Ricercatori della Wenzhou Medical University hanno compiuto un passo avanti significativo nella cura del diabete di tipo 1, reinventando la milza come sede ideale per il trapianto di isole pancreatiche. Questa innovazione promette un controllo a lungo termine della patologia, riducendo drasticamente la necessità di una completa immunosoppressione. Attraverso un ingegnoso rimodellamento della milza guidato da nanoparticelle, è stato possibile consentire a isole pancreatiche trapiantate da topi, ratti e persino esseri umani di ristabilire livelli normali di glicemia in roditori diabetici e macachi cinomolghi.

La milza rimodellata: una nuova speranza per il diabete di tipo 1
Nel diabete di tipo 1, il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta native, responsabili della produzione di insulina e ospitate nelle isole di Langerhans all’interno del pancreas. Il trapianto di isole pancreatiche consiste nel trasferire questi agglomerati di cellule dal pancreas di un donatore alla vena porta del fegato del ricevente, dove dovrebbero insediarsi nel microcircolo epatico e riprendere la secrezione di insulina per ridurre o eliminare le iniezioni e ripristinare il controllo glicemico.
Il fegato tuttavia, come sito di trapianto, presenta svantaggi notevoli. L’attacco immunitario, la bassa tensione di ossigeno e la rigidità del tessuto epatico spesso causano la distruzione della maggior parte delle isole trapiantate entro poche ore. Oltre il 70% delle cellule viene perso prima dell’attecchimento, rendendo spesso necessari più donatori per un singolo ricevente e compromettendo seriamente il successo terapeutico. Nel corso del tempo, sono stati esplorati siti alternativi come l’occhio, l’omento e il muscolo striato, ma ciascuno di questi ha presentato complicazioni, che vanno dalla chirurgia invasiva alla scarsa sopravvivenza delle isole o a modelli anomali di somministrazione di insulina.

Nello studio, i ricercatori hanno affrontato queste sfide modificando geneticamente le milze con nanoparticelle di silice rivestite di glucomannano. Questo intervento mirava a creare un ambiente sia altamente vascolarizzato che immunosoppressivo, ideale per l’attecchimento e la sopravvivenza delle isole trapiantate.
La strategia di trapianto è stata testata con successo su modelli murini, che hanno ricevuto isole pancreatiche di topo o ratto, e su macachi cinomolghi, ai quali sono state impiantate isole pancreatiche umane provenienti da due donatori. In entrambe le specie, la condizione diabetica è stata indotta artificialmente con streptozotocina per simulare la patologia. Nei macachi, l’iniezione delle nanoparticelle e il trapianto delle isole sono stati guidati con precisione tramite ecografia B, e successivamente è stato applicato un regime immunosoppressivo personalizzato per ottimizzare l’esito. I risultati preliminari aprono una nuova era nel trattamento del diabete di tipo 1, offrendo una via meno invasiva e più efficace per il controllo della malattia.
Il dettaglio scientifico del rimodellamento splenico per il trapianto di isole pancreatiche
L’innovativa strategia per il trapianto di isole pancreatiche ha visto i ricercatori impiegare nanoparticelle di silice rivestite di glucomannano di Konjac. Queste sono state iniettate direttamente nella milza di topi e macachi con un duplice obiettivo: rimodellare l’architettura dei tessuti per creare un ambiente più favorevole e, al contempo, modulare l’immunità locale in modo da favorire la tolleranza all’innesto.

Nei topi, la procedura ha previsto quattro iniezioni di queste nanoparticelle, distribuite nell’arco di due settimane, dopo un’operazione chirurgica per traslocare la milza in un sito extraperitoneale. Per i macachi, l’approccio è stato leggermente diverso: le nanoparticelle sono state iniettate settimanalmente per un totale di quattro settimane, utilizzando la guida ecografica per garantire la massima precisione nei poli splenici superiore, medio e inferiore. Parallelamente, gli innesti di isole pancreatiche sono stati preparati da pancreas di topo, ratto o umano attraverso un processo standard di digestione con collagenasi e purificazione in gradiente di densità.
Le isole pancreatiche di topo e ratto sono state trapiantate direttamente nelle milze rimodellate di topi diabetici, mentre gli isolotti umani sono stati iniettati nella milza di macaco sempre sotto guida ecografica, supportati da un’immunosoppressione calibrata per il gruppo sperimentale. Per monitorare lo stato glicemico, i ricercatori hanno effettuato misurazioni seriali della glicemia, dosaggi di insulina e peptide C, e test di tolleranza al glucosio.
I risultati sono stati decisamente incoraggianti: le isole trapiantate nelle milze rimodellate hanno formato innesti stabili e duraturi. Nei topi diabetici, sia le isole di topo che quelle di ratto sono sopravvissute per ben 90 giorni, mantenendo la loro tipica struttura endocrina. In assenza di rimodellamento, gli innesti andavano persi entro una settimana, evidenziando l’efficacia del trattamento con nanoparticelle.

Un fattore chiave per questa sopravvivenza prolungata è stata la rapida integrazione vascolare: i vasi sanguigni hanno infiltrato gli innesti in pochi giorni, formando una fitta rete vascolare entro due settimane. Anche nei macachi, le isole umane sono rimaste intatte per almeno 28 giorni, mostrando una chiara rivascolarizzazione e senza complicazioni strutturali evidenti.
Le milze rimodellate hanno dimostrato di sviluppare un ambiente immunitario locale che ha favorito la tolleranza al trapianto. Nei topi, il trattamento con nanoparticelle ha portato a un aumento significativo dei linfociti T regolatori e dei macrofagi M2, riducendo al contempo i linfociti T effettori e le citochine pro-infiammatorie. È stato osservato che le isole trapiantate hanno innescato risposte anticorpali o citochiniche minime, persino tra specie diverse. Questa modulazione del sistema immunitario locale è cruciale per la riduzione della necessità di una completa immunosoppressione sistemica, un aspetto che potrebbe rivoluzionare il trattamento del diabete di tipo 1.
Risultati e prospettive future
Nei macachi, le milze sottoposte a rimodellamento hanno manifestato un analogo rimodellamento immunitario, caratterizzato da un’espressione genica antinfiammatoria e una riduzione dell’attivazione delle cellule T. Test in vitro hanno ulteriormente corroborato questi risultati, confermando che le nanoparticelle erano in grado di sopprimere la proliferazione delle cellule T e di promuovere la polarizzazione dei macrofagi verso un fenotipo regolatorio, creando così un ambiente più tollerante per gli innesti.

Le isole trapiantate nelle milze rimodellate hanno ripristinato rapidamente il controllo glicemico nei topi diabetici. La normoglicemia è stata raggiunta in pochi giorni e mantenuta fino a 90 giorni, sia con isole di topo che di ratto, dimostrando la durabilità dell’effetto. La tolleranza al glucosio e la secrezione di insulina risultavano identiche a quelle osservate nei controlli sani, un indicatore chiave del successo.
Nei macachi, i trapianti di isole pancreatiche umane hanno mantenuto il rilascio di insulina e peptide C per almeno 28 giorni. La stabilità glicemica è stata mantenuta anche con un regime immunosoppressivo ridotto, un risultato di grande importanza. La prova definitiva della funzionalità dell’innesto è arrivata quando la splenectomia (rimozione della milza) ha invertito l’effetto, confermando che la funzione dipendeva direttamente dal trapianto nella milza.
I ricercatori hanno concluso che il rimodellamento della milza offre una valida alternativa al tradizionale trapianto di isole pancreatiche nel fegato. Il microambiente ingegnerizzato, creato attraverso l’uso delle nanoparticelle, ha supportato la sopravvivenza e la funzionalità delle isole pancreatiche in tutte le specie studiate, riducendo significativamente l’intervento immunitario. Questo approccio promette un metodo meno invasivo, più affidabile e con minori rischi per ripristinare la produzione di insulina nei pazienti affetti da diabete di tipo 1.

Sebbene siano ancora necessari studi a lungo termine e sperimentazioni cliniche per convalidarne l’efficacia e la sicurezza nell’uomo, i risultati iniziali sono estremamente promettenti e potrebbero avvicinare le terapie basate sulle isole pancreatiche all’uso clinico di routine, offrendo una nuova speranza a milioni di persone.
Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.