I ricercatori dell’ETH di Zurigo hanno compiuto una svolta significativa nel campo della terapia cellulare, sviluppando un nuovo interruttore genetico che può essere attivato tramite un semplice cerotto alla nitroglicerina. Questa innovazione apre la strada a trattamenti più precisi e personalizzati per malattie metaboliche come il diabete.

Il problema del diabete e le sfide delle terapie attuali
Nelle persone affette da diabete, il meccanismo di regolazione dello zucchero nel sangue non funziona correttamente, portando a livelli eccessivi di glucosio. Le terapie attuali, come l’iniezione di insulina, sono spesso imprecise e non riescono a replicare la finezza del controllo metabolico del corpo.
Le terapie cellulari offrono una soluzione promettente per affrontare il diabete e altre malattie metaboliche. Queste terapie prevedono la modifica di cellule umane con reti geniche specializzate, che conferiscono loro nuove capacità. Le cellule modificate vengono quindi impiantate nel paziente, dove possono essere attivate da stimoli esterni specifici.
Il team di ricerca guidato dal professor Martin Fussenegger ha sviluppato un interruttore genetico innovativo che può essere attivato utilizzando un cerotto alla nitroglicerina, un farmaco ampiamente utilizzato per il trattamento dell’angina. La nitroglicerina, rilasciata dal cerotto, interagisce con un impianto contenente cellule renali umane modificate, innescando l’attivazione della rete genetica.

Questo nuovo approccio offre numerosi vantaggi. Innanzitutto, l’utilizzo di un cerotto alla nitroglicerina rende l’attivazione dell’interruttore genetico estremamente semplice e non invasiva. In secondo luogo, la nitroglicerina è un farmaco ben consolidato con un profilo di sicurezza noto. Infine, questo interruttore genetico potrebbe essere utilizzato per sviluppare terapie cellulari personalizzate per una vasta gamma di malattie metaboliche.
Questa ricerca rappresenta un passo importante verso la medicina personalizzata, in cui le terapie sono adattate alle esigenze specifiche di ciascun paziente. In futuro, interruttori genetici come questo potrebbero essere utilizzati per sviluppare terapie cellulari in grado di monitorare e regolare finemente i livelli di zucchero nel sangue, offrendo una soluzione più efficace e duratura per il diabete e altre malattie metaboliche.
Interruttori genetici: la rivoluzione della medicina personalizzata
Da oltre 20 anni, il professor Martin Fussenegger dell’ETH di Zurigo è pioniere nello sviluppo di interruttori genetici innovativi, alcuni dei quali attivati da stimoli fisici come corrente, onde sonore o luce. Ma quale di questi approcci ha il potenziale maggiore per trasformare la medicina del futuro?
“I trigger fisici sono interessanti perché non abbiamo bisogno di usare molecole che interferiscono con i processi del corpo”, spiega il biotecnologo Fussenegger. I segnali elettrici, in particolare, si prestano perfettamente al controllo di interruttori e reti geniche tramite dispositivi elettronici portatili come smartphone o smartwatch. Questa caratteristica apre la strada all’integrazione con l’intelligenza artificiale, aprendo scenari terapeutici personalizzati e altamente efficienti.
“Pertanto, ritengo che le terapie cellulari elettrogenetiche abbiano le migliori possibilità di implementazione. In termini di interruttori chimici, vedo la nuova soluzione con il cerotto alla nitroglicerina in pole position”, afferma Fussenegger. L’abbinamento di interruttori genetici attivati da stimoli fisici con dispositivi indossabili e intelligenza artificiale rappresenta una frontiera promettente per la medicina personalizzata del futuro.

Lo sviluppo di terapie cellulari basate su interruttori genetici è un processo lungo e complesso. “Sviluppare una terapia cellulare fino alla maturità di mercato non solo richiede decenni, ma anche molto personale e risorse sufficienti”, sottolinea il ricercatore. “Non ci sono scorciatoie”.
Il team di Fussenegger si è concentrato principalmente sulle terapie cellulari per il diabete, una delle malattie metaboliche più diffuse al mondo. “Quella è la malattia modello con cui lavoriamo. Fondamentalmente, tuttavia, è anche possibile sviluppare terapie cellulari per altre malattie metaboliche, autoimmuni o persino neurodegenerative, in linea di principio, per tutto ciò che richiede una regolazione dinamica”.
Fussenegger paragona molti farmaci a un martello usato per colpire un problema alla cieca. “Le terapie cellulari, d’altro canto, risolvono il problema in modo simile al corpo”, afferma. Questa analogia sottolinea la precisione e l’adattabilità delle terapie cellulari rispetto ai farmaci tradizionali. La ricerca del suo team rappresenta un passo fondamentale verso una medicina più personalizzata, precisa ed efficace. Interruttori genetici, terapie cellulari e intelligenza artificiale si fondono in un approccio terapeutico rivoluzionario, capace di trasformare il trattamento di malattie metaboliche, autoimmuni e neurodegenerative.

Nonostante i risultati promettenti di questo studio preliminare, sono necessari ulteriori approfondimenti per trasporre questa ricerca concettuale in applicazioni cliniche concrete. In particolare, è fondamentale analizzare attentamente la fonte e la natura delle cellule da utilizzare negli esseri umani, poiché le cellule HEK-293 non sono approvate per l’uso clinico. Inoltre, un aspetto cruciale da indagare è la stabilità a lungo termine dell’impianto nei pazienti.
Sebbene la stabilità delle microcapsule di alginato-PLL-alginato impiantate nei topi sia risultata notevole a 35 giorni, sarà fondamentale confermare questi risultati negli esseri umani. Ciò è dovuto alle differenze tra specie nella composizione degli enzimi extracellulari e degradativi, nonché nella risposta a fattori ambientali.
In questo studio, le cellule microincapsulate sono state impiantate nel dorso dei topi, un sito generalmente protetto da traumi fisici e contatti stressanti con oggetti esterni. Tuttavia, nell’applicazione clinica umana, la scelta del sito di impianto dovrà essere attentamente ponderata, considerando aree anatomiche adatte a sopportare movimenti e sollecitazioni. Inoltre, sarà essenziale valutare la stabilità dell’impianto in condizioni di normale movimento e attività fisica, per garantire che le microcapsule mantengano la loro integrità e funzionalità nel tempo, senza compromettere l’efficacia terapeutica.
Conclusioni
Questa tecnologia innovativa potrebbe rivoluzionare la somministrazione di farmaci per patologie croniche, che attualmente richiedono regimi di trattamento invasivi e iniezioni frequenti. Grazie a un sistema di rilascio basato su componenti di origine umana, attivabili tramite cerotti alla nitroglicerina (NG) di uso comune e clinicamente approvati, questa tecnologia potrebbe migliorare significativamente l’aderenza dei pazienti alla terapia e la loro qualità di vita complessiva.

I cerotti NG, inoltre, sono economici, facilmente reperibili e non necessitano di particolari condizioni di conservazione. Questa tecnologia, quindi, potrebbe rappresentare una valida alternativa, più pratica ed economica, rispetto alle attuali terapie del diabete che prevedono iniezioni.
Lo studio è stato pubblicato su Nature Biomedical Engineering.