Un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature rivela qualcosa di sorprendente: il carbonio antico, intrappolato nei paesaggi terrestri per migliaia (se non milioni) di anni, può tornare in atmosfera sotto forma di CO₂, passando dai fiumi.

Sì, hai capito bene: non è solo l’inquinamento moderno a generare emissioni, ma anche la terra stessa, che da tempo immemore conserva “archivi” naturali di carbonio (come rocce, suoli profondi e paesaggi antichi) che oggi sembrano riattivarsi.
Le piante assorbono di più e senza che ce ne accorgiamo?
Secondo gli scienziati dell’Università di Bristol, dell’Università di Oxford e del UK Centre for Ecology and Hydrology, le piante e gli strati superficiali del suolo stanno assorbendo un gigatonnellata in più di CO₂ all’anno rispetto a quanto pensavamo, per bilanciare questo rilascio “fantasma” di carbonio antico.
Questo significa che la vegetazione terrestre ha un ruolo ancora più centrale nella lotta ai cambiamenti climatici. Non solo compensa le emissioni attuali, ma anche quelle che finora non avevamo nemmeno calcolato.
Il punto di svolta? Oltre 700 fiumi analizzati
Il team ha studiato più di 700 tratti fluviali in 26 paesi diversi, misurando i livelli di radiocarbonio (carbonio-14) in anidride carbonica e metano disciolti nei fiumi: il risultato? Circa il 60% del carbonio emesso dai fiumi non è recente, ma proviene da depositi molto antichi. Un flusso silenzioso che collega profondità geologiche e atmosfera, passando inosservato, perlomeno fino ad ora.

“Pensavamo che le emissioni fluviali fossero legate al riciclo della vegetazione recente. Invece, metà di esse ha origine da suoli profondi e rocce formatisi migliaia o milioni di anni fa”, spiega il prof. Bob Hilton dell’Università di Oxford.
Perché questo aspetto del carbonio nei fiumi è molto importante?
Ogni anno, i fiumi del mondo emettono circa 2 gigatonnellate di carbonio, un numero che da solo rappresenta oltre il 10% delle emissioni annuali generate dalle attività umane (stimate tra 10 e 15 gigatonnellate).

“Questi dati ci costringono a rivedere i modelli del ciclo globale del carbonio. Non possiamo più considerare certe riserve naturali come ‘stabili’”, sottolinea la dott.ssa Gemma Coxon, coautrice dello studio.
E ora?
Gli scienziati intendono ora approfondire due aspetti fondamentali:
- Come varia l’età del carbonio nei fiumi non inclusi nello studio.
- Se queste emissioni sono cambiate nel tempo — e se l’attività umana le sta accelerando.
Conclusione
Questo studio apre un nuovo capitolo nella comprensione del nostro impatto ambientale. Mentre continuiamo a puntare il dito sulle emissioni industriali (giustamente), dobbiamo anche guardare meglio i cicli naturali: la Terra non è solo vittima del cambiamento climatico… in parte lo sta anche alimentando, inconsapevolmente.
La buona notizia? Le piante sono dalla nostra parte, ma ora sappiamo che hanno molto più lavoro da fare di quanto credevamo.