Sembra fantascienza, ma è scienza pura: alcuni alberi di fico riescono a trasformare parte di sé in pietra per immagazzinare CO₂ atmosferica. Una nuova ricerca internazionale e condotta da scienziati di Kenya, Stati Uniti, Austria e Svizzera, ha scoperto che queste piante possono convertire l’anidride carbonica in carbonato di calcio, lo stesso minerale del calcare, e conservarlo sia nel legno che nel suolo circostante.

Il lavoro è stato presentato in questi giorni alla prestigiosa conferenza Goldschmidt 2025, uno degli eventi più importanti al mondo dedicati alla geochimica, in corso a Praga dal 6 all’11 luglio.
Una via biochimica poco esplorata: dall’ossolato al carbonato
Tutti gli alberi, grazie alla fotosintesi, catturano CO₂ e la trasformano in carbonio organico, costruendo così tronchi, rami, foglie e radici, tuttavia alcune specie fanno qualcosa in più: producono cristalli di ossalato di calcio e quando questi cristalli si decompongono (con l’aiuto di batteri o funghi) si trasformano in carbonato di calcio, un composto minerale stabile e durevole.
Questa reazione, chiamata ossalato-carbonato pathway, non solo abbassa la concentrazione di CO₂ atmosferica, ma alcalinizza il terreno e migliora l’assorbimento di nutrienti, rendendo il tutto ancora più interessante per l’agricoltura sostenibile.
Piccola curiosità: il carbonato di calcio è molto più stabile nel tempo rispetto al carbonio organico. Tradotto: una “batteria” naturale per CO₂ a lunga durata.
Fico + CO₂ = combo vincente (almeno in Kenya)
Il team guidato dal Dr. Mike Rowley dell’Università di Zurigo ha studiato tre specie di ficus nella contea di Samburu (Kenya), in collaborazione con il Lawrence Berkeley National Laboratory e altre istituzioni accademiche.

Utilizzando tecnologie d’avanguardia come la radiografia a sincrotrone presso lo Stanford Synchrotron Radiation Lightsource, i ricercatori hanno trovato depositi di carbonato di calcio sia all’esterno che all’interno del tronco e non è solo un processo superficiale: il sequestro avviene in profondità nel legno.
Tra le specie analizzate, la più efficace è risultata essere la Ficus wakefieldii, in grado di immagazzinare attivamente CO₂ in forma minerale.
Qual è, dunque, il prossimo passo? Valutare se questo fico sia adatto per l’agroforestazione, misurando parametri come consumo d’acqua, resa di frutti e capacità di sequestro in ambienti diversi.
Il lato “tecnologico” della natura (e del fico)
Finora, la via ossalato-carbonato è stata studiata soprattutto in foreste tropicali e su alberi non da frutto, come il famoso Iroko (Milicia excelsa), già noto per la sua capacità di stoccare fino a una tonnellata di carbonato di calcio durante la propria vita.

Ma il nuovo studio apre prospettive più ampie: se alberi da frutto come il fico possono svolgere questo ruolo, potremmo selezionarli per riforestazioni mirate, unendo produttività agricola e sostenibilità ambientale.
“La via ossalato-carbonato potrebbe essere una risorsa sottovalutata ma potente per la mitigazione delle emissioni di CO₂, specialmente nei progetti di riforestazione o agricoltura rigenerativa”, ha dichiarato il Dr. Rowley.
In sintesi: cosa ci dice la ricerca
Riassumendo:
- Alcuni alberi di fico possono trasformare la CO₂ in carbonato di calcio, “pietrificandosi” in parte.
- Questo processo li rende ottimi candidati per l’agroforestazione sostenibile.
- Il carbonio immagazzinato come minerale è molto più stabile di quello organico.
- La via ossalato-carbonato è ancora poco studiata, ma potrebbe diventare uno strumento concreto contro la crisi climatica.