La scoperta di fusaiole natufiane risalenti a 12.000 anni fa nel sito archeologico di Nahal-Ein Gev II in Israele rivela un capitolo affascinante e finora sconosciuto della storia dell’umanità. Questa scoperta, frutto delle ricerche condotte da Talia Yashuv e dal professor Leore Grosman dell’Università Ebraica di Gerusalemme, getta una nuova luce sulle innovazioni tecnologiche della cultura natufiana e sul loro passaggio da uno stile di vita di cacciatori-raccoglitori a quello di agricoltori.

Le fusaiole natufiane e la nascita dell’agricoltura
Le fusaiole, semplici strumenti a forma di disco con un foro centrale, erano utilizzate per filare le fibre in filato. Ruotando la fusaiola, si torceva la fibra, trasformandola in un filo continuo. Questa tecnologia, sebbene oggi possa apparire semplice, rappresentava un’innovazione significativa per le comunità natufiane. La capacità di filare la lana e il lino permetteva di produrre tessuti, creando indumenti più caldi e resistenti, e oggetti di uso quotidiano come corde e reti.
Per identificarle con certezza, i ricercatori hanno sviluppato un metodo innovativo basato su modelli digitali 3D. Analizzando la forma e le dimensioni delle pietre, e in particolare il foro centrale, sono riusciti a distinguerle da altri oggetti simili. La successiva sperimentazione, utilizzando repliche, ha confermato l’ipotesi, dimostrando che queste pietre erano effettivamente utilizzate per filare.
La scoperta ha importanti implicazioni per la comprensione della cultura natufiana e suggerisce che le comunità natufiane avevano già sviluppato una certa capacità di produzione tessile, un’abilità che sarebbe stata fondamentale per la successiva transizione verso uno stile di vita agricolo. Indumenti più caldi e resistenti avrebbero permesso ai natufiani di affrontare gli inverni più rigidi e di espandere le loro attività agricole.

La creazione delle fusaiole natufiane dimostra che i natufiani erano in grado di sviluppare tecnologie complesse, basate su una profonda comprensione delle proprietà dei materiali e dei principi meccanici. La presenza di tessuti e indumenti più elaborati potrebbe aver influenzato le relazioni sociali e le dinamiche di potere all’interno delle comunità natufiane.
La scoperta delle fusaiole natufiane ci ricorda che le radici della nostra civiltà affondano molto più profondamente di quanto si pensasse. Queste semplici pietre ci raccontano una storia di innovazione, ingegno e adattabilità, dimostrando che l’uomo, fin dalle origini, ha avuto la capacità di trasformare il mondo che lo circonda e apre nuove prospettive per la ricerca archeologica.
Le fusaiole natufiane e l’alba della tecnologia rotazionale
La scoperta di fusaiole risalenti a 12.000 anni fa nel sito archeologico di Nahal-Ein Gev II in Israele ha ridefinito la nostra comprensione delle origini della tecnologia. Questa scoperta, frutto delle ricerche condotte da Talia Yashuv e dal professor Leore Grosman dell’Università Ebraica di Gerusalemme, non solo getta una nuova luce sulle innovazioni tecnologiche della cultura natufiana, ma anticipa di millenni la comparsa di tecnologie basate sulla rotazione, come la ruota per il trasporto.
Semplici strumenti a forma di disco con un foro centrale, erano utilizzate per filare le fibre in filato. Ruotando la fusaiola, si torceva la fibra, trasformandola in un filo continuo. Come sottolinea il professor Grosman, “Queste pietre perforate natufiane sono in realtà le prime ruote per forma e funzione: un oggetto rotondo con un foro al centro collegato a un asse rotante”. Questa scoperta sposta indietro nel tempo di ben 4.000 anni la comparsa della tecnologia rotazionale, precedentemente associata alla ruota per il trasporto.
L’invenzione della fusaiola ha avuto un impatto profondo sulla vita dei natufiani. La capacità di produrre tessuti più resistenti e caldi ha permesso loro di affrontare climi più rigidi, espandere le loro attività agricole e migliorare la loro qualità di vita. Ma le implicazioni vanno oltre la semplice produzione di tessuti. L’utilizzo delle fusaiole natufiane ha segnato l’inizio di un percorso evolutivo che ha portato alla nascita di una moltitudine di altre tecnologie basate sulla rotazione, come il tornio da vasaio, la ruota del carro e, in tempi più recenti, le ruote idrauliche e i mulini a vento.

Il sito di Nahal Ein Gev II, con le sue strutture permanenti, le sepolture intonacate di calce e gli utensili diversificati, offre uno sguardo unico sulla fine della cultura natufiana e sulla transizione verso uno stile di vita più sedentario e agricolo. La scoperta delle fusaiole natufiane conferma l’ipotesi che le innovazioni tecnologiche siano state un motore fondamentale di questo processo di neolitizzazione.
Le fusaiole natufiane ci ricordano che le radici della nostra civiltà affondano molto più profondamente di quanto si pensasse. Queste semplici pietre ci raccontano una storia di ingegno, creatività e adattamento, dimostrando che l’uomo, fin dalle origini, ha avuto la capacità di trasformare il mondo che lo circonda. La scoperta delle fusaiole natufiane rappresenta una pietra miliare nella nostra comprensione delle origini della tecnologia. Questa piccola pietra, lavorata con cura dalle mani di un antico artigiano, ci racconta una storia affascinante di innovazione e di progresso, che continua a ispirare i ricercatori di tutto il mondo.
Come venivano realizzate le fusaiole natufiane?
Un mistero antico svelato
Le fusaiole, quei piccoli oggetti di pietra, osso o terracotta, forati al centro e utilizzati per la filatura, sono state rinvenute in numerosi siti archeologici, a testimonianza di un’antica pratica diffusa in molte culture. Ma come venivano realizzate queste piccole meraviglie tecnologiche? Quali strumenti e tecniche utilizzavano i nostri antenati per creare questi oggetti così essenziali per la produzione tessile?
La scelta del materiale per la realizzazione delle fusaiole natufiane variava a seconda della disponibilità locale e delle conoscenze tecniche delle diverse culture. Le pietre più comuni erano quelle dure e compatte, come il quarzo, il basalto o il calcare, in grado di resistere all’usura provocata dalla rotazione del fuso. Venivano selezionate pietre di dimensioni e forma adatte a essere lavorate e trasformate in fusaiole.
La lavorazione della pietra per realizzare una fusaiola richiedeva una serie di passaggi e una certa abilità manuale. Si sceglieva un ciottolo di forma arrotondata e dimensioni adatte. Il ciottolo veniva sbozzato, dandogli una forma più regolare e arrotondata, utilizzando percussori in pietra o osso. Questa era la fase più delicata e richiedeva strumenti specifici. Le tecniche di perforazione potevano variare a seconda dei materiali disponibili e delle conoscenze tecniche.

Si utilizzava un percussore in pietra o osso per colpire ripetutamente un punto della pietra fino a creare una piccola cavità. Successivamente, si inseriva un punteruolo di osso o di legno all’interno della cavità e si continuava a percuotere fino ad allargare il foro. Si utilizzavano abrasivi naturali, come sabbia o polvere di quarzo, per sfregare la pietra e creare un foro. Questa tecnica richiedeva molto tempo e pazienza.
In alcune culture, si utilizzavano tubi di osso o di bambù, riempiti di abrasivo, che venivano fatti ruotare sulla pietra per creare il foro. Questa tecnica, più sofisticata, prevedeva l’utilizzo di un arco che faceva ruotare un punteruolo contro la pietra. Una volta creato il foro, si procedeva alla lavorazione finale delle fusaiole natufiane, levigando le superfici e arrotondando gli spigoli.
Gli strumenti utilizzati per la realizzazione le fusaiole natufiane erano semplici ma efficaci. Strumenti in pietra o osso utilizzati per colpire la pietra e rimuovere materiale e affilati in osso o legno, utilizzati per allargare il foro. Sabbia, polvere di quarzo o altri materiali abrasivi naturali utilizzati per sfregare la pietra. Tubi in osso o bambù, riempiti di abrasivo, utilizzati per creare il foro.

La realizzazione delle fusaiole richiedeva una grande abilità manuale e una profonda conoscenza dei materiali. È probabile che questa conoscenza fosse tramandata di generazione in generazione all’interno delle comunità, diventando parte del patrimonio culturale di ciascun gruppo e rappresenta un esempio affascinante di come i nostri antenati, con strumenti semplici e materiali naturali, fossero in grado di creare oggetti funzionali e duraturi. Lo studio di queste antiche tecnologie ci permette di apprezzare l’ingegno e la creatività degli uomini del passato.
Lo studio è stato pubblicato su PLOS ONE.