Il 29 maggio 2025, un gruppo di scalatori britannici ha conquistato la vetta dell’Everest più in fretta di quanto chiunque si aspettasse. Una performance che ha subito acceso i riflettori. Ma non solo per la rapidità dell’impresa. A far discutere è un dettaglio rivelato dal loro guida: prima della spedizione, i climber hanno inalato gas di xenon, una sostanza ancora poco studiata in ambito sportivo ma con potenziali sorprendenti.
Cos’è il gas di xenon e perché se ne parla
Lo xenon è un gas nobile, incolore, inodore, rarissimo. In medicina viene già utilizzato come anestetico e, in alcune ricerche, è stato osservato un suo effetto su processi cellulari legati all’ossigenazione e all’adattamento all’ipossia (cioè alla scarsità di ossigeno).
Tradotto: secondo alcuni studi preliminari, il gas di xenon potrebbe aiutare il corpo ad abituarsi più in fretta a condizioni estreme, come l’alta quota. Ed è proprio quello che la guida britannica sostiene: “Lo abbiamo usato per favorire l’acclimatamento prima della scalata”.
Cosa dice la scienza (e cosa no)

Siamo ancora lontani da una conferma ufficiale. Andrew Subudhi, professore di fisiologia umana all’Università del Colorado, è chiaro: “Forse c’è del vero, ma non abbiamo ancora prove scientifiche robuste o dati clinici solidi”. E ha ragione: la ricerca sullo xenon come aiuto per l’acclimatamento è agli inizi. Nessuno studio ha ancora dimostrato in modo definitivo che inalare questo gas migliora le performance in alta quota o riduce il rischio di mal di montagna.
In compenso, ci sono indizi. Studi su animali e osservazioni cliniche in altri ambiti medici suggeriscono che lo xenon possa attivare geni coinvolti nella produzione di eritropoietina (EPO), una proteina che stimola la formazione di globuli rossi. Ed è proprio ciò che serve per portare più ossigeno ai muscoli quando l’aria si fa rarefatta.
Una nuova frontiera per lo sport e la medicina?
Se i sospetti verranno confermati, ci troviamo davanti a un possibile game changer per lo sport in quota e non solo. Immagina un gas in grado di ridurre il tempo necessario all’acclimatamento in montagna, o addirittura di proteggere organi e tessuti dall’ipossia. Potrebbe tornare utile anche in medicina d’emergenza, negli sport estremi, perfino in missioni spaziali.
Certo, bisogna muoversi con i piedi per terra (nonostante l’altitudine): i test clinici sull’uomo sono ancora limitati e servono protocolli ben regolamentati, anche per capire i possibili effetti collaterali. Al momento, l’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) tiene d’occhio il gas di xenon proprio per il suo potenziale effetto dopante.
La spedizione: allenamento, strategia e forse… un pizzico di xenon

Vale la pena ricordare che la scalata dell’Everest resta un’impresa mostruosamente complessa, anche con tutto il supporto tecnologico del mondo. Allenamento, esperienza e condizioni atmosferiche favorevoli sono stati sicuramente determinanti. Il gas di xenon potrebbe aver aiutato? Forse. Ma non è stato certo l’unico motivo del successo.
Il loro guida lo ha detto chiaramente: “Il gas ci ha dato una spinta, ma il vero lavoro lo ha fatto il team”. D’altra parte, se fosse sufficiente inalare qualcosa per salire sull’Everest, lo avremmo già fatto tutti.
Questione di etica, regolamenti e… futuro
Ora la palla passa anche alle istituzioni sportive e scientifiche. Se il gas di xenon verrà dimostrato efficace, andrà regolamentato. E se diventerà una nuova frontiera per la medicina di montagna, allora sarà bene cominciare a parlarne senza tabù.
Nel frattempo, la spedizione britannica ha aperto un caso che merita attenzione. E che potrebbe cambiare il modo in cui prepariamo il corpo umano ad affrontare condizioni estreme.
Ti interessa come la scienza può migliorare le nostre capacità fisiche in ambienti estremi? Seguici su Instagram: @icrewplay_t per contenuti inediti, aggiornamenti e dietro le quinte dal mondo dell’innovazione sportiva e scientifica.