Le mutazioni in un gene correlato a HER2,spesso coinvolto nei carcinomi mammari e in una varietà di altre neoplasie maligne, possono purtroppo potenziare l’oncogenesi.
A rivelarlo è una nuova ricerca portata avanti dai ricercatori dell’UT Southwestern. I risultati dello studio potrebbero spiegare perché molti pazienti con mutazioni HER2 non rispondono agli inibitori che prendono di mira questo fattore cancerogeno e richiedono altri trattamenti.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cancer Cell.
Gene HER2: qual è il suo ruolo
“Nel campo dell’oncologia di precisione, in genere ci concentriamo sul targeting di un gene mutante con un farmaco“, afferma la principale autrice dello studio Ariella B. Hanker, Ph.D., assistente professore di medicina interna e membro del Comprehensive Cancer Center di Harold C. Simmons. “Questo studio ha dimostrato che in alcuni pazienti potrebbe essere necessario esaminare più di un gene mutante per trovare il miglior farmaco o combinazione di trattamenti”.
Il ruolo dell’HER2 è stato studiato per decenni da diversi scienziati, sia nel cancro al seno che per altri tipi di tumori. La proteina prodotta da questo gene è un recettore del fattore di crescita che quando attivato stimola le cellule a dividersi. In circa il 25% dei carcinomi mammari, le cellule tumorali trasportano copie extra di questo gene, causando la produzione di troppe proteine e portando le cellule a dividersi continuamente, un segno distintivo del cancro. Poiché questa aberrazione è così comune, il controllo della sua presenza è in genere una parte standard della diagnostica del cancro al seno.
Studi attuali hanno ipotizzato che in circa il 5% dei tumori al seno avanzati, il gene HER2 è mutato in modo da attivarlo, imitando gli effetti del trasporto di copie extra, come ha specificato Hanker. Gli studi clinici hanno dimostrato che i farmaci antitumorali che inibiscono la proteina HER2 mutante possono ridurre con successo i tumori. Tuttavia, i soggetti con ulteriori mutazioni in un gene correlato chiamato HER3 erano resistenti a questi trattamenti.
Per comprendere meglio questo fenomeno, Hanker, insieme al co-autore dello studio Carlos L. Arteaga, MD, professore di medicina interna e direttore del Simmons Cancer Center, e i loro colleghi hanno studiato come interagiscono le proteine HER2 e HER3 mutate.
La modellazione al computer ha mostrato che le mutazioni in entrambi i geni fanno sì che le proteine risultanti si leghino insieme più fortemente delle loro forme non mutanti, anche senza una molecola ausiliaria che di solito è necessaria affinché queste proteine lavorino insieme. Queste previsioni modellate si sono avverate quando gli scienziati hanno mescolato diverse proteine HER2 e HER3 in laboratorio. Quando i ricercatori hanno mutato solo HER2 in cellule mammarie sane, sono cresciute in sfere rotonde, una caratteristica chiave dei tumori. Ma quando hanno anche mutato HER3, queste sfere hanno sviluppato punte che hanno invaso la matrice circostante, un passo importante verso la metastasi.
“I pazienti portatori di mutazioni sia HER2 che HER3 probabilmente non saranno buoni candidati per i trattamenti con gli stessi inibitori HER2″, ha concluso Hanker. “Inibendo anche l’azione di HER3, possiamo fare qualche progresso contro questi tumori”.