Encelado è un satellite naturale di Saturno, ed è sicuramente una delle sue lune più suggestive ed affascinanti. A renderlo ancora più interessante sono stati i risultati raccolti in 13 anni dalla sonda Cassini, che ha rilevato, grazie al lavoro svolto dagli studiosi dell’Università di Nantes, la presenza di ghiaccio fresco nell’emisfero settentrionale, che potrebbe essere correlato all’attività geologica.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Icarus ed ha fatto ipotizzare, attraverso l’analisi di alcuni fotogrammi dettagliati, una certa correlazione tra i segnali infrarossi e l’attività geologica. Il gruppo di studio ha visionato le immagini a infrarossi più dettagliate di sempre su Encelado, usando lo spettrometro Visible and Infrared Mapping Spectrometer (VIMS), che ha immortalato la luce riflessa da Saturno, dai suoi anelli e dalle sue dieci lune ghiacciate principali.
Encelado: le nuove scoperte
Gabriel Tobie, dell’Università di Nantes e coautore dell’articolo, ha affermato: “I dati VIMS combinati con le immagini ad alta risoluzione acquisite dall’Imaging Science Subsystem di Cassini, hanno portato a una nuova mappa spettrale globale di Encelado, che dimostra la presenza di attività geologica. Encelado ha il potenziale per mantenere le condizioni adatte alla vita e l’oceano del satellite potrebbe essere agitato da correnti idrotermali simili a quelle dei fondali oceanici della Terra”.
“L’infrarosso ci mostra che la superficie del polo sud è giovane. Questa non è una sorpresa perché sapevamo dei getti che esplodono materiale ghiacciato lì. Ora, grazie a questi occhi a infrarossi, si può tornare indietro nel tempo e dire che anche una grande regione dell’emisfero settentrionale sia giovane e probabilmente era attiva non molto tempo fa, geologicamente parlando”, ha continuato lo studioso.
Bisogna ancora capire se il ghiaccio fresco provenga dal movimento graduale attraverso le fessure o da getti ora estinti, che depositano materiale. La sesta luna di Saturno è così attiva perché la forza gravitazionale di altre lune la attrae costantemente. Questo fenomeno permette di sviluppare un certo calore in grado di sciogliere il suo interno e talvolta sfondare la superficie ghiacciata. Tobie e gli altri coautori hanno supposto che l’hotspot nord sia esistito durante un periodo in cui l’orbita di Encelado era più allungata e quindi il motore termico interno era più potente.
Non rimane che attendere la prova concreta di tutte le ipotesi raccolte dagli studiosi di Nantes.