerca usare”. Si tratta di decidere se vogliamo un web aperto, distribuito, basato su link e fonti, oppure un mondo dove poche AI decidono cosa sappiamo e come lo sappiamo.
Google non sparirà, ma il suo trono non è più sicuro. La guerra per il futuro della conoscenza è cominciata.
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