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RubricheAutomative

Felix Wankel: quasi 100 anni di motore rotativo

Come l’invenzione di un autodidatta tedesco rivoluzionò auto, moto, aviazione e nautica, lasciando un segno indelebile nella storia

Giorgio Alberto Tarantino 5 ore fa Commenta! 7
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Ieri era un memoriale importante, il 13 agosto 1902, in un tranquillo angolo della Foresta Nera — Lahr, per la precisione — veniva al mondo Felix Wankel, ben lontano dall’immaginare che un giorno avrebbe rivoluzionato la meccanica.

Felix Wankel era un tipo tutto sommato autodidatta, costretto a lasciare la scuola nel 1921 senza nessun titolo (Abitur, come si direbbe in Germania), si arrangiò come compratore in una tipografia di Heidelberg fino al 1926, mentre di nascosto, in un capanno nel retro della casa, e con l’aiuto di qualche amico, si divertiva a giocare all’ingegnere: un’officina improvvisata dove iniziò a prestare fede a un sogno che aveva.

Felix wankel: quasi 100 anni di motore rotativo

La parte più gustosa? Nel 1924 brevettò quella sua idea meccanica — il motore rotativo — e nel 1929 vinse il primo brevetto vero, ma durante la Seconda guerra mondiale, lavorò — suo malgrado o con piacere; la faccenda è sfocata — su tenute e valvole rotative per aerei e siluri tedeschi, dopodiché finì pure in una prigione francese, e la sua officina venne smantellata.

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Poi, miracolosamente, grazie a fondi di una ditta privata (Goetze AG), nel 1951 poté riprendere i suoi esperimenti nella sua casa di Lindau, sul lago di Costanza.

Nel 1957 Felix Wankel finalmente vide il suo primo prototipo in funzione, un “DKM54” da 21 cavalli che ruotava tutto — abitacolo compreso — con esiti tutto sommato modesti e magari pure esageratamente sperimentali. Il primo vero annuncio pubblico arrivò nel gennaio 1960 al Deutsches Museum di Monaco; nello stesso anno NSU montò il motore sulla KKM 250 in una Prinz modificata.

Da lì in poi, la macchina ruotò: nel 1963 l’NSU Wankel-Spider fece il suo debutto, e nel 1967 il Ro 80 — capolavoro di design e tecnologia — vinse addirittura il titolo di Auto dell’Anno nel 1968, e se pensi ai veri virtuosi della cosa, non puoi non nominare Mazda, che perfezionò i difetti del motore (tipo i famosi chatter marks) e lo usò con ragion d’essere nelle sue RX-series (Cosmo 1967, R100 1968, RX-7 di gran lunga più tardi, e RX-8 fino al 2012).

Felix Wankel, il genio del motore rotativo

Se c’è un aspetto che rende Felix Wankel una figura irripetibile è la sua capacità di immaginare una meccanica diversa, in un’epoca in cui l’idea stessa di un motore alternativo al pistone tradizionale sembrava quasi eresia.

Non si trattava solo di inventare un oggetto, ma di reinventare un concetto radicato, ed in questo senso, il motore rotativo — o “motore Wankel”, come si è poi imposto — è stato qualcosa di più di una soluzione tecnica: era la dimostrazione che un’idea audace, portata avanti con ostinazione quasi maniacale, poteva imporsi sul panorama industriale globale, almeno per un periodo.

Felix wankel: quasi 100 anni di motore rotativo

Il genio di Felix Wankel non stava solo nel concepire una geometria nuova, ma nel tradurla in un sistema funzionante, chiunque abbia visto uno schema del suo motore capisce subito la differenza rispetto a un tradizionale quattro tempi: niente pistoni che si muovono su e giù, niente biella-manovella, ma un rotore triangolare che gira all’interno di una camera ovale, compiendo aspirazione, compressione, combustione e scarico in un moto continuo.

Tutto questo, con una compattezza e una leggerezza che per l’industria automobilistica degli anni ’50 e ’60 erano una manna.

La fluidità di funzionamento, l’assenza di vibrazioni tipiche dei pistoni e la possibilità di ottenere potenze elevate con cilindrate ridotte facevano del Wankel un sogno per molti costruttori, ed è per questo che, a partire dagli anni ’60, marchi come NSU, Mazda, Citroën, Mercedes e addirittura case motociclistiche decisero di investire in licenze e sviluppo.

Il fascino del motore realizzato da Felix Wankel non era solo tecnico, ma anche commerciale, ovvero offrire un motore “diverso” diventava un segno distintivo, un’attrazione per clienti curiosi e mercati competitivi.

Il vero lascito di Felix Wankel non si misura però solo nelle automobili, il suo principio rotativo ha trovato applicazioni anche nella nautica, nell’aviazione leggera e persino in campi militari e industriali.

Nei motori per aerei ultraleggeri, ad esempio, il Wankel ha offerto un compromesso ideale tra potenza, peso e affidabilità; in campo nautico, la sua compattezza ha permesso di progettare propulsori silenziosi e meno ingombranti; in alcuni contesti militari, la ridotta rumorosità e la capacità di funzionare a regimi elevati lo hanno reso interessante per veicoli e generatori specializzati.

Certo, il Wankel non è stato privo di problemi, le perdite ai segmenti di tenuta del rotore, la maggiore sensibilità all’usura e un consumo di carburante superiore ai motori a pistoni ne hanno frenato la diffusione di massa, ma qui sta il punto: queste difficoltà non cancellano l’audacia dell’idea, anzi, la rendono ancora più significativa.

Felix Wankel aveva osato laddove molti avrebbero liquidato la faccenda come impraticabile, aveva immaginato un’alternativa vera, capace di resistere decenni e, in alcuni settori, di rimanere ancora oggi un’opzione valida.

Felix wankel

Oltre alla pura tecnica, c’è anche un impatto culturale, il nome “Wankel” è diventato sinonimo di innovazione, di pensiero fuori dagli schemi, nei circoli di appassionati d’auto e moto, possedere un veicolo con motore rotativo non è solo una scelta meccanica, ma un’affermazione di identità.

In Giappone, Mazda ha trasformato il Wankel in un simbolo aziendale, spingendolo fino alla vittoria alla 24 Ore di Le Mans nel 1991 con la leggendaria 787B: un trionfo tecnico e un tributo diretto al genio tedesco.

In definitiva, quello che Felix Wankel ha “portato al mondo” non è soltanto un motore, ma una lezione: la meccanica può evolvere in direzioni inaspettate se c’è qualcuno abbastanza ostinato da ignorare la via più comoda, ed il Wankel, ha dimostrato che si può sfidare la convenzione e, per un certo tempo, vincere.

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