In anteprima il 18 aprile 2019 Facebook ha dichiarato a Business Insider, popolare sito di news americano con 24 milioni di utenti al mese, di aver raccolto senza alcuna intenzione i contatti di oltre un milione e mezzo di nuovi iscritti al proprio social a partire da maggio 2016.
La dichiarazione non pare fornita spontaneamente dato che è scaturita a seguito della segnalazione di un ricercatore nel campo della sicurezza (pseudonimo Twitter e-sushi) , lo stesso ha constatato che Facebook al momento della registrazione chiedeva ad alcuni nuovi utenti le credenziali di accesso alla propria email.
Fornire la password della propria posta elettronica a Facebook forse non è stata una buona idea, anche se a seguito di una richiesta banale, ovvero per importare i contatti della medesima nel proprio account Facebook.
Tutti coloro che hanno aderito alla richiesta hanno invece pensato che non vi fosse alcun pericolo per la propria privacy né per quella dei contatti importati, soprattutto perché Facebook procedeva senza avvertire l’utente dei potenziali rischi che tale operazione avrebbe potuto comportare.
Non sappiamo quanti contatti siano stati coinvolti, ma se ogni iscritto ne ha importati almeno 30, si tratterebbe di “solo” 45 milioni e forse buona parte di questi non avrebbe dato il proprio consenso specialmente se avesse saputo che si trattava di una richiesta proveniente da Facebook.
La società di Mark Zuckerberg ha comunque dichiarato di non essere entrata in alcun modo in possesso del contenuto della casella email degli utenti, molti osservatori ritengono però che gli indirizzi email incamerati potrebbero essere stati utilizzati per migliorare il targeting degli annunci, per individuare le connessioni social e per raccomandare gli amici da aggiungere.
L’incidente sulla privacy di Facebook è l’ultimo della serie, il più famoso nel 2018 riguarda Cambridge Analytica (società di consulenza ora cessata che raccoglieva dati per campagne elettorali) quando è emersa l’illecita raccolta di decine di milioni di dati di utenti Facebook. Anche nel marzo 2019, la società ha ammesso di aver archiviato (sempre senza volerlo) altre centinaia di milioni di password “in chiaro”.
Crediamo sempre nella buona fede di Facebook e speriamo che nessuno abbia di che lamentarsi per l’accaduto. Non la pensa così il Procuratore Generale di New York, Letitia James, che il 26 aprile 2019 ha aperto una indagine in merito.