Un’eclissi solare. Ma creata dall’uomo, nello Spazio. Non è fantascienza: è successo davvero, e potrebbe rivoluzionare il modo in cui studiamo il Sole.
Sì, perché con la missione Proba-3, l’Agenzia Spaziale Europea ha centrato un obiettivo che fino a pochi anni fa sembrava pura utopia ingegneristica: simulare un’eclissi solare perfetta… tra due satelliti in orbita, senza alcun intervento da Terra. E no, non è un test. È tutto vero, con immagini spettacolari già disponibili.
Come funziona un’eclissi creata artificialmente?
Due satelliti. Uno che fa da “disco nero” e l’altro che guarda il Sole da dietro, perfettamente allineati a 150 metri di distanza. Il primo, chiamato Occulter, porta a bordo un disco di 1,4 metri che blocca la luce solare. Il secondo, il Coronagraph, ospita lo strumento scientifico più prezioso della missione: ASPIICS.
Quando tutto è sincronizzato, il Sole sparisce dietro il disco e resta solo la corona: quella tenue atmosfera di plasma che di solito non riusciamo a osservare, perché la luce abbagliante del Sole la sovrasta completamente. Qui sotto ne vedi una delle prime immagini ufficiali:
Cosa cambia rispetto alle eclissi naturali?
Tutto. Le eclissi vere durano pochi minuti, avvengono una o due volte all’anno e toccano solo una piccola area della Terra.
Con Proba-3, invece:
- puoi fare un’eclissi ogni 19,6 ore,
- puoi mantenerla fino a 6 ore,
- e puoi decidere quando e dove osservarla, con una precisione da orologio svizzero.
Il tutto gestito in automatico, senza joystick dalla Terra. Una danza spaziale tra due satelliti, a 150 metri di distanza, mantenuta al millimetro.
Ma perché dovremmo fissare la corona del Sole?

Perché è lì che si gioca una partita enorme: quella delle espulsioni di massa coronale (CME) e del vento solare. Tradotto: le vere minacce per le comunicazioni, i satelliti e perfino le reti elettriche sulla Terra.
Una CME forte può mandare KO un’intera nazione, e noi abbiamo visto quanto può fare nel maggio 2024, quando le aurore boreali sono arrivate fin quasi a Roma, mentre GPS e connessioni saltavano in mezza Europa.
Studiare la corona in modo costante e dettagliato non è solo una curiosità scientifica: è prevenzione tecnologica.
Dentro il laboratorio volante: gli altri strumenti
Oltre ad ASPIICS, i due satelliti montano:
- DARA: misura l’energia che il Sole emette in ogni istante.
- 3DEES: analizza il comportamento degli elettroni nella magnetosfera, che reagiscono alle tempeste solari.
I dati raccolti vengono elaborati al Royal Observatory of Belgium, dove il team guidato da Andrei Zhukov fonde tre esposizioni diverse per ogni immagine, creando visioni della corona mai viste prima.
Tutto questo serve anche a prevedere il meteo spaziale

L’ESA sta usando il software COCONUT, in collaborazione con l’università KU Leuven, per confrontare le immagini reali della corona con i modelli virtuali del Virtual Space Weather Modelling Centre. È come avere un meteo in 3D del Sole, aggiornato e calibrato ogni giorno.
E tra poco, dicono, l’intero sistema potrà operare senza più bisogno di intervento umano. Satelliti autonomi che orbitano in coppia, oscurano il Sole e inviano immagini in tempo reale. A comando. Fantascienza? No: routine dal 2025.
Il Sole come non l’abbiamo mai visto (e con molti più dettagli)
L’ASPIICS riesce a osservare la corona vicinissimo alla superficie solare, in condizioni stabili, ripetibili e soprattutto indipendenti dalla Terra. È la prima volta nella storia dell’astronomia che abbiamo accesso a una “eclissi on demand” con questa qualità e frequenza.
E se consideri che tutto questo succede in un periodo di massima attività solare, con picchi previsti fino al 2026, capisci perché gli scienziati stanno letteralmente impazzendo di entusiasmo.
→ Seguici su Instagram per altre storie incredibili dal mondo della scienza, della tecnologia e della natura: @icrewplay_t