Altro che declino graduale. I dinosauri non stavano scomparendo, ma prosperavano in un mondo ancora florido e ricco di biodiversità fino all’ultimo istante della loro storia. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato su Science, basato su analisi geologiche ad alta precisione delle rocce del New Mexico.
Il team di ricerca, che include studiosi della Baylor University, New Mexico State University, Università di Edimburgo e University College London, ha stabilito che i fossili della cosiddetta unità Naashoibito si formarono tra 66,4 e 66,0 milioni di anni fa, pochi istanti geologici prima dell’impatto che pose fine al Cretaceo.
Tra gli autori figura anche il paleontologo italiano Alfio Alessandro Chiarenza, Royal Society Newton International Fellow all’UCL, che ha contribuito alla reinterpretazione di quei depositi come prova di ecosistemi ancora vitali.
Rocce del New Mexico, cronaca di un mondo al culmine
Per oltre un secolo gli studiosi si sono chiesti se le rocce della Formazione Kirtland rappresentassero un’epoca di lento declino o di piena vitalità. Le nuove datazioni radioisotopiche sui minerali di zirconio hanno fornito la risposta definitiva: quei sedimenti precedono di pochissimo l’estinzione di massa e conservano le tracce di un ecosistema sorprendentemente stabile.
In quel periodo, il Nord America ospitava bioprovince regionali: comunità di dinosauri diverse tra nord e sud, separate non da montagne o mari, ma da gradienti di temperatura e umidità. Un continente vivo, pieno di nicchie ecologiche e interazioni complesse, ben lontano dall’immagine di una fauna in crisi.
Cosa sono le bioprovince

Nel linguaggio della paleontologia, una bioprovincia è un’area geografica caratterizzata da una combinazione unica di specie animali e vegetali.
Nel caso dei dinosauri nordamericani, questo significava che specie come Triceratops, Ankylosaurus, Edmontosaurus o i grandi Tyrannosaurus si distribuivano secondo preferenze climatiche più che fisiche: alcune popolazioni vivevano nei territori settentrionali temperati, altre in regioni più calde e umide del sud.
Questa diversità, anziché indicare instabilità, suggerisce un ecosistema dinamico e sano, in grado di sostenere molte specie contemporaneamente.
La teoria del declino pre-estinzione
Per anni, una parte della comunità scientifica ha sostenuto che la scomparsa dei dinosauri fosse già in corso prima dell’impatto: un declino graduale dovuto a cambiamenti climatici, riduzione della vegetazione o calo della natalità.
I nuovi dati dal New Mexico smentiscono questa ipotesi. Gli ecosistemi risultano stabili e diversificati fino a pochi millenni prima dell’impatto, con nessuna evidenza di collasso biologico.
Come spiega il geologo Andrew Flynn della New Mexico State University, “i dinosauri non stavano declinando in vista della grande estinzione. Prosperavano, con una diversità notevole dal nord al sud del continente. L’impatto dell’asteroide sembra essere stato l’unico agente capace di spazzarli via”.
Chiarenza conferma: “Non ci sono prove di un’estinzione lenta. Queste erano comunità ad alta biodiversità, senza segni di crisi”.
Un colpo di fortuna cosmica (al contrario)

L’immagine che emerge è quella di una Terra vibrante, con ecosistemi funzionanti fino a pochi millenni prima dell’impatto. È affascinante e inquietante insieme: se l’asteroide avesse mancato la Terra di poche migliaia di chilometri, il mondo sarebbe stato dominato ancora a lungo dai dinosauri.
Lo studio aggiunge un tassello importante alla comprensione delle estinzione di massa e delle dinamiche di resilienza ecologica. Non serve un collasso interno per spazzare via una biosfera: basta un evento cosmico improvviso, capace di alterare in modo drastico il clima e l’energia solare.
Perché è uno studio cruciale oggi
La ricerca non riguarda solo il passato remoto. Mostra quanto gli ecosistemi, anche quelli più complessi, possano essere fragili di fronte a cambiamenti repentini.
Oggi il ruolo dell’asteroide lo giocano le attività umane: emissioni, deforestazione, estinzioni accelerate. Capire come reagì la Terra 66 milioni di anni fa aiuta a intuire quanto sottile sia l’equilibrio che ancora ci sostiene.
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