Il fegato è uno degli organi più affascinanti del corpo umano: può rigenerarsi da solo anche dopo un danno serio o una rimozione parziale. Ma in chi ha sofferto di malattia epatica da alcol, questo superpotere svanisce. E la cosa più inquietante? Anche dopo aver smesso di bere.

Un nuovo studio condotto dall’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, in collaborazione con Duke University e il Chan Zuckerberg Biohub di Chicago, ha scoperto il meccanismo nascosto che blocca questa rigenerazione. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications e potrebbe aprire la strada a nuove terapie.
Il mistero delle cellule “bloccate a metà”
Nei pazienti con epatite alcolica o cirrosi, le cellule del fegato iniziano a rigenerarsi… ma non completano mai il processo. Restano bloccate in una specie di limbo biologico: non sono più cellule adulte funzionanti, ma neanche cellule giovani pronte a moltiplicarsi. Il risultato? Il fegato non riesce più a fare il suo lavoro e il danno peggiora.
Il colpevole è un errore nel “codice genetico esecutivo”
La colpa non è del DNA in sé, ma del modo in cui le istruzioni genetiche (RNA) vengono “tagliate e cucite” per creare le proteine; questo processo si chiama splicing, ed è fondamentale perché le proteine funzionino nel posto giusto, al momento giusto.

Il team ha scoperto che, nei fegati danneggiati dall’alcol, migliaia di RNA vengono splicati nel modo sbagliato, a causa della mancanza di una proteina chiamata ESRP2 e senza questa, il fegato non sa più dove mandare le proteine giuste: alcune restano nel citoplasma quando dovrebbero andare nel nucleo, e così la rigenerazione si blocca.
Conferme su topi e cellule: la pista è solida
Per verificare la scoperta, gli scienziati hanno studiato topi privi del gene ESRP2. Risultato? Stessi danni e stessa incapacità di rigenerarsi.
E c’è di più: hanno anche visto che le cellule immunitarie attivate dall’alcol rilasciano molecole infiammatorie che bloccano ESRP2, ma usando un farmaco sperimentale per interrompere questa infiammazione, le cellule hanno ripreso a funzionare e a splicare correttamente l’RNA.
Un passo verso nuove terapie (forse anche diagnosi)
Il sogno è ambizioso: usare questi RNA “splicati male” come biomarcatori per la diagnosi precoce e, un giorno, correggere lo splicing per permettere al fegato di rigenerarsi anche nei pazienti gravi. Fino ad oggi, l’unica vera opzione era il trapianto: questa ricerca potrebbe cambiare le regole del gioco.

“Se riusciamo a correggere questi errori nell’RNA, forse potremo aiutare davvero i pazienti con fegato danneggiato. È un punto di partenza per nuove cure,” ha detto il prof. Auinash Kalsotra, uno degli autori principali.
Chi ha partecipato
Oltre ai ricercatori dell’Università dell’Illinois, hanno collaborato scienziati e studenti della Duke University, della Johns Hopkins School of Medicine, della Northwestern University e del Chan Zuckerberg Biohub Chicago.

Lo studio è stato finanziato dal National Institutes of Health (NIH), dal Duke Endowment, dalla Muscular Dystrophy Association e dal Chan-Zuckerberg Biohub.
Perché ci riguarda tutti?
Anche se non tutti hanno problemi di fegato, 3 milioni di persone muoiono ogni anno nel mondo per malattie epatiche legate all’alcol e capire come e perché il fegato perde la capacità di rigenerarsi non è solo una questione clinica, ma può aiutarci a svilupp