Dopo aver trasformato Instacart da lusso per pochi a servizio mainstream, Fidji Simo ha un nuovo obiettivo ambizioso: trasformare l’intelligenza artificiale da privilegio per tech insider a strumento quotidiano per chiunque. Da pochi giorni è la nuova CEO della divisione Applications di OpenAI, e il suo messaggio è chiarissimo: o l’AI diventa un motore di equità, oppure aumenterà il divario sociale che prometteva di colmare.
L’intelligenza artificiale può essere un equalizzatore?
Secondo Simo, sì. Ma solo se costruita con intenzione, consapevolezza e accessibilità come principi base. Nel suo memo di nomina, pubblicato il 21 luglio, scrive:
“Ogni grande svolta tecnologica può ampliare l’accesso al potere. Ma può anche concentrare ulteriormente ricchezza e controllo nelle mani di pochi.”
Ecco quindi la missione: costruire tecnologie che non si limitino a innovare, ma che redistribuiscano possibilità.
Da Instacart all’AI: cambiare le abitudini, non solo i prodotti

Con Instacart, Simo ha fatto qualcosa di più che creare una piattaforma. Ha normalizzato un’abitudine che un tempo era riservata all’élite urbana. Ora, vuole fare lo stesso con l’AI: non solo renderla utile, ma integrarla nella vita reale di milioni di persone. Anche quelle che non hanno lauree, budget, o tempo da perdere in corsi di formazione.
Il suo obiettivo è creare applicazioni AI che diventino:
- Tutor personali su qualsiasi argomento
- Assistenti sanitari, capaci di tradurre referti medici e suggerire opzioni
- Coach economici, per gestire spese, risparmi, investimenti o lanciare un’attività
Tutto questo senza bisogno di un consulente da 300 euro l’ora.
Il rischio? L’AI per pochi privilegiati
La sfida non è tecnica. È sociale. Perché la promessa di democratizzare l’accesso è spesso frenata da abbonamenti premium, paywall, e piattaforme chiuse. E c’è un altro punto caldo: l’AI potrebbe anche eliminare posti di lavoro più velocemente di quanto ne crei, aggravando il problema che dice di voler risolvere.
Se OpenAI sceglierà un modello di business esclusivo, selettivo e costoso, tutta la retorica sulla parità d’accesso cadrà nel vuoto.
Il vero nodo: chi controlla il futuro della conoscenza?
Nel mondo di Simo, l’AI non è un gadget. È un ponte verso opportunità migliori: scuola, salute, impresa. Ma se sarà solo chi può pagare ad avere accesso all’AI “intelligente”, allora stiamo solo creando una nuova élite.
- I ricchi avranno AI che ottimizza il loro tempo, la loro dieta, la loro formazione
- Gli altri avranno risposte generiche e assistenti depotenziati
Ecco perché il ruolo di Fidji Simo è centrale: sta letteralmente cercando di decidere se l’AI del futuro sarà un diritto o un servizio a pagamento.
L’alternativa? Un’AI al servizio dei tanti
Se il progetto di Simo funziona, OpenAI potrebbe diventare il grande equalizzatore del XXI secolo. Ma se fallisce, rischia di diventare l’ennesimo simbolo di disuguaglianza tecnologica. Un nuovo Gilded Age in cui i ricchi non solo avranno più risorse, ma saranno anche più veloci, informati e inarrestabili grazie all’AI.
Tocca a lei, ora, dimostrare che l’intelligenza artificiale può essere davvero intelligente per tutti.
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