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Salute

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con DSA non parla

Nonostante la frequente assenza di un linguaggio orale affidabile in circa un terzo delle persone con disturbo dello spettro autistico, è fondamentale superare la concezione errata di "non verbale". L'approfondimento di questo fenomeno è essenziale per comprendere che le difficoltà nel parlare non implicano una carenza di capacità cognitive o l'assenza di contenuti comunicativi, ma riflettono piuttosto una disfunzione complessa nell'elaborazione e nell'espressione linguistica

Denise Meloni 4 ore fa Commenta! 10
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Circa un terzo delle persone con diagnosi di disturbo dello spettro autistico, sia in età infantile che adulta, manifesta l’incapacità di esprimere i propri desideri attraverso il linguaggio verbale. Sebbene il termine “non verbale” sia spesso impiegato per descrivere questa condizione, esso risulta nella maggior parte dei casi impreciso. Molte di queste persone, pur non utilizzando un linguaggio pienamente affidabile, emettono suoni che possono essere interpretati da chi è loro vicino, o ricorrono a un vocabolario ristretto di parole o frasi limitate.

Contenuti di questo articolo
Oltre il non verbale: comprendere la comunicazione delle persone con disturbo dello spettro autisticoLimiti dei metodi tradizionali e rivoluzione digitaleSuperare la gerarchia del linguaggio parlato
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla

Oltre il non verbale: comprendere la comunicazione delle persone con disturbo dello spettro autistico

Circa un terzo delle persone autistiche, sia in età infantile che adulta, manifesta l’incapacità di esprimere i propri desideri attraverso il linguaggio verbale. Sebbene il termine “non verbale” sia spesso impiegato per descrivere questa condizione, esso risulta nella maggior parte dei casi impreciso. Molte di queste persone, pur non utilizzando un linguaggio pienamente affidabile, emettono suoni che possono essere interpretati da chi è loro vicino, o ricorrono a un vocabolario ristretto di parole o frasi limitate.

Il termine “mutismo selettivo” è un altro appellativo diffuso, che descrive un disturbo legato all’ansia, non esclusivo delle persone autistiche, caratterizzato dall’incapacità di parlare in determinate situazioni. Tuttavia, l’aggettivo “selettivo” può essere fuorviante, in quanto non implica una scelta volontaria di non parlare. Per molte persone autistiche, l’atto stesso di parlare può risultare impossibile, eccessivamente difficile o profondamente estenuante. Questa difficoltà non è limitata all’infanzia.

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Per queste ragioni, gli esperti e le persone direttamente coinvolte stanno adottando il termine più inclusivo di “semi-parlante”. Questa definizione abbraccia una vasta gamma di individui, da coloro che riescono a pronunciare solo qualche parola sporadicamente, a quelli che sono in grado di parlare fluentemente per la maggior parte del tempo, pur non essendo sempre in grado di farlo.

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla

La capacità di esprimersi verbalmente può fluttuare significativamente in base al contesto. Ad esempio, la presenza in ambienti sensorialmente sovraccarichi, come ospedali rumorosi e luminosi, o l’esperienza del dolore fisico possono rendere la comunicazione orale estremamente ardua. Molte persone autistiche, inoltre, trovano particolarmente difficile e sgradevole l’interazione al telefono.

La possibilità di comunicare i propri bisogni è fondamentale per il benessere di ogni individuo. La mancata soddisfazione di questi bisogni è strettamente correlata a uno stato di profondo disagio. Nelle persone autistiche, l’impossibilità di comunicare efficacemente può sfociare in crisi emotive intense (i cosiddetti meltdown) e, a lungo termine, può condurre al fenomeno del “burnout”, una condizione associata a una progressiva perdita di competenze acquisite.

Limiti dei metodi tradizionali e rivoluzione digitale

Quando l’espressione verbale si rivela impossibile o eccessivamente dispendiosa in termini energetici, le persone autistiche possono ricorrere a diverse strategie di comunicazione aumentativa e alternativa (CAA). Tra queste rientrano le lingue dei segni, comprese forme semplificate come il Makaton. Tuttavia, l’efficacia di tali metodi è strettamente dipendente dalla presenza di un partner comunicativo che conosca e comprenda la lingua utilizzata, rendendoli potenzialmente inefficaci in contesti più ampi.

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla

I metodi basati su supporti cartacei, come lo “scambio di immagini,” utilizzano tessere per rappresentare concetti astratti o oggetti specifici, ad esempio “cibo” o “banana”. Sebbene utili, questi sistemi possono risultare frustranti; si pensi alla difficoltà di dover cercare rapidamente la tessera corretta in una pila, sapendo che le opzioni di vocabolario sono state pre-selezionate da qualcun altro.

L’avvento di tablet e smartphone ha radicalmente trasformato le opzioni di CAA. Le moderne applicazioni consentono agli utenti di selezionare immagini o digitare messaggi che il dispositivo converte in voce sintetica, superando così molti dei limiti fisici delle carte. Sia i sistemi Android che Apple offrono versioni semplificate e accessibili integrate direttamente nei loro sistemi operativi.

Nonostante la varietà di strumenti disponibili, alcune persone autistiche non trovano nessuna delle strategie di CAA pienamente accessibile. In questi casi, può essere necessario il supporto di un partner comunicativo che assista l’individuo nell’uso di una lavagna per scrivere le parole. Sebbene alcuni critici abbiano sollevato obiezioni riguardo al fatto che il partner possa erroneamente influenzare o attribuire le parole all’individuo autistico, le ricerche basate sull’eye tracking non supportano tale teoria.

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla: uno studio durato 24 anni assolve i vaccini come causa scatenante

La ricerca dimostra che i metodi di comunicazione alternativi apportano benefici significativi a adolescenti e adulti autistici. Tuttavia, la maggior parte delle persone autistiche con difficoltà nel linguaggio verbale non dispone ancora di un accesso effettivo a strumenti di comunicazione adeguati. Questa lacuna è in parte attribuibile alla scarsità di logopedisti specializzati, che potrebbero supportare i genitori e i tutori nell’implementazione di queste facilitazioni comunicative.

Un persistente luogo comune è l’erronea convinzione che le persone autistiche che non parlano non abbiano capacità di comprensione o pensieri da esprimere. Al contrario, un vasto corpus di ricerca dimostra che questi individui sono spesso alfabetizzati e dotati di una ricca vita interiore. Studi condotti sulle madri di bambini non parlanti evidenziano, inoltre, l’esistenza di legami interpersonali e affettivi profondi, capaci di fiorire anche in assenza di parole.

Superare la gerarchia del linguaggio parlato

È di fondamentale importanza che ogni individuo autistico, indipendentemente dalla propria età o dal grado di supporto richiesto, disponga di un mezzo efficace e affidabile per esprimersi e comunicare. La capacità di interagire e condividere bisogni, pensieri ed emozioni è un diritto inalienabile e una condizione essenziale per il benessere psicofisico e lo sviluppo della persona.

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla

Nella società, il linguaggio verbale assume spesso un primato non giustificato rispetto ad altre forme di interazione. È cruciale che la parola parlata non venga considerata intrinsecamente più importante o superiore rispetto ai metodi di comunicazione aumentativa e alternativa (CAA). La tendenza a privilegiare la vocalizzazione come unico standard valido ignora le diverse modalità con cui le persone autistiche possono interagire con il mondo.

L’approccio corretto richiede l’adozione di una prospettiva inclusiva, in cui la comunicazione alternativa venga valorizzata allo stesso modo del linguaggio orale. Questa visione impone a genitori, insegnanti, tutori e professionisti di non escludere o sminuire mai l’uso di strumenti e tecniche alternative, come tablet, scambi di immagini o supporti assistiti. Il rifiuto di accettare o facilitare la CAA equivale a negare all’individuo la possibilità di partecipare pienamente alla vita e di soddisfare i propri bisogni essenziali.

Per molte persone autistiche, ricorrere a metodi che non coinvolgono la parola non costituisce una preferenza o una scelta arbitraria, bensì un imperativo biologico e un’ancora di salvezza vitale. La difficoltà o l’impossibilità di articolare il linguaggio, spesso aggravata da fattori ambientali o sensoriali, rende la CAA l’unico canale possibile per l’espressione.

Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla
Disturbo dello spettro autistico: ecco perché un terzo delle persone con dsa non parla

Impedire o limitare l’uso della comunicazione alternativa può avere conseguenze devastanti. L’incapacità di esprimere il dolore, la paura o un bisogno primario non soddisfatto può portare a un notevole stress, a crisi emotive o comportamentali e, a lungo termine, al burnout autistico. Garantire che l’individuo abbia un modo funzionale per comunicare è, pertanto, una misura di sicurezza che tutela la sua salute mentale, previene la frustrazione e sostiene la sua autonomia. Riconoscere la CAA come un diritto fondamentale è il primo passo verso un supporto veramente efficace e rispettoso della neurodiversità.

Lo studio è stato riportato su The Conversation.

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