Dopo aver parlato di Zodiac e di altri casi internazionali, nonché del caso italiano della strage di via Caravaggio, oggi si parlerà del caso Giorgiana Masi. Si tratta purtroppo di uno degli scheletri nell’armadio dei casi di delitti irrisolti italiani.
Il 12 maggio 1977 la diciannovenne Giorgiana (Giorgina) Masi venne uccisa a Roma durante una manifestazione dei Radicali; l’autore dello sparo non è mai stato individuato.
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Il “caso Masi” è un nodo storico e civile, ma è anche un banco di prova per metodi di verifica: fotografie iconiche, versioni ufficiali contraddette da immagini, perizie balistiche, lacune documentali, cronache televisive e radiofoniche.
Oggi, con archivi digitali e strumenti OSINT, possiamo ricostruire meglio il contesto e distinguere il sapere dal supporre.
I fatti essenziali (verificati)
Eravamo a Roma, il 12 maggio 1977, area ponte Garibaldi, piazza Belli, Trastevere. La manifestazione, legata anche alla raccolta firme per i referendum radicali e all’anniversario del referendum sul divorzio, si tiene nonostante un divieto generale di cortei in vigore a Roma dopo l’uccisione dell’agente Settimio Passamonti (21 aprile 1977).
La vittima, Giorgiana Masi è colpita alla schiena da un proiettile calibro .22 e muore poco dopo. Le indagini non identificheranno mai l’arma né l’autore del colpo.
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Si è parlato di presenza di agenti in borghese, ma l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga negò in TV la presenza di poliziotti armati in borghese. Le foto di Tano D’Amico immortalano invece uomini con pistole tra la folla, smentendo quel quadro. È uno dei punti cardine del caso.
Infine, le inchieste non individuano responsabilità penali: piste diverse (dall’“autonomia” al “fuoco di polizia”) non portano a una prova processualmente solida. Il caso resta irrisolto.
Il contesto: primavera ’77, ordine pubblico e diritti
La capitale, nelle settimane precedenti, è attraversata da scontri duri; il Viminale introduce un blocco delle manifestazioni; i Radicali decidono comunque per un sit-in. All’epoca, l’equilibrio tra diritto di riunione e gestione dell’ordine pubblico è materia incandescente: il 12 maggio diventerà un trauma generazionale e una frattura di fiducia tra cittadini e istituzioni.
Le immagini che cambiano la narrazione
Le fotografie sono il vero “documento digitale” ante litteram del caso. D’Amico ritrae uomini in abiti civili e armati tra i manifestanti; è una smentita oggettiva alla prima versione ministeriale e queste immagini sono oggi parte della memoria pubblica e mostrano quanto la prova visiva possa scontrarsi con dichiarazioni ufficiali.
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Lezione tecnica. Per leggere correttamente questo materiale:
- Geolocalizzare gli scatti (ponte, quinte architettoniche, segnaletica).
- Stabilire una linea temporale coerente (mettere in sequenza le foto con filmati TV e audio d’epoca).
- Confrontare angoli di ripresa per valutare linee di tiro possibili/improbabili.
- Incrociare con le perizie: calibro noto non significa necessariamente che l’arma sia nota.
Indagini, perizie e piste sul caso Giorgiana Masi
Riassumendo il caso Giorgiana Masi è costernato dai seguenti elementi.
- Balistica. È accertato il calibro .22; l’arma non viene trovata. Le perizie su .22 sequestrate in ambienti eversivi non portano all’identificazione dello sparatore.
- Agenti in borghese. La loro presenza è poi ammessa a posteriori in forme diverse; restano però zone d’ombra su catene di comando e regole d’ingaggio. Anche a distanza di anni, Cossiga rilascia frasi allusive (“la verità la sapevamo in quattro…”) senza mai formalizzare una versione definitiva.
- Piste alternative. Negli anni sono affiorate dichiarazioni non corroborate (es. piste neofasciste a posteriori): nessuna ha retto a un controllo probatorio. Questo aspetto è cruciale per separare memoria, ipotesi e fatto.
Cosa sappiamo e cosa non sappiamo (oggi)
Quello che sappiamo è che:
- Dove e quando è stata colpita;
- Che il colpo era di .22;
- Che c’erano agenti armati in borghese in quell’area;
- Che le indagini non hanno trovato l’autore materiale.
Ci sono però diversi punti dubbi che non sappiamo sul caso Giorgiana Masi e i seguenti elementi restano avvolti nel mistero:
- Chi abbia sparato e da dove esattamente;
- Quale arma sia stata usata;
- Quale catena decisionale abbia autorizzato (e con quali regole) l’impiego di agenti armati in borghese in quel contesto.
Dove stanno i documenti (utili anche per chi indaga “da casa”)
Tra riepiloghi storici affidabili e ricostruzioni puntuali con cronache, contesto politico e fonti bibliografiche, risulta difficile trovare documenti 100% affidabili.
Gli archivi pubblici digitali? La scheda del Ministero della Cultura – “Memoria” sintetizza i dati essenziali e rimanda a fondi archivistici (Flamigni, ICAR).
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Parlamento e atti. Documenti e proposte legate alle dichiarazioni di Cossiga e alla stagione dell’ordine pubblico.
Cronache RAI e podcast. Teche e approfondimenti audio-video (TG2 dell’epoca; “Ossi di Seppia”; “Altre Indagini” di Stefano Nazzi) per incastrare tempi e luoghi.
Testimonianze radicali. Lungo audio-archivio su Radio Radicale (registrazioni e commemorazioni).
Un caso “scuola” per l’OSINT: metodo in 6 passaggi
Per ricostruire con metodo OSINT il caso Giorgiana Masi bisognerebbe:
- Ricostruire la cronologia: allineare ora-per-ora foto, filmati, servizi TV, lanci d’agenzia, registrazioni radio.
- Georeferenziazione: mappa dei punti di scatto (ponte Garibaldi, piazza Belli, via Arenula) su cartografia storica e moderna.
- Analisi delle linee di tiro: compatibilità tra posizioni di reparti in divisa/borghese e traiettoria di un .22 a distanza urbana (senza inferenze oltre i dati).
- Cross-check versioni ufficiali: confrontare dichiarazioni politiche con evidenze visive (il caso Cossiga ⇄ foto D’Amico).
- Tracciamento delle armi: inventariare perizie note e verificare assenze/presenze di bossoli nelle cronache (assenza ≠ prova, ma vincolo per le ipotesi).
- Log dei “vuoti”: elencare ciò che manca (arma, postazione di tiro, testimoni decisivi) per non trasformare l’ipotesi in certezza.
Perchéil caso Giorgiana Masi importa ancora oggi
Il caso Giorgiana Masi è importante ancora oggi per le seguenti ragioni:
- Trasparenza e responsabilità. il cortocircuito tra versioni istituzionali e evidenza fotografica è un tema evergreen nell’era digitale: chi controlla i controllori quando l’informazione è documentata ma il processo non individua colpevoli?
- Memoria e verificabilità: senza archivi accessibili (pubblici e giornalistici) e senza competenze di verifica, la memoria collettiva diventa riscrivibile. Qui gli open data, le biblioteche digitali e le competenze OSINT sono parte della cittadinanza.
Conclusione
Il caso Giorgiana Masi resta irrisolto. Eppure, grazie agli archivi digitali e a un approccio evidence-based, oggi possiamo ricostruire con più rigore ciò che è certo e ciò che non lo è; è la differenza tra memoria e mitologia: la prima si fonda su fonti verificabili, la seconda colma i vuoti con narrazioni; per chi si occupa di tecnologia, media e diritti, il 12 maggio 1977 è un promemoria permanente: i dati contano, ma senza accesso, metodo e responsabilità non diventano mai giustizia