L’idea che i nostri antenati seguissero una dieta prevalentemente carnivora, ricca di proteine e povera di carboidrati, è un mito tenacemente radicato nell’immaginario collettivo, spesso utilizzato per giustificare diete moderne come la dieta paleo. Tuttavia, una recente scoperta archeologica sta mettendo in discussione questa visione semplificata.
Una dieta diversificata e sofisticata
La dieta paleo, o dieta paleolitica, è un approccio all’alimentazione che si ispira alle abitudini alimentari dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori vissuti nel Paleolitico, un periodo che va da circa 2,5 milioni a 10.000 anni fa. L’idea alla base è semplice: consumare solo gli alimenti che i nostri antenati potevano procurarsi attraverso la caccia e la raccolta, evitando tutto ciò che è stato introdotto con l’agricoltura e l’allevamento.
Al centro della dieta paleo c’è il concetto di un’alimentazione semplice e naturale, basata su alimenti che i nostri antenati potevano reperire cacciando e raccogliendo. Si privilegiano quindi carni magre, pesce, uova, frutta, verdura, semi e oli vegetali, evitando tutto ciò che è industrializzato o altamente processato. Questo regime alimentare esclude categoricamente tutti gli alimenti introdotti con l’agricoltura e l’allevamento, come cereali, legumi, latticini e derivati. Inoltre, banditi sono gli alimenti altamente processati e raffinati, tra cui zuccheri, oli vegetali idrogenati e prodotti confezionati.
I sostenitori della dieta paleo sostengono che questa possa portare a un miglioramento generale della salute, grazie alla riduzione di alimenti processati e infiammatori e al consumo di cibi integrali e ricchi di nutrienti. In particolare, si ipotizza che la dieta paleo possa favorire la perdita di peso, aumentare i livelli di energia e migliorare la salute metabolica, grazie alla riduzione dei carboidrati raffinati e degli zuccheri.
Uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori presso il sito di Gesher Benot Ya’aqov, in Israele, ha portato alla luce prove inconfutabili di una dieta umana molto più varia e complessa di quanto si pensasse in precedenza. I ricercatori hanno analizzato centinaia di granuli di amido e altri residui vegetali attaccati a strumenti risalenti a circa 780.000 anni fa. Questi minuscoli frammenti rappresentano i granuli di amido più antichi mai rinvenuti e offrono uno spaccato affascinante sull’alimentazione dei nostri antenati.
I granuli di amido sono stati associati a una vasta gamma di piante, tra cui ghiande di quercia, chicchi di grano e orzo, legumi e piante acquatiche come ninfee gialle e castagne d’acqua. Questa sorprendente diversità indica che la dieta degli ominini del Pleistocene era molto più ricca e complessa di quanto si fosse ipotizzato finora.
L’analisi degli strumenti utilizzati per la lavorazione di questi alimenti, come martelli e incudini, suggerisce che i nostri antenati avevano sviluppato tecniche sofisticate per estrarre nutrienti e calorie da diverse fonti vegetali. Questo implica che la preparazione del cibo non era un’attività casuale, ma richiedeva una conoscenza approfondita delle proprietà delle piante e delle tecniche di lavorazione.
La scoperta di Gesher Benot Ya’aqov mette in discussione l’idea romanticizzata di un’umanità primitiva che si nutriva esclusivamente di carne. I nostri antenati erano, al contrario, dei consumatori sofisticati e adattabili, in grado di sfruttare una vasta gamma di risorse alimentari. Questa nuova comprensione della dieta umana ha importanti implicazioni per la nostra comprensione dell’evoluzione umana e per le diete moderne.
La scoperta che i nostri antenati consumavano una dieta ricca e diversificata ha importanti implicazioni per le diete moderne. La dieta paleo, che si basa sull’idea di emulare l’alimentazione dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori, potrebbe non essere una rappresentazione accurata della realtà. In realtà, i nostri antenati erano consumatori molto più flessibili e adattabili di quanto si pensasse in precedenza.
Questa stuio ci ricorda che la nostra specie ha una lunga storia di adattamento a diversi ambienti e diete. Mentre è importante considerare il nostro patrimonio evolutivo, è altrettanto importante riconoscere che le nostre esigenze nutrizionali sono cambiate nel tempo e che una dieta equilibrata e varia, basata su alimenti freschi e non processati, è probabilmente la scelta migliore per la salute a lungo termine.
Dieta Paleo: un mito sfatato
Questa scoperta getta un’ombra sulla popolarità della dieta paleo”, ha affermato Ahituv: “I nostri antenati non seguivano una dieta limitata e basata principalmente sulla carne, ma avevano un’alimentazione molto più varia e complessa.La dieta paleo, così come la conosciamo, è un mito. Nuove evidenze mostrano chiaramente che i nostri antenati consumavano una grande varietà di alimenti vegetali, lavorati con cura e ingegno”.
Il termine ‘paleo’ evoca immagini di nostri antenati che cacciavano mammut e vivevano di una dieta prevalentemente carnivora. Tuttavia, questa visione semplificata e spesso romanzata della dieta paleolitica non trova pieno riscontro nei dati scientifici più recenti. La realtà è più complessa e variegata, come dimostrano le scoperte archeologiche che indicano un’alimentazione più equilibrata e diversificata.
Contrariamente a quanto si pensava in precedenza, le nuove scoperte dimostrano che i nostri antenati possedevano capacità cognitive sorprendentemente avanzate. Non solo erano in grado di individuare e raccogliere una vasta gamma di piante, ma sapevano anche come trattarle per renderle commestibili, utilizzando strumenti sofisticati. Queste capacità cognitive sono state fondamentali per l’evoluzione del cervello umano.
Conclusioni
Questa scoperta mette in discussione l’idea romanticizzata di una dieta paleo basata esclusivamente sulla carne. I nostri antenati erano consumatori molto più flessibili e adattabili, in grado di sfruttare una vasta gamma di risorse alimentari, sia di origine animale che vegetale. Questa nuova comprensione della nostra storia alimentare ha importanti implicazioni per le diete moderne, invitandoci a riconsiderare il nostro rapporto con il cibo.
La ricerca è stata pubblicata su PNAS.