Gli scienziati dell’Università del Surrey hanno portato avanti un progetto durato sette anni che riguarda il glioblastoma multiforme e lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per un tumore cerebrale tra i più ostici.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica BMC Cancer.
Glioblastoma multiforme: qualche dettaglio sul nuovo studio
In uno studio peer-reviewed, il team di esperti dell’Università del Surrey hanno rivelato che una catena corta di aminoacidi (il peptide HTL-001) è efficace nel prendere di mira e inibire la funzione di una famiglia di geni responsabili della crescita di glioblastoma multiforme— Geni Hox . Lo studio è stato condotto su modelli cellulari e animali. Il peptide HTL-001 utilizzato nello studio è stato sottoposto a test di sicurezza ed è adatto per le prove sui pazienti. Questi studi sono stati presi in considerazione nel GBM e in altri tumori.
Hardev Pandha, capo del progetto Professore di oncologia medica presso l’Università del Surrey, ha dichiarato: “Le persone che soffrono di Glioblastoma Multiforme hanno un tasso di sopravvivenza del cinque per cento in un periodo di cinque anni, una cifra che non è migliorata da decenni. Anche se siamo ancora all’inizio del processo, il nostro progetto di sette anni offre un barlume di speranza per trovare una soluzione alla disregolazione del gene Hox, che è associata alla crescita del glioblastoma multiforme e di altri tumori, e che si è rivelata un obiettivo sfuggente per così tanti anni”.
Paradossalmente, i geni Hox sono responsabili della crescita sana del tessuto cerebrale ma normalmente vengono silenziati alla nascita dopo una vigorosa attività nell’embrione in crescita. Tuttavia, se vengono nuovamente “accesi” in modo inappropriato, la loro attività può portare alla progressione del cancro. La disregolazione del gene Hox è stata a lungo riconosciuta nel GBM.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con le università di Surrey, Leeds e Texas, e HOX Therapeutics, una start-up dell’Università del Surrey con sede nel Surrey Research Park dell’Università.
La professoressa Susan Short, coautrice dello studio dell’Università di Leeds, ha dichiarato: “Abbiamo un disperato bisogno di nuove vie di trattamento per questi tumori cerebrali aggressivi. Il targeting di geni dello sviluppo come i geni HOX che sono attivati in modo anomalo nelle cellule tumorali potrebbe essere un modo nuovo ed efficace per fermare la crescita dei glioblastomi e diventare pericolosi per la vita”.
James Culverwell, CEO di HOX Therapeutics, ha dichiarato: “HOX Therapeutics è entusiasta di essere associata a questo progetto e speriamo che con il nostro continuo supporto, questa ricerca porterà a trattamenti nuovi ed efficaci sia per il cervello che per altri tumori in cui la sovraespressione del gene HOX è un chiaro obiettivo terapeutico”.
Il glioblastoma multiforme
è il tumore maligno più comune tra le neoplasie cerebrali con incidenza globale di circa 3-4 casi su 100.000 persone per anno. Più frequente negli uomini che nelle donne, esso insorge prevalentemente nella fascia d’età compresa tra i 55 e i 75 anni, senza particolare distribuzione territoriale ma con maggiore incidenza nella popolazione caucasica rispetto alle popolazioni africane o asiatiche.
Il glioblastoma multiforme (GBM) è stato definito dall’OMS 2021 come un glioma astrocitico diffuso senza mutazioni nei geni IDH o nei geni dell’istone H3. Si tratta del tumore cerebrale primario più comune negli esseri umani. Come altri astrocitomi, il GBM ha origine dagli astrociti, un tipo di cellule gliali che non sono neuronali e funzionano per fornire supporto strutturale e biochimico alla rete neuronale del cervello.
Il GBM continua ad essere una patologia con alcuni dei più alti bisogni insoddisfatti in oncologia, con pazienti che hanno una sopravvivenza globale (OS) mediana compresa tra uno e due anni. La mancanza di terapie è principalmente dovuta all’incapacità dei farmaci di penetrare la barriera ematoencefalica (BBB).
Tra i fattori di rischio accertati dalla scienza c’è l’esposizione a radiazioni ionizzanti tipica della permanenza in aree interessate da incidenti nucleari o ai trattamenti radioterapici. Altri fattori causa di dibattito nella comunità scientifica interessano l’esposizione ad alcuni pesticidi e/o sostanze chimiche utilizzate nell’industria (es. cloruro di vinile), ma non si osserva una maggiore incidenza di tale neoplasia in specifiche categorie professionali e non sono stati raggiunti dimostrazioni conclusive al riguardo. Può invece riguardare potenzialmente ognuno di noi, l’esposizione prolungata ai campi magnetici generata dai telefoni cellulari.
L’inquinamento elettromagnetico che caratterizza in modo crescente la nostra società, dovrebbe essere valutato con attenzione ed essere al centro di adeguate campagne di sensibilizzazione, come peraltro riconosciuto da recenti sentenze della magistratura al riguardo. Infine, una predisposizione genetica è stata osservata in una minoranza dei casi (5-10%), specie in associazione alle neurofibromatosi, alla sclerosi tuberosa o alla sindrome di Li-Fraumeni
Stefano Indraccolo dello IOV di Padova ha dichiarato, riguardo 3 linee progettuali che interessano la ricerca: “La prima riguarda la caratterizzazione genetica di linee cellulari dei Pazienti degli IRCCS associati, una risorsa molto importante per la sperimentazione in vitro di farmaci targettizzati. La seconda si propone di approfondire le conoscenze sulla piccola sotto popolazione dei lungo sopravviventi – e sono solo il 5%”.
“Obiettivo del progetto comprendere se esistano precise caratteristiche genetiche o del microambiente del tumore, che si accompagnano a una lunga sopravvivenza. La terza progettuale – continua Indraccolo – presenta finalità di natura squisitamente clinico-assistenziale: grazie a uno sforzo congiunto è stato perfezionato un pannello (il cosiddetto gbm oncochip), costituito da una cinquantina di geni ad alto tasso di mutazione o amplificazione in questo tipo di tumore”.
“Il sequenziamento tramite tecnologia NGS dei campioni, ci consentirà di fornire ai colleghi clinici che ne faranno richiesta, un servizio di profilazione genetica del Glioblastoma, tutto sommato ancora poco caratterizzato da questo punto di vista. Tale profilazione può rappresentare il punto di partenza per il trattamento con farmaci innovativi a bersaglio molecolare di specifici sottogruppi di pazienti”, ha concluso lo scienziato.