Un trio di team internazionali è riuscito a fare qualcosa che fino a pochi anni fa sembrava impossibile: scattare foto agli atomi mentre si muovono nello spazio continuo. Niente più griglie fisse o simulazioni: ora possiamo davvero osservare come si comportano bosoni e fermioni, dal vivo.
È come passare da una foto sgranata in bassa risoluzione a una nitida in 4K. Solo che la foto, stavolta, è di un gas quantistico.
L’idea geniale: “congelare” gli atomi per fotografarli

Tre gruppi di ricerca – tra Stati Uniti e Francia – hanno usato tecniche simili per raggiungere un obiettivo ambizioso: osservare le correlazioni tra particelle quantistiche direttamente nello spazio continuo, non più sui nodi di un reticolo come si faceva prima.
Come ci sono riusciti? Seguendo una “ricetta” molto precisa:
- Hanno preparato un gas quantistico molto diluito all’interno di una trappola ottica (una sorta di pancake fatto di luce laser).
- Hanno “bloccato” il movimento degli atomi in due dimensioni applicando un campo laser molto intenso – in pratica, li hanno congelati al volo.
- Hanno rilevato la posizione degli atomi uno per uno grazie alla fluorescenza generata da un raffreddamento laser.
Il risultato? Un’istantanea della posizione degli atomi, così precisa da permettere il calcolo diretto delle funzioni di correlazione. E tutto questo con una risoluzione spaziale mai vista prima.
Fermioni: il “buco” previsto dalla meccanica quantistica
Il primo gruppo, guidato da Tarik Yefsah al Laboratoire Kastler Brossel di Parigi, ha lavorato su un gas bidimensionale di atomi di litio-6. Parliamo di fermioni non interagenti, quindi particelle che – per via del principio di esclusione di Pauli – non possono mai occupare la stessa posizione.
Grazie a una tecnica chiamata Raman sideband cooling, hanno catturato i segnali di fluorescenza degli atomi e li hanno trasformati in coordinate reali. E qui viene il bello: hanno misurato la funzione di correlazione a due punti (g2) nello spazio continuo, con una precisione del singolo punto percentuale.
Risultato? Un buco centrale, esattamente come previsto: quando due fermioni si avvicinano troppo, la correlazione crolla a zero. Man mano che la distanza aumenta, torna a uno. È la conferma sperimentale di ciò che i teorici dicevano da decenni, ma mai nessuno era riuscito a vedere con tanta chiarezza.
Secondo Tim de Jongh, primo autore dello studio (ora all’Università del Colorado), è la prima volta che si osserva la forma precisa di questa funzione in uno spazio non discretizzato. Ma c’è di più: il team ha misurato anche le correlazioni a tre corpi, e punta ad arrivare a ordini ancora più alti.
Bosoni: quando gli atomi si “accalcano”

Il secondo esperimento si è spostato al MIT, sotto la direzione di Wolfgang Ketterle, premio Nobel per la condensazione di Bose-Einstein. Stavolta i protagonisti erano circa 100 atomi di rubidio, confinati in una trappola piatta e raffreddati fino a sfiorare la temperatura critica per la BEC.
A differenza dei fermioni, i bosoni amano stare vicini. Quando il sistema è abbastanza freddo, le onde di de Broglie dei singoli atomi si sovrappongono, creando una situazione in cui più particelle occupano lo stesso stato quantico.
Ketterle e il suo team hanno misurato la seconda funzione di correlazione (g2) per osservare questo fenomeno. Sopra la temperatura critica (circa 54 nK), il sistema si comporta quasi come un gas classico, con g2 prossimo a 1. Ma scendendo a 6,4 nK, la funzione mostra il classico “bunching” dei bosoni: massimo a distanza zero, poi decrescente fino a 1.
Teoricamente, g2 dovrebbe toccare il valore 2. Ma l’esperimento ha mostrato un massimo di 1.3. Perché? A causa di due fattori: la risoluzione spaziale limitata e la parity projection. In parole povere, se due atomi si trovano nello stesso sito, il sistema li “vede” come assenti, falsando il conteggio. Una sfida tecnica interessante, ma che non toglie validità ai risultati.
Interazioni forti: bosoni, fermioni e coppie
Il terzo gruppo, sempre al MIT ma guidato da Martin Zwierlein, ha deciso di mischiare le carte: ha lavorato su una miscela di bosoni (sodio-23) e fermioni (litio-6). Risultato? Una foto in cui si vede chiaramente che i bosoni tendono a stare insieme, mentre i fermioni no. Nulla di sorprendente, ma finalmente visibile a occhio nudo.
Poi però il team ha fatto un passo in più. Ha aumentato l’interazione tra i fermioni fino a portare il sistema nel regime BCS – lo stesso alla base della superconduttività. Qui, le particelle si accoppiano in coppie di Cooper, e le funzioni di correlazione cambiano completamente volto: non c’è più bunching a corto raggio, ma una correlazione che si estende a grandi distanze.
Ruixiao Yao, dottorando e primo autore del paper, sottolinea un punto chiave: questi sistemi fortemente correlati sono difficilissimi da simulare con i computer classici. Ma grazie alla microscopia quantistica, ora possiamo studiarli direttamente. E usarli come piattaforme per la simulazione quantistica.
A cosa ci serve tutto questo?
Ottima domanda. La risposta breve: a capire come funziona davvero la materia, nei suoi stati più strani.
Questi esperimenti non servono solo a confermare teorie. Aprono la porta a:
- simulazioni di superconduttività ad alta temperatura
- esplorazione di nuovi stati quantistici della materia
- studio di sistemi fuori equilibrio, come i gas in espansione
- sviluppo di futuri computer quantistici basati su atomi freddi
In più, stiamo parlando di metodi universali, adattabili a ogni tipo di gas: bosonico, fermionico, misto, interagente o no.
Insomma, non è solo un bel ritratto quantistico: è un’enciclopedia visiva dell’interazione tra particelle, scattata in tempo reale.
Seguiranno altre “foto”?
Di sicuro. I ricercatori stanno già studiando come estendere queste tecniche a sistemi tridimensionali, e a gas ancora più densi o complessi. C’è anche l’idea di usare reticoli dinamici, che cambiano forma durante l’esperimento, per osservare transizioni di fase quantistiche al volo.
La sfida più grande sarà quella della risoluzione: serve migliorare ancora il modo in cui la fluorescenza viene raccolta, e gestire meglio le sovrapposizioni. Ma una cosa è certa: stiamo entrando in un’era in cui la meccanica quantistica smette di essere invisibile.
E comincia a farsi vedere, pixel dopo pixel.
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Fisici catturano “foto” di gas quantistici in spazio continuo: nuovi esperimenti rivelano la posizione reale di atomi bosonici e fermionici.
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