Il Gatto di Schrödinger è un esperimento mentale che illustra come la meccanica quantistica porti a concetti paradossali a livello macroscopico. Un gatto è posto in una scatola con un dispositivo legato a un atomo radioattivo: se l’atomo decade, il gatto muore. Finché la scatola non viene aperta e il sistema non è osservato, l’atomo esiste in una sovrapposizione di stati (decaduto e non decaduto). Di conseguenza, il gatto è contemporaneamente vivo e morto. L’atto dell’osservazione provoca il collasso della funzione d’onda, costringendo l’atomo (e quindi il gatto) a uno stato definito e unico.

Il ponte tra il quantistico e il classico: svelare il mistero della realtà
Nel regno enigmatico della meccanica quantistica, gli oggetti manifestano la straordinaria capacità di esistere simultaneamente in molteplici stati, un fenomeno noto come sovrapposizione. Questa peculiarità rappresenta uno degli aspetti più affascinanti e al contempo sfuggenti della teoria quantistica; basti pensare a una particella capace di ruotare in diverse direzioni contemporaneamente finché non viene misurata. Tuttavia, al di fuori dei confini del laboratorio, l’universo quotidiano segue logiche differenti.
Pianeti, stelle e persino un gatto non si trovano in sovrapposizione di stati, ma obbediscono alle regole prevedibili della fisica classica, descritte magistralmente dalla teoria della relatività generale di Einstein. La grande questione che ha assillato gli scienziati per decenni è proprio questa: cosa determina la transizione dalle stranezze quantistiche al comportamento ordinato e classico che osserviamo?

Una risposta promettente a questo annoso interrogativo potrebbe arrivare da un team di ricerca guidato da Matteo Carlesso dell’Università di Trieste. Il loro recente studio propone una versione modificata della meccanica quantistica che consente all’universo di evolvere spontaneamente dalle incertezze quantistiche all’ordine classico. L’approccio innovativo introdotto da Carlesso e colleghi è quello del collasso autoindotto.
Diversamente dai modelli tradizionali, che richiedono un osservatore esterno per forzare un sistema a collassare in un singolo stato definito, questa nuova prospettiva suggerisce che i sistemi interagiscano intrinsecamente tra loro, stabilizzandosi spontaneamente in un unico risultato. Questo meccanismo di auto-collasso potrebbe finalmente spiegare come l’intero universo, pur in assenza di un osservatore esterno, sia giunto a conformarsi alle regole della fisica classica.
Gatto di Schrödinger: come la realtà diventa “reale”
Al centro dell’affascinante enigma che collega il mondo subatomico a quello macroscopico vi è il problema della misurazione quantistica. La meccanica quantistica, in sostanza, ci dice che le particelle possono esistere in una sovrapposizione di stati finché una misurazione non le “costringe” a stabilirsi in uno stato definito. Tuttavia, la teoria non chiarisce precisamente cosa costituisca un “misuratore”. Il fisico John Bell, riflettendo su questo paradosso, si interrogava su cosa qualificasse un sistema fisico per assumere il ruolo di misuratore.

Questo dilemma genera esperimenti mentali interessanti, come il celebre gatto di Schrödinger: un gatto, all’interno di una scatola sigillata, è teoricamente sia vivo che morto finché la scatola non viene aperta. Il suo destino, in questo scenario puramente concettuale, rimane incerto fino al momento dell’osservazione. Ma nella realtà che sperimentiamo, i gatti non vivono in tali stati ambigui. Dunque, la domanda fondamentale è: cosa interrompe questa sovrapposizione?
Matteo Carlesso e il suo team sostengono che la risposta a questa questione cruciale risieda nel modo in cui i sistemi quantistici si comportano quando scalano in dimensioni maggiori. Sebbene atomi e piccole particelle possano mantenere la loro sovrapposizione finché non misurati, i sistemi più grandi sembrano in grado di collassare spontaneamente. Per spiegare ciò, i ricercatori hanno rivisto la celebre equazione di Schrödinger – la base della meccanica quantistica – inserendo termini aggiuntivi. Questi nuovi elementi introducono casualità e autointerazione, meccanismi che provocano il collasso spontaneo della funzione d’onda.

Secondo questa teoria, più grande è il sistema, maggiore è la probabilità che il collasso avvenga rapidamente. Questo spiega in modo elegante perché entità macroscopiche come gli esseri umani, i pianeti e l’universo stesso non si manifestino in stati multipli. Come affermato da Carlesso, “Tali effetti sono più intensi quanto più grande è il sistema.” Con questo approccio innovativo, la distinzione netta tra ciò che misura e ciò che viene misurato si dissolve, suggerendo che tutto segua le medesime fondamentali regole di base.
Una nuova teoria sull’origine dell’Universo
Il team di ricerca si è concentrato sulle primissime fasi dell’universo, un’epoca in cui lo spazio e il tempo stessi avrebbero potuto esistere in una moltitudine di stati. Durante questo periodo iniziale, l’universo avrebbe potuto trovarsi in una sovrapposizione di diverse forme spazio-temporali. Oggi, invece, il cosmo si manifesta in modo classicamente definito, con uno spazio che segue leggi fluide e continue. I ricercatori ritengono che il loro modello del collasso autoindotto possa spiegare questa transizione fondamentale.
Il gruppo di Matteo Carlesso ha applicato la propria teoria a una versione semplificata dell’universo, nota come modello di Friedmann-Lemaître-Robertson-Walker (FLRW). Questo modello ipotizza che l’universo sia piatto, uniforme e simmetrico in ogni direzione, caratteristiche che si allineano con quanto osservato nel Fondo Cosmico a Microonde (CMB), la debole radiazione residua del Big Bang.

“Il nostro modello descrive un universo quantistico che alla fine collassa, diventando di fatto classico”, ha spiegato Carlesso. In questa nuova prospettiva, l’universo non necessita di un osservatore esterno per stabilizzarsi. Passa naturalmente da un’indeterminazione quantistica a una struttura classica. Questa trasformazione si sarebbe verificata prima dell’emissione della radiazione cosmica di fondo, che già mostra proprietà classiche.
Carlesso ha sottolineato che il modello non introduce nuovi comportamenti per l’universo post-CMB, ma offre una spiegazione di ciò che è accaduto prima, gettando le basi per comprendere come lo spazio-tempo si sia stabilizzato in uno stato classico a partire da una primordiale “nebbia” quantistica.
Introducendo il concetto di collasso spontaneo, i ricercatori offrono una soluzione innovativa al celebre paradosso del gatto di Schrödinger. Nella meccanica quantistica tradizionale, i sistemi rimangono in stati multipli finché non vengono osservati. Nel modello rivisto, invece, ogni sistema, indipendentemente dalla sua dimensione, collassa autonomamente nel tempo, eliminando la necessità di una misurazione esterna.

“Qualsiasi sistema si localizza spontaneamente in uno stato particolare”, ha affermato Carlesso. “Invece di avere un gatto vivo o morto, lo si trova vivo o morto”. La stessa logica si applica all’universo: anziché persistere in una mescolanza di diverse geometrie spazio-temporali, il cosmo è collassato in un’unica forma classica. Questo processo di collasso permette una previsione chiara: i sistemi di dimensioni maggiori collassano più frequentemente.
Sebbene le particelle subatomiche possano rimanere in sovrapposizione più a lungo, una volta che interagiscono con sistemi più grandi, assumono rapidamente valori definiti. Questo meccanismo può spiegare come le proprietà classiche emergano naturalmente, senza la necessità di ridefinire le leggi fondamentali della relatività generale.
Un ponte tra teoria ed esperimento
L’eleganza dell’idea del collasso spontaneo è innegabile, ma verificarne la validità rappresenta una sfida colossale. Gli effetti previsti da questo modello sono, infatti, incredibilmente minuti, specialmente quando si tratta di sistemi a livello atomico o molecolare. Per riuscire a rilevare queste sottili variazioni rispetto al comportamento quantistico standard, sono necessari esperimenti dotati di una sensibilità estrema.

Carlesso e il suo team stanno ora attivamente collaborando con fisici sperimentali per mettere alla prova le loro ipotesi. L’obiettivo di questi esperimenti è individuare anche le più piccole deviazioni dal normale comportamento quantistico. Se il modello si rivelasse corretto, anche minime discrepanze potrebbero fornire una conferma cruciale.
Se, invece, i risultati dovessero smentire le previsioni, ciò contribuirebbe comunque a stabilire i limiti entro cui la teoria quantistica può essere modificata. “Insieme ai collaboratori sperimentali, stiamo cercando di testare gli effetti delle modifiche dovute al collasso o di derivare limiti ai loro parametri”, ha affermato Carlesso, aggiungendo che “Questo equivale esattamente a testare i limiti della teoria quantistica”.
Sebbene il modello non predica nuovi eventi cosmici su larga scala, offre agli scienziati uno strumento potente per riflettere sul comportamento primordiale dell’universo. Nonostante non fornisca tutte le risposte, rappresenta un passo significativo verso l’ambizioso obiettivo di unire il mondo della teoria quantistica con quello classico che percepiamo.
Tra le varie teorie proposte, questa si distingue per offrire sia la soluzione a un profondo mistero scientifico sia un percorso chiaro per future scoperte. Se confermata, potrebbe finalmente spiegare come il mondo classico sia emerso da origini quantistiche e perché, nonostante le bizzarre regole che governano le particelle, entità macroscopiche come i gatti si trovino sempre in uno stato definito di vita o morte, mai in entrambi.

Al cuore della meccanica quantistica c’è l’equazione di Schrödinger, un’equazione fondamentale che descrive come lo stato quantistico di un sistema fisico cambi nel tempo. Essenzialmente, fornisce un metodo per prevedere il comportamento delle particelle a livello atomico e subatomico, fungendo da analogo alle leggi del moto di Newton per la meccanica classica.
L’equazione di Schrödinger descrive lo stato di un sistema attraverso una funzione d’onda (spesso indicata con la lettera greca ψ), che racchiude tutte le informazioni sul sistema, inclusi energia, quantità di moto e posizione delle particelle. Prevede come questa funzione d’onda si evolva nel tempo, fornendo indicazioni sul comportamento futuro del sistema quantistico.

È cruciale ricordare la natura probabilistica dei risultati: mentre l’equazione di Schrödinger fornisce un metodo deterministico per descrivere l’evoluzione della funzione d’onda, il risultato effettivo di una misurazione su un sistema quantistico è intrinsecamente probabilistico. Infatti, il quadrato della funzione d’onda fornisce la densità di probabilità di trovare una particella in una posizione specifica in un dato istante.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of High Energy Physics.