Depressione e ansia restano i disturbi mentali più diffusi al mondo: oltre 300 milioni di persone convivono con la depressione e circa 301 milioni con un disturbo d’ansia, pari a quasi l’8% della popolazione globale.

Eppure, trovare il trattamento giusto è spesso un percorso lungo e frustrante e quando un paziente riceve la prima prescrizione, il farmaco scelto non funziona quasi mai al primo colpo; secondo le stime, circa la metà dei pazienti non ottiene benefici significativi dal primo antidepressivo o ansiolitico, dovendo provare più molecole nel corso di settimane o mesi.
Ma la tecnologia genetica potrebbe presto cambiare tutto.
Un test del DNA per scegliere il farmaco giusto per depressione e ansia
Un team di ricerca internazionale (tra Germania, Svezia e Danimarca) ha sviluppato un approccio genetico innovativo capace di prevedere quale antidepressivo o ansiolitico funzionerà davvero per ogni singolo individuo.
Il metodo si basa sui cosiddetti Polygenic Risk Scores (PRS), o punteggi di rischio poligenico: algoritmi che analizzano il DNA per valutare come le variazioni genetiche influenzano la risposta ai farmaci.

In pratica, con un solo test genetico sarebbe possibile stimare quale medicinale è più adatto a ciascun paziente.
Anche se la tecnica è stata testata finora solo su banche dati genetiche e non ancora su pazienti reali, i risultati sono promettenti.
“Il nostro obiettivo è arrivare a un test rapido ed economico che aiuti i medici a scegliere il farmaco giusto già alla prima visita”, spiega il professor Fredrik Åhs dell’Università della Svezia Centrale.
“Guardare ai geni è un modo per farlo. In futuro, speriamo di poter combinare anche biomarcatori biologici per test ancora più precisi.”
Dalla ricerca genetica danese alla psichiatria di precisione
L’idea è nata due anni fa, quando Åhs ha contattato il professor Doug Speed dell’Università di Aarhus (Danimarca), esperto in genetica quantitativa e modelli statistici applicati al genoma umano.
Speed lavora da oltre un decennio sullo sviluppo dei PRS per prevedere il rischio di malattie complesse, come schizofrenia, ansia e disturbo bipolare.
La sua intuizione: se possiamo stimare la predisposizione a una malattia, possiamo anche prevedere la risposta a un farmaco.
“È sorprendente: i punteggi di rischio poligenico possono aiutarci a capire non solo se svilupperemo una malattia, ma anche come risponderemo ai trattamenti”, spiega Speed.
“È un passo avanti enorme verso la medicina personalizzata.”
Come funzionano i Polygenic Risk Scores
Dopo la mappatura del genoma umano nei primi anni 2000, gli scienziati hanno identificato migliaia di piccole variazioni nel DNA che influenzano salute e comportamento; ogni persona ha circa 20.000 geni, e ogni gene può esistere in più versioni (alleli). Alcune di queste varianti aumentano il rischio di sviluppare determinate patologie.
I PRS combinano il peso statistico di centinaia o migliaia di varianti genetiche per creare un punteggio complessivo: più alto è il punteggio, più elevata è la predisposizione e applicando lo stesso principio, i ricercatori hanno provato a usarli non per predire le malattie, ma per predire la risposta ai farmaci.
I gemelli svedesi e la prova dei dati reali
Per testare l’ipotesi, il team ha usato i dati del Registro dei Gemelli Svedese, il più grande al mondo.
L’analisi ha coinvolto 2.515 individui ai quali erano stati prescritti farmaci per depressione o ansia.
Grazie al confronto tra gemelli, che condividono quasi lo stesso DNA, i ricercatori hanno potuto distinguere gli effetti genetici da quelli ambientali.

È emerso che chi aveva un punteggio genetico più alto per depressione o ansia rispondeva peggio a farmaci come benzodiazepine e antistaminici.
“Non possiamo ancora diagnosticare o scegliere il farmaco perfetto con questo metodo, ma è una base solida per sviluppare test clinici accurati”, sottolinea Åhs.
I limiti dello studio e i prossimi passi
Il lavoro presenta ovviamente alcune limitazioni: i dati provenivano da prescrizioni mediche, non da cartelle cliniche dettagliate, quindi non è sempre chiaro perché un paziente abbia cambiato farmaco (effetti collaterali, scarsa efficacia o altro); oltretutto, l’analisi è stata limitata a un periodo temporale specifico, il che potrebbe aver escluso alcune terapie precedenti.

Nonostante ciò, i risultati sono coerenti con altri studi clinici, e il team prevede già una fase di sperimentazione diretta su pazienti reali.
Verso la psichiatria personalizzata
Questa ricerca segna un passo concreto verso una psichiatria di precisione, dove la scelta del farmaco non dipenderà più da tentativi successivi ma da evidenze genetiche e predittive.
Un domani, basterà un semplice test del DNA per sapere quale antidepressivo o ansiolitico ha maggiori probabilità di funzionare, riducendo tempi di cura, effetti collaterali e costi.
Un piccolo prelievo di saliva potrebbe insomma aprire la strada a cure su misura per milioni di persone — un obiettivo che unisce genetica, intelligenza artificiale e medicina in una delle frontiere più promettenti della salute mentale.