Il dibattito tra chi sostiene che i gatti debbano vivere esclusivamente in casa e chi invece ritiene fondamentale concedere loro l’accesso all’esterno è acceso e complesso. Entrambe le posizioni sono spesso sostenute con forza da proprietari, veterinari e studiosi del comportamento animale. Ma cosa dice la scienza? In questo articolo analizziamo i principali argomenti da entrambe le parti.

Gatti in casa o all’aperto? Analizziamo le motivazioni
La vita all’aperto
Chi sostiene che i gatti debbano poter uscire di casa fa appello principalmente al loro comportamento naturale ed evolutivo. I gatti sono predatori solitari, discendenti diretti del gatto selvatico africano (Felis lybica), un animale abituato a percorrere ampi territori, cacciare, arrampicarsi e interagire con l’ambiente. L’accesso all’esterno permette al gatto domestico di esprimere molti di questi comportamenti naturali: arrampicarsi, marcare il territorio, esplorare e cacciare.
Diversi studi supportano il fatto che l’arricchimento ambientale offerto dall’esterno può migliorare il benessere psicofisico del gatto. Un lavoro pubblicato sul Journal of Feline Medicine and Surgery (nel 2009) mostra che i gatti con accesso all’esterno tendono a manifestare meno comportamenti anomali o distruttivi in casa, come l’eccessivo leccamento o l’aggressività, potenzialmente legati a stress e noia. Insomma, un gatto più sereno e meno disastri in casa.
Tuttavia, i rischi associati alla vita all’aperto sono numerosi e ben documentati. In primis, i pericoli fisici: traffico automobilistico, predatori (cani, volpi in aree rurali), maltrattamenti da parte di esseri umani e ferite dovute a lotte con altri gatti. A questo si aggiunge l’esposizione a malattie infettive, come la FIV (immunodeficienza felina), la FeLV (leucemia felina) e la toxoplasmosi, trasmesse tramite contatti con altri animali o ingestione di prede infette.
Uno studio condotto nel Regno Unito ha mostrato che l’aspettativa di vita di un gatto libero di uscire è in media inferiore di 5-10 anni rispetto a quella di un gatto tenuto in casa. Anche la mortalità precoce per incidenti stradali o malattie infettive risulta significativamente più alta nei gatti “outdoor”.

E la vita in casa?
Dall’altro lato, i sostenitori della vita esclusivamente indoor per i gatti fanno leva su motivazioni legate alla salute e alla sicurezza dell’animale. In effetti, l’ambiente domestico protegge da quasi tutti i rischi sopra elencati e permette un maggiore controllo sulla dieta, sull’igiene e sulla profilassi sanitaria. In media, un gatto tenuto sempre in casa vive tra i 13 e i 17 anni, mentre uno che vive fuori raramente supera i 10. La differenza quindi non è poca se pensiamo al nostro migliore amico peloso che vorremmo vivesse per sempre con noi.
Inoltre, la domesticazione del gatto, avvenuta circa 9.000 anni fa, ha portato alcuni cambiamenti comportamentali. Anche se la genetica del gatto domestico resta molto simile a quella dei gatti selvatici, alcuni studiosi sottolineano che i gatti moderni si sono adattati alla vita con l’uomo, mostrando maggiore tolleranza alla vicinanza fisica e una minore necessità di cacciare per sopravvivere.
Critici della vita indoor, tuttavia, osservano che l’ambiente casalingo può risultare spesso povero di stimoli. La mancanza di attività, la sedentarietà e la sovralimentazione rendono i gatti domestici più inclini all’obesità, al diabete e a disturbi comportamentali.

La casa può essere un ambiente stimolante
Tuttavia, un ambiente domestico ben strutturato può offrire una quantità sorprendente di stimoli, spesso pari (se non superiori) a quelli dell’esterno, se costruito con consapevolezza. L’uso di giochi interattivi, anche automatizzati (come laser, palle motorizzate, distributori intelligenti di cibo), stimola la mente e l’istinto predatorio del gatto. Pareti attrezzate per l’arrampicata, tunnel, mensole a diverse altezze e tiragraffi multipli offrono uno sfogo fisico e riducono comportamenti indesiderati legati alla frustrazione.
Importante è anche il coinvolgimento del proprietario: un padrone che dedica anche solo 15-30 minuti al giorno per giocare attivamente con il proprio gatto (soprattutto al rientro dal lavoro, quando il gatto è spesso più attivo) può contribuire enormemente al suo equilibrio psicologico e alla relazione uomo-animale. I gatti non hanno bisogno di spazi infiniti, ma di stimoli vari e interazione.
Se un proprietario è disposto a fornire tutto ciò (arricchimento ambientale, stimoli mentali e gioco quotidiano) la vita interna non solo diventa adeguata, ma spesso rappresenta la scelta migliore, poiché unisce stimolazione costante e protezione da rischi esterni.

Cosa è meglio?
La scienza ci dice che non esiste una risposta univoca alla domanda se sia meglio tenere i gatti in casa o lasciarli uscire. Dal punto di vista evolutivo, il comportamento esplorativo del gatto supporta l’idea che l’accesso all’esterno soddisfi bisogni naturali. Tuttavia, i dati su mortalità, salute e sicurezza sono inequivocabili: la vita indoor, se ben gestita e arricchita, offre ai gatti una migliore aspettativa e qualità di vita.
La scelta finale dovrebbe dunque dipendere da una valutazione individuale del singolo gatto, dell’ambiente in cui vive e della disponibilità del proprietario a impegnarsi attivamente nel suo benessere. In fondo, prendersi cura di un gatto significa anche proteggerlo da se stesso, e offrirgli una vita degna della sua natura complessa e affascinante.