L’immunoterapia sta risultando efficace un diversi ambiti della ricerca medica e anche per quanto riguarda il diabete di tipo 1, una proteina chiamata GAD65 (decarbossilasi dell’acido glutammico). somministrata direttamente nei linfonodi dei pazienti, aiuta a preservare la produzione di insulina del corpo. A fare questa importante scoperta è stato un team di scienziati dell’ Università di Linköping, in Svezia.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Diabetes care.
Proteina GAD65: ecco come funziona
Nel momento in cui il sistema immunitario attacca le cellule che producono insulina, ci troviamo di fronte al diabete di tipo 1. La ricerca sta proprio lavorando sulla possibilità di rallentare o addirittura fermare questo attacco. Tra le strategie possibili, quella di iniettare una proteina che stimola una reazione delle cellule del sistema immunitario è la più accreditata. Nella fattispecie, una delle proteine contro le quali il sistema immunitario forma spesso anticorpi nel diabete di tipo 1 è nota come GAD65.
Johnny Ludvigsson, professore senior presso il Dipartimento di scienze biomediche e cliniche dell’Università di Linköping, ha dichiarato: “Studi hanno dimostrato che anche una produzione estremamente piccola di insulina nel corpo è altamente benefica per la salute del paziente. Le persone con diabete che producono una certa quantità di insulina naturalmente non sviluppano bassi livelli di zucchero nel sangue, ipoglicemia, così facilmente. Hanno anche un minor rischio di sviluppare la chetoacidosi potenzialmente letale, che può insorgere quando il livello di insulina è basso”.
Il Professor Ludvigsson ha coordinato DIAGNODE-2, una ricerca clinica di fase 2 in cui un team di esperti ha analizzato l’effetto delle iniezioni di GAD-allume (Diamyd) nei linfonodi di 109 giovani con diagnosi recente di diabete di tipo 1. La produzione naturale di insulina dei partecipanti è stata misurata all’inizio dello studio e di nuovo dopo 15 mesi. Sono state seguite anche altre misure di esito, come la variazione dei livelli di zucchero nel sangue a lungo termine (HbA1c) e la quantità di insulina supplementare che i soggetti interessati dovevano assumere ogni giorno.
Ricerche precedenti sull’immunoterapia applicata al diabete hanno suggerito che i fattori genetici sono importanti per misurare il modo in cui i pazienti rispondono al trattamento. Questa evidenza ha portato i ricercatori di DIAGNODE-2 a esaminare diverse varianti di quelli che sono noti come “geni HLA“. Questi geni codificano per proteine situate sulla superficie di alcune cellule e agiscono come detentori di proteine, esponendole alle cellule del sistema immunitario.
Se il frammento proteico esposto in questo modo proviene, ad esempio, da batteri, il sistema immunitario dovrebbe sviluppare anticorpi contro la proteina estranea. Tuttavia, il sistema immunitario a volte reagisce contro le sostanze proprie del corpo e alcuni tipi di HLA sono associati a un aumento del rischio di diabete di tipo 1. La variante HLA-DR3-DQ2 espone la proteina GAD65 alle cellule del sistema immunitario, e gli individui con questa variante spesso formano anticorpi contro GAD65 in una fase iniziale della malattia. Circa la metà dei partecipanti alla ricerca aveva la variante HLA-DR3-DQ2.
Per l’intero gruppo di soggetti volontari dello studio, non si è riscontrata alcuna differenza tra il trattamento e il placebo nel grado di conservazione della produzione di insulina. Tuttavia, l’allume GAD ha avuto un effetto positivo per il sottogruppo di pazienti che avevano la variante DR3-DQ2 dei geni HLA: “I pazienti del sottogruppo con geni HLA di tipo DR3-DQ2 non hanno perso la produzione di insulina così rapidamente come gli altri pazienti. Al contrario, non abbiamo visto alcun effetto significativo nei pazienti che non avevano questo tipo di HLA“, ha affermato Ludvigsson.
Durante lo studio non sono stati osservati effetti indesiderati che potrebbero essere correlati al trattamento con GAD-allume:
“Il trattamento con GAD-alum sembra essere un modo promettente, semplice e sicuro per preservare la produzione di insulina in circa la metà dei pazienti con diabete di tipo 1, quelli che hanno il giusto tipo di HLA. Questo è il motivo per cui non vediamo l’ora di eseguire studi più ampi e speriamo che portino a un farmaco in grado di modificare i progressi del diabete di tipo 1 “, ha specificato Ludvigsson.
Vogliamo quanto prima la cura anche per i paziente che ha il diabete 1 da tanti anni…grazieeee