I diamanti non smettono mai di sorprendere! Non solo sono tra le gemme più preziose al mondo, ma si rivelano anche strumenti scientifici straordinari; un nuovo studio internazionale, condotto su campioni provenienti dalla miniera di Voorspoed in Sudafrica, ha infatti portato alla luce le prime prove naturali della presenza di leghe metalliche ricche di nichel formatesi a profondità comprese tra i 280 e i 470 chilometri sotto i nostri piedi.

Queste inclusioni, intrappolate all’interno dei diamanti, coesistono con carbonati ricchi di nichel e raccontano una storia affascinante: un processo di “congelamento redox”, ovvero il momento in cui fusioni ossidate hanno incontrato rocce del mantello in condizioni ridotte; un istante chimico rarissimo, conservato per milioni di anni grazie al diamante che cresceva attorno.
Il cuore misterioso del mantello terrestre
Il mantello è il motore nascosto del nostro pianeta: alimenta i vulcani, ricicla la crosta e influenza l’evoluzione della Terra, ma uno dei suoi aspetti più difficili da studiare è lo stato redox, cioè l’equilibrio tra elementi ossidati e ridotti.

Le simulazioni e gli esperimenti da laboratorio ipotizzavano da decenni che leghe metalliche al nichel dovessero stabilizzarsi attorno ai 250-300 km di profondità. La vera prova diretta, però, mancava. Ora, grazie al lavoro guidato da Yael Kempe e Yaakov Weiss dell’Università Ebraica di Gerusalemme, quella prova è arrivata.
Diamanti, capsule del tempo dal sottosuolo
Analizzando i diamanti di Voorspoed, il team ha trovato:
- Nanoinclusioni di leghe ferro-nichel,
- Microinclusioni di carbonati ricchi di nichel,
- e perfino tracce di minerali ad alta pressione come coesite e azoto solido.
Tutti questi indizi confermano che i diamanti si sono formati nelle zone profonde del mantello superiore e nella parte più bassa della zona di transizione; in pratica, i diamanti hanno intrappolato un vero e proprio “fotogramma” di una reazione chimica che altrimenti sarebbe svanita col tempo.
Perché è così importante?
La scoperta non è solo una conferma di quanto ipotizzato dai modelli teorici:
- mostra come il mantello possa ossidarsi localmente, dando origine a magmi ricchi di volatili,
- aiuta a spiegare la formazione di rocce rare come kimberliti e lamprofiri, spesso legate alla risalita dei diamanti,
- e apre nuove strade per capire i collegamenti tra subduzione, dinamiche profonde e i processi che hanno modellato i continenti.

Come spiega Weiss: “I diamanti sono piccole capsule del tempo che ci permettono di osservare reazioni altrimenti invisibili. Senza di loro, questi processi sarebbero ormai cancellati.“
Diamanti: non solo bellezza
Questa ricerca sottolinea un concetto che va oltre il valore estetico: i diamanti non sono solo gemme da gioielleria, ma testimoni scientifici delle profondità terrestri.
Grazie a loro possiamo studiare la chimica nascosta del pianeta e scoprire che, dietro la loro immagine di eternità, si celano storie di cambiamento e storie che parlano di come la Terra continua a trasformarsi, anche a centinaia di chilometri sotto di noi.